Visione D'Amore. Dawn Brower
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Sospirò. Non aveva ancora idea di dove fosse, ma l'avrebbe scoperto presto. Si sedette alla sua vanità per truccarsi…ma quando si guardò allo specchio quasi urlò per la drammatica sorpresa: non era lei, quella che la guardava dall’altra parte dello specchio! Si passò freneticamente le mani sugli occhi, sperando che fosse tutto un incubo, poi si premette disperatamente le dita sugli zigomi, con tanta energia che per poco non si graffiò con le unghie. Ma quando riaprì gli occhi quell’immagine estranea era ancora lì, davanti a lei, che la guardava con la sua medesima angoscia. Dio, ma cosa le stava succedendo? Quella non era lei! Si passò una mano tra i capelli, mentre gocce di sudore le imperlavano la fronte. Non poteva essere reale. Stava sognando…o stava galleggiano in un limbo da cui non riusciva a svegliarsi…
La donna l'aveva chiamata Ana, non Anya. Il nome suonava quasi uguale, per questo non ci aveva subito fatto caso…ma se lei non era più Anya chi era quella ragazza che la guardava dallo specchio?
Cominciò a tremare: si era svegliata nel corpo di un’altra donna? Questo, benché assurdo, forse poteva essere una spiegazione…ma perché? Dio aveva voluto punirla per qualcosa? Era morta e si era ritrovata in un altro corpo? Eppure dentro…era lei, sì, era ancora lei! Le sembrava di trovarsi in uno di quei film angosciosi che le avevano sempre fatto paura. Forse, se fosse tornata a letto e si fosse riaddormentata, tutto sarebbe tornato a posto. Desiderò con tutte le sue forze di chiudere gli occhi e ricominciare tutto daccapo. Ma capì che non era possibile.
Guardò il letto con ansia: e se si fosse fatta solo un sonnellino? Al risveglio si sarebbe accorta che si era trattato solo di un brutto sogno. Sarebbe tornata se stessa, e al diavolo quella brutta arpia in cui si era imbattuta poco prima!
Si alzò di scatto dalla specchiera, si gettò sul letto e si coprì con le coperte fino alla cima dei capelli. Provò a dormire…ma niente.
Non ci riusciva.
Era troppo in ansia per dormire. L’unica era comportarsi come se niente fosse. Alzarsi, scendere giù da quei dannati duchi e vedere se ci capiva qualcosa. Quell’incubo sembrava davvero reale. Rimase completamente immobile per un po’, sperando di svegliarsi da un momento all’altro…ma non accadde nulla. Ormai era chiaro: doveva stare al gioco, far finta di essere questa Ana e vedere dove voleva andare a parare quell’incubo. Non poteva fare altro...
Questo duca e questa duchessa, chiunque fossero, si aspettavano che qualcuno di nome Ana scendesse a colazione. Ma, se si fossero accorti che lei non era la ragazza che aspettavano…che sarebbe successo? Quella specie di serva che l’aveva svegliata ci era cascata, quindi era presumibile che ci avrebbero creduto anche loro. Forse, parlandoci, avrebbe capito che ci faceva là, in quel corpo…e in quella casa…che più guardava più le sembrava simile a un castello.
Anya fece un respiro profondo e si spazzolò i capelli. Se li acconciò in una lunga treccia che poi appuntò sulla nuca come uno chignon. Non era bella, ma almeno la sua acconciatura si adattava all’abito: era vecchia come lui. Trovò un paio di scarpe, lanciò un’ultima occhiata alla stanza e uscì cautamente nel corridoio. Aveva un disperato bisogno del bagno…ma decise di sorvolare, per il momento. Sarebbe già stata un’impresa trovare la sala a colazione, in quell’ambiente enorme. Figuriamoci un bagno...
La fortuna era dalla sua parte ... Aveva un forte intuito e individuò abbastanza velocemente la sala della colazione. Non appena vi entrò scorse quattro persone sedute ad un immenso tavolo, riccamente addobbato, circondate da uno stuolo di valletti: a capotavola era accomodato un uomo di una certa età, presumibilmente il duca. Dall’altro capo del tavolo, ad una bella distanza da lui, c’era una donna, sicuramente la duchessa. A metà del tavolo una bel ragazzo adolescente, forse sui sedici anni. Proprio di fronte a lui era stato apparecchiato per un ospite…cioè lei. Confusa, Anya rimase sulla soglia finché un valletto non sussurrò qualcosa alle orecchie della duchessa, che le stava di spalle. Probabilmente l’avvertiva della sua presenza in sala. Infatti la duchessa si voltò e si alzò per riceverla.
"Miss Ana!” le disse gentilmente, porgendole una mano e invitandola a entrare. “Mi auguro che abbiate dormito bene. Avete l’aria un po’ stanca. Preoccupata per il viaggio?” Dolcemente le indicò il suo posto a tavola, e un valletto si affrettò a scostare la poltrona per farla accomodare. La duchessa voltò lo sguardo verso il ragazzo, che non si era alzato in segno di cavalleria.
"Mathias! - lo rimproverò - Salutate la nostra ospite e smettetela di giocare con la colazione."
Anya trattenne un sorriso, mentre prendeva posto a tavola. Due camerieri con un grande vassoio si affrettarono a servirla della sua colazione: delle uova strapazzate e servite con un goccio di panna, guarnite da grandi strisce di bacon fritte e pane tostato con burro. A parte le vennero servite le verdure grigliate e i funghi, e i fagioli in salsa di pomodoro. Ma Anya rifiutò gentilmente il suo black pudding, troppo speziato per lei a quell’ora di mattina. Lasciò invece che il valletto la servisse abbondantemente di the nero e fumante.
Alla duchessa il rifiuto del black pudding non sfuggì. Amabilmente le chiese:
“Preferite una colazione dolce, mia cara? Avete l’aria di non star bene. La marmellata d’arancia stamane è una vera delizia.”
Il ragazzo alzò lo sguardo su di lei. “Molto meglio di questo stupido porridge che mi costringono a ingollare ogni mattina!” esclamò, con un luccichio malizioso negli occhi. La duchessa lo fulminò con lo sguardo. “Tacete e mangiate. Il porridge era amato perfino dal Re di Francia!”
Anya scrutò il ragazzo. Aveva occhi blu argentei che lasciavano senza fiato. Anche il ragazzo la fissò, per lasciarsi poi sfuggire un timido: “Non mi sembrate molto in voi, milady.”
Anya deglutì a fatica, innervosita dalla sua domanda. Si era accorto che lei…non era la ragazza che stavano aspettando? Temette che quel ragazzino lo avrebbe spifferato davanti a tutti, mettendola in difficoltà. Ma non successe nulla. Il ragazzo tornò con la testa sul suo piatto e lei abbassò il capo sul suo: Dio mio, le veniva la nausea solo a guardare quel quintale di roba che aveva davanti! Quei tizi mangiavano…come i suoi nonni ai pranzi di gala! Trattenne un gemito. La testa le faceva ancora male e ora le girava anche lo stomaco. Si guardò bene intorno…e rimase senza fiato.
"Lady Vivian!” esclamò. C’era anche una ragazzina, seduta al tavolo, ma un po’ in disparte. Forse era per questo che non l’aveva notata prima. Non l’aveva riconosciuta subito…ma forse si era sbagliata. Non poteva essere lei…o forse sì?
La ragazza alzò lo sguardo su di lei, ma non rispose. Sembrava…stizzita. "Sì, mia cara? - rispose la duchessa per lei - C’è qualcosa che non va? La nostra Vivian è di nuovo in punizione, come spesso negli ultimi tempi, e non le è permesso di parlare con nessuno.”
L'ultima volta che Anya ricordava di avere visto Vivian era in ufficio, al British Film Institute. Ma…era molto più vecchia di quella ragazza! Sembrava lei…e forse era lei, ma in un’altra epoca e ad un’età diversa. Che cavolo stava succedendo? Dove si trovava? E soprattutto: QUANDO? Abbassò lo sguardo.
“Nulla, mi spiace. E’ che oggi…non mi sento molto bene.” mormorò. Diavolo, se Lady Vivian era così giovane…lei non doveva nemmeno essere nata! In che anno erano? A fiuto non si trovavano affatto nel 1951…ma qualche decennio prima.
"Povera cara - disse la duchessa, gentilmente - Vi farò portare subito un buon infuso per il mal di testa. O forse è meglio un cachet.” Fece segno a un valletto che, dopo poco, tornò con due piccole compresse di aspirina. Fortemente grata, Anya le ingollò in un sol