Della scienza militare. Blanch Luigi
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I condottieri e le loro bande che presero origine nel corso del decimoquarto secolo mostrano un principio della divisione della fatica applicata all'arte militare, mentre d'altra parte fan supporre un certo progresso nei metodi, incompatibile con l'indisciplinatezza dei nobili e l'avvilimento de' plebei. E però vi doveva essere una classe speciale che vi si dedicasse. Il germe degli eserciti permanenti e del progresso dell'arte sta nella istituzione di tali bande, giacché altro non bisognava che renderle nazionali perché si operasse la trasformazione. Queste compagnie erano composte di uomini che spontaneamente si dedicavano a quel mestiere per cui il gusto di esso suppone le qualitá che non ne vanno mai disgiunte. La mancanza però di amor patrio e di tutti i generosi sentimenti li cangiò in mercenari, inferiori a quelli dell'antichitá per valore e per disciplina; e se si paragonino gli antichi mercenari di Cartagine con le bande del decimoquarto secolo, si vedrá che queste non reggono al confronto. Nelle armi e negli ordini non troviamo progressi positivi, giacché sempre la cavalleria forma il nerbo degli eserciti, e questa totalmente carica di armi difensive ridusse la guerra ad una parodia che muove giustamente a sdegno gli storici. In Italia l'indole nazionale e lo stato di civiltá del paese fecer vedere che la gran guerra avrebbe fatto rapidi progressi se il poco sangue sparso e la venalitá delle bande non avessero rese le battaglie prive di gravi effetti politici; ma Aguto e la scuola italiana di Sforza, Braccio, Piccinino, Del Verme, Carmagnola, Gattamelata, i quali nei loro movimenti si mostrano strategici, riguardar ci fanno come campi d'istruzione queste guerre. Si vede che vi erano grandi capitani i quali non potevano levarsi in fama perché corrotti dal loro mestiere, dalle abitudini che ne risultavano e dalle truppe che comandavano; pur nondimeno è da notarsi la guerra di Gattamelata e Piccinino sul lago di Garda tra i Visconti e Venezia, che sarebbe stata piú celebre se fosse terminata con battaglie pari a quelle di Montechiaro e Castiglione.
In Italia tutto ciò che apparteneva all'architettura militare seguiva i suoi progressi, perché l'architettura civile e l'idraulica erano di molto progredite ed hanno piena questa contrada di monumenti di lusso e di utilitá. La torre di Pisa egualmente che gli argini del Canal bianco attestano lo stato florido di queste arti che dovevano rendere agevole quella parte di esse applicata alla pubblica difesa.
Gli svizzeri ed i boemi nella guerra degli ussiti sotto Ziscka nel decimoquarto secolo, furono i primi a preparare il risorgimento dell'arte militare con ricomporre la fanteria: essi, posti nelle stesse condizioni che i greci coi persiani, ne adottarono (e l'avrebbero inventata) la scelta degli uomini, le picche e l'ordine profondo per opporlo alla cavalleria tedesca, come quelli l'opposero alla persiana. Questo rinnovamento della falange doveva essere ricco di conseguenze militari e venir modificato dalla scoverta della polvere, come nel susseguente discorso faremo conoscere. Ma ricreata la fanteria, il gran passo era fatto, e l'arte non poteva piú retrocedere del pari che piú nol potea la civiltá.
Ci resta ora a determinare rapidamente la correlazione che hanno avuto le vicende dell'arte qui esposte con lo stato delle scienze e della societá, di cui abbiamo indicato i legami.
La societá nel primo periodo dell'epoca, dal quinto all'undecimo secolo, offriva una sterile civiltá nell'impero greco, sostenuta dal nome, dal meccanismo del potere e non dalla passiva ed avvilita indole dei suoi popoli, indifferenti alla sorte politica dello Stato.
L'Occidente era occupato militarmente dai barbari: non vi era altro che il clero il quale conservava vita, vigore ed ordini e cercava convertire i conquistatori che una societá invilita non aveva potuto respingere. L'islamismo sorgeva in questo periodo e minacciava l'Europa delle sue conquiste e delle sue dottrine. Le scienze morali in Oriente si riducevano al sincretismo della scuola di Alessandria, ed il merito di quella etá è riposto nei santi padri, i quali nella doppia lotta che il cristianesimo sosteneva col paganesimo e coll'eresia, spiegarono eloquenza, sapienza e forza d'animo; ma la tendenza all'ascetismo, che doveva nascere dallo spettacolo del mondo e delle sue vicende, dovette privare gli eserciti dei caratteri piú vigorosi, i quali cercarono ne' deserti e nei chiostri di esercitare il coraggio nel martirio. Le scienze esatte decadevano, le naturali erano soperchiate dalla magia e dalla tendenza mistica degli alessandrini a spiegare i fenomeni non con l'analisi de' fatti naturali ma con le cause occulte e fuori di essi. Le arti si risentivano dello stato delle scienze, delle quali sono sempre il lento ma costante riflesso.
Nelle contrade occidentali la decadenza era piú compiuta, il clero meno istruito che nell'Oriente, e le invasioni de' barbari non lasciavano altra disposizione che il terrore o la rassegnazione; il perché l'immaginazione era sbalordita e la ragione inerte. Le scienze esatte e naturali si perdettero intieramente in queste contrade le quali sono oggidí sí colte.
Gli arabi non avevano ancora quel gusto per la coltura intellettuale il quale seguí le loro intraprese e non le precedette.
Nel secondo periodo, dall'ottavo all'undecimo secolo, l'impero greco seguiva lo stesso andamento. Nell'Occidente Carlo Magno fu una meteora improduttiva. Il regime feudale disciogliendo la societá, le tolse tutti quei mezzi d'associazione che solo possono farla progredire. Gli arabi in compenso modificarono le loro inclinazioni e divennero piú umani, piú colti e meno ardenti. Le scienze morali si sostenevano nel basso impero sotto l'aspetto delle controversie religiose, ma lo studio de' classici diveniva sempre piú raro. Nell'Occidente la scolastica prese origine; le scienze esatte e naturali non erano coltivate per le ragioni sopra esposte. In Oriente gli arabi cominciarono a divenire conservatori delle classiche cognizioni e fecero qualche tentativo d'invenzione nelle scienze mentovate.
Nel periodo dall'undecimo al decimoquarto secolo il basso impero piegava al suo fine preceduto da lunga agonia. La societá restava l'istessa. In Occidente coi comuni ed i legisti si enunciavano i nuovi elementi che dovevano cosí potentemente modificare in appresso la societá. In Oriente la razza turcomanna, introdotta tra gli arabi, li spingeva alla decadenza per mezzo dell'ignoranza.
Lo stato delle scienze sempre peggiorando tra i greci che ne conservavano per cosí dire il materiale nelle biblioteche, cominciò a rinvigorire in Occidente, ove la scolastica aguzzava gl'ingegni che i bisogni della societá facevan dirigere verso la coltura delle lettere classiche. E questo movimento dello spirito umano fece sí che le scienze esatte e naturali risorgessero a mano a mano in Italia da un lato ed in Ispagna dall'altro.
Possiamo ora riepilogare il nostro dire, credendo aver risoluto le tre quistioni che ci siamo proposti, ed indicato chiaramente come le vicende dell'arte militare nei due periodi del medio evo hanno corrisposto costantemente allo stato dello scibile e della societá, e come la decomposizione e la ricomposizione di questa sono chiaramente indicate dalla distruzione e dalla lenta ricomposizione di ogni militare ordinamento.
Qui terminiamo questo discorso che abbiamo limitato all'epoca dell'invenzione della polvere da sparo di cui nel seguente faremo parola, e sull'importanza della quale, sotto i vari aspetti in che noi consideriamo l'arte militare, ci giova di poter citare l'opinione dell'illustre sapiente di cui l'Europa deplora la recente perdita. Cosí si esprime il Cuvier nel suo discorso intorno all'influenza delle scienze sullo stato sociale: — «Allorché un buon monaco nell'oscura cella d'un chiostro d'Alemagna arse per la prima volta un misto di zolfo e di salnitro, qual uomo avrebbe potuto predire tutte le grandi cose che andavano a sorgere da quella sua esperienza? Chi gli avrebbe detto che per essa l'arte della guerra sarebbe cangiata, il coraggio sottratto alla superioritá della forza fisica, ristabilita la regia autoritá in Occidente,