Visione D'Amore. Dawn Brower
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Ben sembrava in ansia, e invecchiato prematuramente. Tutto quello stress non gli faceva bene. In fondo, non era molto più grande di lei. Forse aveva cinque anni più dei suoi ventuno, ma visto da vicino sembrava quasi un quarantenne. Era pallido, e due brutte occhiaie gli solcavano gli occhi. Inoltre era dimagrito, in quegli ultimi giorni. Avrebbe dovuto riposarsi di più…ma come si poteva, con tutto quello che c’era da fare? Ben si fece scorrere le dita tra i capelli e sospirò. "Guardatevi intorno, Anya: siamo nel caos completo."
Anya si guardò intorno ma non la vide allo stesso modo di Ben. “A me sembra che funzioni tutto per bene, Ben. Siamo pronti. Vedrete che quando apriranno quelle porta andrà tutto bene.”
"Ah, che il Cielo vi ascolti!” esclamò Ben, alzando gli occhi al soffitto.
"Non credo che oggi il Suo sguardo sia puntato sul festival!” ridacchiò Anya, che non era particolarmente devota. Non credeva in un potere superiore o all’ineluttabilità del destino. Voleva farsi strada nel mondo, e le piaceva pensare che sarebbe stato merito suo se ci fosse riuscita, e non di un Essere soprannaturale.
"Oggi chiederei aiuto perfino ai marziani! - sospirò Ben - Non immaginate quanto mi sento nervoso!”
Come dargli torto… "Andrà bene." Non aveva un tono molto convinto, ma era il massimo che riuscì a fare. Fremeva dalla voglia di andare a curiosare in giro. Non poteva certo starsene lì a consolare Ben.
"Io ..." Stava per dire qualcosa ma la voce le si spezzò in gola. Ben stava guardando in su e agitava freneticamente le mani. “Che cavolo fate? Ferma!” gridò. E balzò in avanti, forse per cercare di salvare la situazione.
Anya non capì subito quello che stava succedendo. Per qualche secondo rimase interdetta a guardare Ben, poi quando lo vide balzare alle sue spalle si voltò e scorse un operaio sul palco a pochi passi da lei con un enorme proiettore in mano. L’uomo procedeva di spalle e ed era ignaro del groviglio di cavi contro cui stava andando a sbattere. Ben si lanciò verso di lui…ma non fece in tempo. L’operaio inciampò e il proiettore gli sfuggì dalle mani, piombando proprio su Anya, che provò all’ultimo istante a schivarlo…senza riuscirci. Il proiettore le crollò rovinosamente addosso, sbattendola con la testa per terra.
Anya sentì un lancinante dolore, vide la sala girarle vorticosamente attorno…e poi più nulla. Il mondo scomparve completamente ai suoi occhi, e ogni suo pensiero venne ingoiato dal vuoto.
CAPITOLO SECONDO
Anya si svegliò con un violento mal di testa. Sentiva tanti piccoli martelli batterle allegramente per tutto il cranio, ma in particolar modo sulla fronte e gli occhi. Aveva paura di aprire le palpebre, per paura di peggiorare le cose. Che cosa era successo? Non riusciva a ricordare come si era fatta male e nemmeno voleva saperlo.
Una luce intensa le fluttuava addosso, costringendola a pararsi la faccia con le mani. Voltò la testa e socchiuse lentamente gli occhi.
"Chi ha acceso le dannate luci?" borbottò.
"È ora di svegliarsi, Miss Ana. - esclamò la voce di una donna - Il duca e la duchessa tra poco saranno in sala da pranzo per la colazione, e vostro padre si aspetta che vi comportiate come una vera signora."
"Ma io sono una vera signora!" si adirò Anya. Era una Lady a tutti gli effetti, con un gran bel titolo alle spalle! "Non mi sento bene. Vi prego di porgere loro le mie scuse.” mugolò, e si rannicchiò di nuovo nelle coperte, seppellendovisi dentro. Ma di colpo le parole della donna accesero una luce, nella sua mente confusa: "Quale duca e duchessa?" Ancora più importante: chi diavolo era quella, e che ci faceva nella sua stanza da letto senza il suo permesso? Qualcosa non quadrava.
Lentamente, abbassò la coperta e aprì con cautela un occhio. La donna indossava una specie di uniforme di color grigio opaco che la copriva interamente, dal collo alle caviglie. Era di una foggia... antica. Non c’era altro modo per descrivere…quell’abito. "Chi siete voi?" farfugliò.
"Ora basta, signorina Ana,- la rimproverò la donna, agitandole un dito davanti agli occhi - Fingere di essere indisposta non vi solleverà dai vostri doveri.” Posò sul letto un abito di un certo lusso, di un tristissimo blu scuro, e dalla foggia fuori moda, come la sua divisa.
“Ho già preparato il vostro abito da colazione. Stamane dovrete recarvi al porto e imbarcarvi. Il viaggio fino in Germania è lungo, e non vi resta molto tempo per prepararvi.”
Ma perché continuava a chiamarla Ana? Qualcosa le sfuggiva. L’aveva scambiata per qualcun’altra? Se era così, che ci faceva lei in quella stanza…e in quel letto? Si mordicchiò il labbro inferiore, assolutamente confusa. La testa le pulsava ancora tremendamente. C'era una sola cosa che poteva fare, per sciogliere la matassa: adattarsi alla situazione.
Lentamente, si mise a sedere. Che strana camicia da notte, che indossava. Avrebbe dovuto chiamare i suoi genitori e scoprire perché l’avevano spedita a casa di questo duca e di questa duchessa. Anya lanciò un’occhiata alla donna che le stava davanti e che la fissava con quei suoi occhi di fuoco: non le piaceva affatto. Guardò l’abito e arricciò il naso.
"Devo proprio indossare questa roba?” domandò.
La donna la guardò, torva. "Cosa c'è che non va in quest’abito?" chiese. Poi aggrottò la fronte. Anya la guardò meglio: aveva i capelli castani striati di bianco e due occhi grigi più freddi dell’acciaio. La innervosiva. "È fatto della seta più fine. Avete scelto proprio voi il modello.”
Non si sarebbe mai sognata di fare una cosa del genere, ma non aveva senso discutere con la donna. Invece, sospirò e tese la mano. "Bene. Lasciate qui, che mi lavo e mi vesto.”
"Da sola?” esclamò la donna, sgranando gli occhi.
“Certo. Mi vesto da sola da quando ero piccola!” Ma in che posto stava? Quella donna si comportava come una istitutrice d’inizio secolo. Ormai nessuno aveva più istitutrici, in casa!
"Ma...vi sentite male davvero?" esclamò la donna, e le si avvicinò. Le mise una mano sulla fronte. “Eppure, non mi sembra che abbiate la febbre.”
Al tocco di quelle mani fredde Anya si ritrasse. "Per favore, non toccatemi!" sibilò. Afferrò il vestito e si alzò. "Ora, per cortesia, lasciatemi sola."
"Hmmph. - mugolò la donna - Oggi siete di pessimo umore! Non sareste così acida se andaste a dormire presto, la sera, invece di starvene a leggere chissà cosa alla luce della lampada fino a notte inoltrata! Comunque, sbrigatevi. Ai Duchi non piace aspettarvi per colazione, lo sapete.” Ciò detto, uscì brontolando dalla stanza.
Ma come si permetteva? Lei era Lady Anya Montgomery, diamine, e nessuno le aveva mai parlato a quel modo! Si sfilò quell’assurda e pesantissima camicia, armeggiando a lungo coi laccetti, e si mise a frugare per la stanza cercando la sua stanza da bagno…ma non ne trovò. Pensò che forse in quella casa il bagno si trovava nel corridoio…o in un’ala apposita…ma sinceramente non aveva voglia di uscire e aprire ogni porta per cercarlo. Scavò disperatamente in tutti gli armadi alla ricerca della sua biancheria intima, il suo reggiseno…ma ancora niente, tranne scomodissimi e antiquati corsetti, e mutandoni di pizzo che non avrebbe nemmeno saputo come indossare.
Guardò affranta l’abito appoggiato sul letto. Era abbastanza largo, forse nessuno avrebbe notato che non portava biancheria intima. Con un sospiro lo indossò, ma abbottonarsi dietro fu una vera impresa…con quel mal di testa, poi! Non riuscì che