Spezia. Robert A. Webster
Чтение книги онлайн.
Читать онлайн книгу Spezia - Robert A. Webster страница 5
***
Ravuth avanzò nella giungla per due ore. Aveva percorso quella strada diverse volte con il fratello e il padre, ma nel momento in cui Tu raggiungeva la strada e procedeva in bicicletta insieme ad altri paesani, i fratelli facevano ritorno al villaggio. Uscì dalla giungla, inoltrandosi sulla strada a lui non familiare, camminando sul ciglio, nel caso avesse incrociato delle ronde di Khmer Rossi. La sua lunga camminata verso la periferia della cittadina fu senza sorprese, non vide né traffico né persone. Lungo il tragitto notò diverse case di legno distrutte e depredate.
Una volta raggiunta la periferia di Koh Kong, Ravuth proseguì verso il centro città, il quale era inquietante, data l’assenza di persone. Avanzò per qualche chilometro fino a quando arrivò alla baracca della polizia di frontiera. Si nascose dietro al capanno quando vide un soldato degli Khmer Rossi appoggiato alla recinzione costruita da poco, che delimitava il confine con la Tailandia.
I tratti apatici del bambino soldato installarono rinnovata paura in Ravuth. Si allontanò furtivamente dal posto di blocco e ritornò al centro città deserto. Ravuth entrò in un piccolo café abbandonato, e rifornì le proprie riserve di cibo e acqua con i pochi avanzi rimasti. Si accomodò per ponderare sulla propria situazione.
Giunse la notte, e Ravuth non aveva ancora deciso il da farsi. Udì un veicolo avvicinarsi. Terrorizzato, si nascose sotto un tavolo mentre un vecchio pick-up si fermò davanti al café in cui entrarono sei Khmer Rossi.
Ravuth tremava dalla paura, e restò immobile mentre i giovani soldati attivarono un piccolo generatore per illuminare il locale prima di accomodarsi. Ravuth si era nascosto sotto a un tavolo nell’angolo buio del café.
Un soldato aveva portato con sé diverse bottiglie di whisky Mekong, che consumò insieme agli altri.
Ravuth ascoltò i giovani Khmer Rossi vantarsi delle loro atrocità del giorno, di chi avevano giustiziato, descrivendone dettagliatamente il modo. Parlarono del loro bottino di guerra e di che oggetti avessero sgraffignato. Uno di loro disse qualcosa che stimolò l’interesse di Ravuth.
“Il mio gruppo è andato direttamente a *Choeung Ek, e abbiamo selezionato chi tra loro potrebbe diventare un giovane cittadino Khmer Rosso o un bravo combattente” disse.
“Oggi abbiamo radunato quattro gruppi, sono andati alla provincia di Koh Kong per ingrossare le nostre fila” disse un altro.
“La maggior parte dei nostri erano anziani indesiderabili, quindi ce ne siamo sbarazzati” disse un terzo, aggiungendo “Ma ci siamo divertiti a rieducarli”. Mostrò agli altri il machete sporco di sangue con un ghigno in volto.
I dettagli raccapriccianti che si scambiarono i ragazzi proseguì per poco; Ravuth li udì poi biascicare e ridacchiare quando il forte whisky sortì il proprio effetto sui giovani.
Trenta minuti più tardi i soldati barcollarono fuori dal café e salirono sul mezzo che partì con una sgommata.
Ravuth uscì da sotto al tavolo. Le luci erano accese, quindi si guardò attorno nel café ora silenzioso. Si mise in cerca di informazioni circa Koh Kong e Choeung Ek. Non sapeva nulla di nessuno dei due luoghi, e poiché non sapeva né leggere né scrivere, ripose nella scatola i volantini che trovò nel locale.
Ravuth trascorse la nottata al café, e all’alba del giorno successivo se ne andò da Koh Kong, diretto verso la giungla, dove avrebbe atteso la propria famiglia. Non si rese conto di essere seguito fino a quando approcciò una strada all’esterno di Koh Kong e una voce dietro di lui gridò “Tu…Fermo lì!”
Ravuth si voltò, e una giovane ragazza soldato gli puntò contro una pistola automatica che cercò di bilanciare sul manubrio della bicicletta. “Vieni qui!” Sbottò lei.
Ravuth avanzò verso la ragazza dal viso sudicio, che lo guardò. Nonostante sembrasse più giovane di Ravuth, a quest’ultimo vennero i brividi lungo la schiena quando la guardò negli occhi.
“Perché non sei con gli altri? Dov’è il tuo villaggio?” Scattò lei.
Ravuth tremò quando giunse le mani e implorò “Mi dispiace molto, mi hanno lasciato indietro quando mi sono fermato per riposare”.
La ragazzina rivolse un’occhiataccia a Ravuth. “Seguimi” ordinò, scendendo dalla bicicletta per invertirne il senso di marcia.
Ravuth era terrorizzato quando vide altri quattro Khmer Rossi avvicinarsi in bicicletta. Andò nel panico, afferrò il machete che aveva sistemato alla cintura e lo scagliò con tutta la propria forza al braccio della ragazza. La ragazza non riuscì a reagire per proteggersi dato che stava faticando a reggere il manubrio della bicicletta. Strillò dal dolore quando la lama le affondò nella carne e raggiunse l’osso. Fece cadere la pistola e Ravuth la spinse via dalla bicicletta, si sistemò frettolosamente il machete alla cinta, salì sulla velocipede e accelerò lungo i terreni induriti delle risaie. Si diresse verso i Monti Cardamomi e verso la sicurezza della giungla, seguito dalle pallottole che lo sfiorarono mentre pedalava per salvarsi la vita.
Pedalò per ciò che gli sembrò un’eternità, fino a quando non udì più i colpi di pistola. Ravuth si fermò all’esterno della giungla, celò la bicicletta nella vegetazione e si nascose dietro a un gruppo di alberi. Sbirciò per controllare se i suoi inseguitori fossero nei paraggi. Ravuth vide quattro puntini in lontananza, diretti verso di lui. Aveva un po’ di vantaggio, ma sapeva di dover trovare riparo nella densa vegetazione. Ravuth corse attraverso la giungla, trovando brevi percorsi che seguì fino a quando raggiunse il terreno accidentato e impraticabile.
‘Non mi troveranno mai’ pensò, correndo attraverso il denso sottobosco.
Ravuth era esausto, aveva attraversato di corsa per tre ore quella sezione della giungla a lui non familiare. Raggiunse una radura dove le chiome degli alberi erano talmente fitte da schermare la luce solare, facendone filtrare appena. Si nascose lì, sapendo di essere al sicuro; non vide i suoi inseguitori, quindi si sedette ai piedi di un gigante Dipterocarpo, stando allerta.
Ravuth restò lì per due giorni, sfamandosi grazie all’abbondante vegetazione circostante. Si rese conto di essere sfuggito ai propri inseguitori, quindi si mise in cerca del proprio villaggio.
Ravuth si sentiva al sicuro nella giungla, e camminò tutta notte alla luce della luna. Si riposava durante le giornate cocenti e umide, cacciando e cercando il cibo dal tardo pomeriggio fino al tramonto.
Era perso senza una direzione da seguire, a differenza dell’area nei pressi del proprio villaggio, di cui conosceva la maggior parte dei sentieri e della vegetazione. All’alba del decimo giorno fece capolino da dietro una fila di alberi, trovandosi in un terreno aperto. In una conca poco profonda era stato realizzato un terrapieno, circondato da una rete metallica.
Vide diverse file di tende da bivacco, insieme ad alcune tende da campo di tipo militare di diverse dimensioni. Ravuth vide delle persone aggirarsi dietro alla recinzione; alcuni gruppi stavano cucinando grazie a dei focolari. Ravuth captò i profumi tipici del cibo cambogiano, e gli venne l’acquolina in bocca. ‘Dev’essere uno dei posti di cui