La vita intima e la vita nomade in Oriente. Belgioioso Cristina
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A Parigi la principessa di Belgiojoso non visse solo tra i salotti e le biblioteche, scese fra il popolo spingendosi perfino in quelle conventicole dei visionari Sansimoniani che preludevano alla propaganda dei socialisti. Il suo istinto patrizio l'aveva sempre portata a tender la mano ai reietti da un ordine costituito col quale non si sentiva solidale. Non appena, profittando dell'amnistia promulgata dal nuovo imperatore d'Austria Ferdinando, le fu concesso di rimpatriare, irradiò dal suo possesso di Locate, nel basso Milanese, una serie d'iniziative filantropiche. Ci appare dunque in veste di un autentico precursore, promovendo un orfanotrofio rurale, aprendo un pubblico scaldatoio, una cucina economica, una scuola infantile, un'altra di lavori femminili. Le preoccupazioni risvegliate dall'agitarsi della questione sociale e dei problemi economici tengono un gran posto nell'infaticabile attività giornalistica che improntò la vita della principessa negli anni precedenti il 1848, quando si lusingò di poter accelerare il moto riformatore promovendo una diffusione delle teorie del Gioberti sulla preminenza del popolo italiano e le sue particolari attitudini ad una rapida elevazione delle proprie condizioni politiche. Con tali tendenze fondò nel 1845 la Gazzetta italiana alla quale seguì l'Ausonio, sostituito a sua volta da una Rivista Italiana. Nel medesimo periodo di speranze diffuse in una soluzione pacifica e graduale dei problemi italiani, la principessa di Belgiojoso pubblicò in Parigi un notevole libro di storia politica, quegli Etudes sur l'histoire de la Lombardie dans les trente dernières années ou des causes du défaut d'énergie chez les lombards, che avrebbero, secondo si narra, tanto commosso il conte Federico Confalonieri da indurlo ad affrontare in pieno inverno il valico delle Alpi. Il glorioso superstite delle cospirazioni del 1821 era verosimilmente impaziente di contrapporre alla narrazione della Belgiojoso qualche scritto che ponesse in miglior luce l'azione dei federati lombardi e del loro capo, ma trovò la morte ad Hospenthal sul San Gottardo e fu così evitata una polemica che avrebbe potuto essere incresciosa per entrambi i contendenti.
Le grandi scene delle insurrezioni popolari propagatesi in tutta Italia nel 1848 dovevano naturalmente richiamare nella penisola la principessa, predestinata a quelle lotte dalla sua indole e dai suoi precedenti tentativi. Non appena udì narrare l'ammirabile epopea delle cinque giornate, accorse a Milano da Napoli recando sulla nave Virgilio duecento volontari napoletani equipaggiati e mantenuti a sue spese. Il barone di Hübner, diplomatico austriaco cresciuto alla scuola del Metternich, e trattenuto come ostaggio dal governo provvisorio di Milano, ha voluto gettare il ridicolo su questa parentesi guerresca nella carriera della dama milanese. Le apparenze forse non militavano in suo favore se già il Caccianiga se ne burlava dalle colonne dello Spirito Folletto, pubblicato allora a Milano. Ma l'oggettività dello storico non può fermarsi al lato un poco ridicolo e che finì nel tragi-comico di quella parata rivoluzionaria e deve riconoscere anche in quell'atteggiamento da regina delle Amazzoni l'impulso generoso al quale la principessa obbedì assumendosi le spese di tutta la spedizione. Per un'indole come quella di Cristina di Belgiojoso le cinque giornate ed i mesi che seguirono con tutto quel tumulto di battaglie, di contese civili, di processioni, di comizi dovevano rappresentare qualcosa d'intermedio e di non ben definito tra il sogno e la realtà. Tesi i nervi sensibilissimi, il cervello in perpetuo lavorio, essa visse tutto quel tempo come in una febbre, ciò che prova ancor una volta la sincerità de' suoi gesti più discussi. Naturalmente fondò subito altri giornali che si pubblicarono in Milano tra l'aprile e l'agosto, intitolati: Il Crociato e La Croce di Savoja; redigeva pure opuscoli e fogli volanti ed inviava corrispondenze ai giornali francesi. Fin dal 13 aprile si era rivolta con una lettera eloquente al re Carlo Alberto e, per il tramite del conte di Castagneto, segretario del re, gli moltiplicava gli incoraggiamenti che potevano anche sembrare dei moniti, per una azione più energica e meno municipale. Agli uomini pacati che sedevano nei consigli della Corona o al Governo provvisorio la principessa appariva evidentemente come un'esaltata, sì che non seppero trarre profitto della sua esuberante attività. Delusa ed impressionabile essa sentì rinascere in cuore le antiche simpatie per il Mazzini col cui temperamento acceso si trovava in una facile comunione di emozioni e di propositi. La versione che pubblicò nella Revue des deux Mondes dei dolorosi fatti dell'agosto 1848 parrebbe formulata sotto la dettatura del Mazzini. Ormai il fascino del grande cospiratore era ridiventato invincibile in lei. Lo seguì a Roma organizzata in una effimera repubblica e cinta d'assedio dalle truppe francesi. Vi divenne facile bersaglio della reazione clericale che calunniò la donna volendo colpire la rivoluzionaria. Si comprende che la sua missione di infermiera dei volontari non potesse svolgersi senza suscitare entusiasmi e recriminazioni, quelli forse più pericolosi di queste. Le testimonianze imparziali di stranieri come gli americani Story sono sostanzialmente favorevoli alla principessa e pongono in cattiva luce la partigianeria dei medici militari francesi che la cacciarono violentemente dalla direzione degli ospedali romani. Il 31 luglio 1849 Cristina di Belgiojoso doveva fuggire da Roma accompagnata dalla figliola imbarcandosi per Malta con un passaporto inglese. Volgeva le spalle all'Italia ottenebrata dalla reazione trionfante ed anche alla Francia che si era collegata, quasi senz'avvedersene, coi nemici di quel vano tentativo di ricostituzione nazionale abbozzato dagli italiani nel solco fecondo della Rivoluzione francese. Andò in Grecia ed in Turchia sforzandosi di placare gli sdegni dell'animo turbato e di medicare le ferite profonde inferte al suo spirito ed al suo corpo. Vedrete in queste pagine che contengono la relazione dei viaggi dell'esule nel Levante come questa vi si fosse recata in una disposizione d'animo ospitale verso le genti a lei sconosciute fra le quali si proponeva di vivere più pacificamente che non avesse potuto farlo nella sua vecchia Europa. La vena nascosta di rimpianto nostalgico che certo le rimaneva in fondo all'animo non affiorava quasi mai. Così questa signora occidentale, ricca di tante esperienze accumulate in una vita ancor breve ma eccezionalmente avventurosa, tendeva l'orecchio a tutte le voci dell'Oriente, desiderosa di penetrarne i misteri.
Presentata ormai al lettore la donna veramente non comune che dal fondo dell'Asia Minore mandava alla Revue des deux Mondes le pagine così fresche e spontanee, che, per la prima volta, sono qui pubblicate in veste italiana, converrà che io accenni di volo agli ultimi anni dell'autrice, per rendere più compiuto il ritratto disegnato di scorcio come introduzione a questo volume.
Gli ultimi tempi del soggiorno in Asia furono poco propizi alla principessa per la difficoltà delle comunicazioni coll'Occidente, donde non le pervenivano i necessari invii di denaro, per l'esito incerto delle sue iniziative agricole e sopratutto per il pericoloso attentato di cui arrischiò di rimaner vittima da parte di un domestico congedato. Anche per diminuire le strettezze dalla sua situazione finanziaria, essa consacrò una larga parte delle sue giornate alla redazione di scritti inspiratile dalle sue vicende e cioè, oltre queste scene della vita orientale, altri articoli inviati alla Revue des deux Mondes e al National. La vendetta austriaca non cessava dal perseguitarla nemmeno laggiù e, quando l'imperatore Francesco Giuseppe raccolse la sfida gettatagli dalla temeraria insurrezione del 6 febbraio 1853 e sequestrò i beni dei principali esuli, non scordò di porre nelle liste di proscrizione il nome di Cristina di Belgiojoso. Cedendo all'imperioso appello delle circostanze ed alle insistenze della sua famiglia, la principessa si decise a ritornare in Europa, dapprima in un castello che aveva nella Provenza la marchesa d'Aragon, sua sorella consanguinea, indi nel 1854 a Parigi. Non tardò a comprendere i sintomi annunciatori della riscossa apparecchiata dai patriotti italiani sotto la guida del conte di Cavour e, piena di fiducia, diede la definitiva sua adesione al programma monarchico-costituzionale ed unitario del grande ministro piemontese. Collaborò coll'antica foga all'attuazione di tali disegni e scrisse, in previsione della guerra che scoppiò poi effettivamente nel 1859, un'opera divulgativa, Histoire de la Maison de Savoie. All'indomani della vittoria, nel 1860 fondò il giornale l'Italie, che superando molte trasformazioni vive tuttora. La collaborazione frequente a questo foglio ed alla Nuova Antologia non assorbiva però l'intera operosità letteraria della Belgiojoso che pubblicò, nel 1866, lo scritto: Delle presenti condizioni della donna e del suo avvenire, nel 1868 le Osservazioni sullo stato attuale dell'Italia e sul suo avvenire, infine nel 1869 l'opuscolo Sulla moderna politica internazionale. L'orizzonte delle indagini e delle polemiche dell'autrice di questi notevoli scritti d'avanguardia era per altro venuto restringendosi nei