L'Uomo Di Maggie. Bella Settarra
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Читать онлайн книгу L'Uomo Di Maggie - Bella Settarra страница 7
Sentì la sua mano sulla parte bassa della schiena, anche attraverso il cappotto, e sorrise. Era un gesto carino e protettivo che le piaceva da morire, sicuramente qualcosa che non aveva mai sperimentato prima.
“L'ascensore non funziona,” lo informò rapidamente quando lui la condusse verso di esso.
Aiden non disse niente ma la seguì su per le scale. Erano solo poche rampe e tutte le volte Maggie mentiva a se stessa dicendosi che non era altro che un buon esercizio fisico quotidiano.
“Vuoi un caffè o…?”
Nonostante sperasse in una sua risposta negativa, Aiden annuì.
Maggie fece un respiro profondo e aprì la porta di casa. Sapeva che quella sarebbe stata la fine di qualsiasi loro relazione, anche come amici.
“Bene, siamo arrivati.” Una volta dentro accese la luce, mostrandogli il minuscolo appartamento che era stato la sua casa nell'ultimo paio di anni.
Aiden doveva aver sentito l'odore di muffa e, quando entrò in soggiorno, i vecchi mobili mal assortiti e macchiati o scortecciati in più punti dovevano avergli fatto venire voglia di voltarsi e fuggire più in fretta possibile. Maggie lo osservò guardarsi intorno, soppesando il tappeto logoro, la carta da parati antiquata che si staccava dalle pareti e il vento che fischiava penetrando dalle fessure nel telaio della finestra.
“Vuoi restare per un caffè?” gli chiese lentamente, non sapendo se lui avrebbe cambiato idea ora che aveva visto come viveva.
Aiden si voltò nella sua direzione con la fronte aggrottata. “Sì, grazie.”
Fu sorpresa ma si sentì anche sollevata mentre attraversava il piccolo angolo cottura per mettere su il bollitore. Le due stanze erano separate da uno stretto passaggio, così lei poté guardarlo togliersi il cappello e scrutare bene i soprammobili.
Almeno non è scappato appena entrato. È un buon segno, vero?
“Ti piace leggere,” le disse quando Maggie tornò con il vassoio.
Era in piedi di fronte a una libreria molto logora che dominava tutta una parete. Si chiedeva se avesse notato che non c'era la televisione, quindi non c'era molto da fare in casa, ma le andava bene così. Non era mai stata una che si stravaccava davanti alla TV, neanche quando ne aveva avuta una in ogni stanza della casa.
Sorrise mentre metteva il vassoio con i caffè su un tavolino e si sedeva sul divano bitorzoluto. “Sì, molto.”
Aiden esaminò alcuni titoli pieni di orecchie che lei aveva raccolto su una mensola prima che la sua mano ne estraesse uno che sembrava incontaminato rispetto agli altri.
“Guida moderna al galateo sociale” lesse ad alta voce. Ne sfogliò alcune pagine. “Quindi è così che hai imparato un sacco di cose sui vini costosi.”
Maggie si sentì scaldare percependo quella lieve presa in giro, e scattò in piedi. “Non esattamente,” ribatté, afferrando il libro dalle sue mani. “Non sai niente, quindi non parlare di cose che non conosci.”
“Io… mi dispiace, Maggie. Non volevo dire…”
“Vattene.” Teneva il libro con una mano e con l'altra indicava la porta.
“Volevo dire che è un bene che tu sappia quelle cose. L'auto-miglioramento è sempre…”
“Vai!” Maggie aveva sentito abbastanza.
Aiden sembrava ferito e imbarazzato mentre afferrava il cappello e si dirigeva rapidamente verso la porta.
“Mi dispiace,” ripeté mentre usciva, ma lei non stava ascoltando. Sbatté invece la porta e la chiuse a chiave appena lui se ne fu andato, prima di crollare in lacrime sul pavimento, stringendo ancora al petto il libro.
* * * *
“Altri pancake?”
Aiden scosse la testa. Quella mattina davvero non aveva fame. Si sentiva malato.
“No, Josie, grazie. Ho mangiato anche troppo.”
Lei roteò gli occhi. “Ricordo che una volta mangiavi il doppio e avevi ancora appetito,” osservò, indicando il suo piatto.
“Penso che abbia il mal d'amore, sorellina.” Ben scoppiò a ridere dall'altra parte del tavolo.
“Molto divertente.” Aiden non era dell'umore giusto per essere preso in giro, quel giorno. Sbadigliò.
“Allora siamo tutti d'accordo? Organizzeremo una cena e inviteremo questo Rossington e sua moglie. Presumo che ne abbia una?” Josie stava prendendo appunti in un grande quaderno mentre parlava.
“Mmh, penso che dovremmo invitare anche qualcun altro per non risultare troppo ovvi,” disse Ben. “Sono sicuro di poter invitare alcuni personaggi di spicco locali che potrebbero impressionarlo.”
“Buona idea,” concordò Greg, appoggiando una tazza di caffè appena fatta sul tavolo prima di prendere posto accanto alla moglie. “Ma non voglio che Josie esageri con i preparativi e l'organizzazione.” Le mise un braccio intorno alle spalle in modo protettivo.
“Greg, sono incinta non malata,” gli fece notare lei, alzando gli occhi al cielo.
“Lo so, ma la gravidanza è ancora all'inizio. Devi stare attenta.” Greg era irremovibile.
“Beh, forse potrei trovare qualcuno che mi aiuti,” cedette Josie con un sorriso. Si morse le labbra mentre tornava a guardare il quaderno. “A quante persone stavate pensando, ragazzi?”
“Allora, se vogliamo fare colpo su Rossington dobbiamo invitare lui e la moglie, e, con noi quattro, penso sia una buona idea invitare almeno un'altra coppia o un altro paio per non far sembrare la cosa troppo palese,” rispose Ben, contandoli sulle dita.
“Un altro paio di coppie, intendi?” Aiden aggrottò la fronte, bevendo un sorso di caffè.
Josie ridacchiò, con i riccioli castano scuro che le danzavano intorno alle spalle. Di sicuro appariva graziosa. “Oh, penso che avremo bisogno di più di un paio di coppie,” disse, con gli occhi lampeggianti di gioia.
“Quindi, è più di una coppia o di una coppia di coppie? Per la miseria, ragazzi!” Aiden scosse la testa frustrato mentre gli altri ridevano.
“Lascia fare a me. Inviterò io alcuni ospiti,” disse Ben con una risatina, quando si alzò. “Grazie per la colazione, Josie.” Si chinò sul tavolo e diede un bacio sulla guancia della sorella prima di lasciare la stanza. “Vado in città. Devo prendere alcune cose. Ci vediamo più tardi.”
“Aspetta,” lo fermò Josie appena raggiunse il corridoio.
Ben tornò indietro, facendo capolino dalla porta della cucina.
“Porterai qualcuno? Alla cena, intendo.”
Ben guardò il fratello, scoccandogli un sorrisino furbo. “Nah. Penso