Il Guerriero Depravato. Brenda Trim
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Venne distolto dai propri pensieri quando si accorse che il cielo si era fatto leggermente più chiaro. La giungla circostante era composta da folta vegetazione, ma le chiome degli alberi non sarebbero bastate a fornirgli protezione. Presto avrebbe dovuto mettersi al riparo; non avrebbe dato per scontato che non esistesse il sole su quel pianeta. Accelerò il passo, e qualche minuto più tardi l’aroma agrumato di Mackendra gli indicò dove si trovava la ragazza. Quando la fragranza di lei si fece putrefatta, Kyran si mise a correre.
Gli batteva forte il cuore nel petto mentre teneva lo sguardo attento in cerca della ragazza. Era preoccupato che avesse incontrato delle difficoltà sul percorso e che si fosse ferita...o peggio che fosse morta. Perse un battito al solo pensiero, e la sua vista si fece buia. L’idea non gli sembrava adeguata. A quel Reame conveniva che Mackendra fosse incolume, altrimenti Kyran avrebbe scatenato l’inferno.
Qualche istante più tardi si fermò improvvisamente sui propri passi. Mack si trovava una quindicina di metri più in là, quindi la raggiunse subito. Si inginocchiò accanto alla ragazza e le sistemò una mano sul volto freddo e grigio. Il vederla senza vita lo faceva tremare dalla rabbia e dalla paura, il che lo riportò indietro di settecento quindici anni; l’unica volta in cui aveva provato un tale turbinio di emozioni.
Bum,
Bum,
Bum.
Si udì una risata minacciosa, seguita dal suono terrificante di una lacerazione; sembrava un incubo. Nella stanza da letto dei suoi genitori era entrata una creatura che non aveva mai visto. Era alta più di due metri e dieci e aveva delle corna nera sulla testa.
“Tenetela ferma” aveva ordinato il demone ai propri tirapiedi. La madre di Kyran aveva protestato, imprecandogli contro. Le labbra di quest’ultimo avevano scoperto degli enormi canini, e prima che Kyran potesse rendersene conto, la bestia aveva affondato i denti nella gola di sua madre. In quel momento il ragazzo si era portato una mano alla bocca per celare il proprio pianto. Avrebbe voluto scappare dal proprio nascondiglio e andare in aiuto della madre, ma non si sentiva all’altezza della creatura mastodontica.
Kyran aveva chiuso gli occhi. “Per favore non farmi del male” si era udita una supplica sussurrata provenire dalla madre. Kyran aveva osato alzare lo sguardo e aveva visto che era stata ferita alla gola.
Il demone aveva sorriso e le aveva accarezzato una guancia con la mano. “Shh, stronza. Farà male, e tanto”. Poi era scoppiato in una risata sinistra. Le aveva quindi strappato la vestaglia verde di velluto.
Kyran non era riuscito a distogliere lo sguardo, e aveva osservato il demone affondare gli artigli nella carne del petto di lei, strappandole un seno. Le aveva poi succhiato un capezzolo e le aveva divaricato le gambe nonostante le proteste di lei. Quando il demone aveva infilato il proprio pene disgustoso nel corpo di lei, la madre di Kyran si era voltata nella direzione del figlio. Questi era in procinto di soccorrerla, ma la donna aveva scosso il capo, indicandogli di non farlo. Il demone aveva quindi stuprato con violenza la madre di Kyran.
Questi aveva deglutito la bile, grato del fatto che il demone avesse decapitato la madre dopo essersi sfogato. Nessuna donna avrebbe dovuto convivere con un ricordo simile. In quel momento Kyran si era reso conto di essersi nascosto nell’arsenale del padre. Pervaso dall’ira aveva afferrato una scimitarra e aveva fatto oscillare la pesante lama separando i tendini e l’osso dalla carne del demone, decapitandolo prima che potesse violare ulteriormente la madre.
Sapeva che i propri fratelli minori erano nascosti ed erano al sicuro, ma non lo sarebbero stati a lungo se gli altri demoni li avessero trovati. Il pensiero di qualcuno che faceva ancora del male alla propria famiglia gli faceva vedere rosso.
Non si rese nemmeno conto di ritrovarsi accanto alla madre; respirava a fatica ed era ricoperto di sangue. Non si ricordava di aver ucciso tutte le creature nella stanza, ma aveva realizzato una vera e propria carneficina. Non aveva idea di come avesse potuto avere la meglio su di loro. Era un adulto, ma non aveva ancora maturato fisicamente, ed era ancora un maschio debole.
Si era reso conto solo in quel momento di essere uscito dal nascondiglio e di aver messo in pratica i propri poteri. Aveva atteso venticinque anni per diventare un adulto, scoprendo di che cosa fosse in grado. Tuttavia non era in grado di godersi la gioia di aver sviluppato finalmente i propri poteri a causa delle circostanze. Scoppiò a piangere, cadendo in ginocchio e abbracciando il corpo della madre.
Kyran si ricompose, tornando con la mente al presente, e ascoltò quindi il battito di Mackendra. Si rilassò quando percepì un battito qualche istante più tardi. Portò il volto al petto di lei e le ascoltò il respiro, che risultava debole e irregolare. Kyran si guardò attorno in cerca di ciò che aveva potuto ridurla in quello stato. Degli enormi segni rossi le ricoprivano le braccia, e a terra erano sparsi numerosi ragni morti. Non aveva mai visto degli insetti talmente grandi; il loro diametro era almeno quindici centimetri, ed esponevano dei canini che avevano sicuramente iniettato del veleno nel corpo di Mackendra.
Giaceva a terra senza la maglietta, e anche il suo seno abbondante era disseminato di morsi. Lo sguardo di Kyran venne attirato dai tatuaggi e dalle cicatrici sulle braccia di lei. L’ampio tatuaggio che raffigurava uno squalo bianco e che doveva fungere da copertura delle cicatrici più brutte era stato rovinato da talmente tanti morsi da essere irriconoscibile. Non aveva mai avuto occasione di ammirare da vicino l’arte sul corpo di lei, quindi si prese un momento per osservare con attenzione la pianta rampicante che si faceva strada fino al lato destro del collo della ragazza. Trovò appropriato che il rampicante avesse più spine che rose.
Kyran non era un guaritore come Jace, e non aveva idea di che cosa darle per contrastare il veleno dei ragni. E anche se avesse saputo che erbe somministrare a Mackendra per aiutarla a trattare la tossina, non conosceva il Reame in cui si trovavano, e di conseguenza la sua flora. Le prese la testa tra le mani e se la sistemò in grembo.
Gli tornò alla mente il momento in cui Elsie, la Prescelta di suo fratello, venne rapita da un vampiro traditore e per poco non rimase uccisa. L’avevano salvata diverse donazioni di sangue vampiro proveniente da diversi Guerrieri Oscuri. Ovviamente ciò l’aveva portata a trasformarsi in un vampiro, ma la Dea aveva detto loro che non sarebbe mai più successo. Lo preoccupava il trasformare Mackendra involontariamente donandole il proprio sangue, ma doveva fare un tentativo. Si morse un polso e la scosse affinché si svegliasse.
“Mackendra, mi senti? Sono Kyran, piccola. Devo darti il mio sangue o morirai”. La ragazza non rispose, quindi le aprì delicatamente la bocca e vi sistemò il polso in corrispondenza, facendo cadere alcune gocce sulla lingua di lei. Poi la osservò per determinare la sua reazione.
Qualche istante più tardi Mackendra non reagì e il suo colore non mutò. Kyran non era in grado di stabilire se dovesse versare altro sangue in bocca alla ragazza. Sollevò un braccio e notò il segno del morso che si era già rimarginato, quindi ripeté l’azione. La bocca di Mackendra era già aperta, quindi Kyran sistemò il polso sulle labbra di lei e le manovrò la gola in modo da farla deglutire.
Spostò il polso dalla bocca della ragazza solamente quando la ferita si richiuse. Le labbra di Mackendra erano sporche di rosso, il che lo ammaliava. Prima di rendersene conto posò le proprie labbra su quelle di lei, assaggiando il suo stesso sangue e il peculiare aroma agrumato e di vaniglia. Kyran indietreggiò talmente velocemente da farle quasi cadere la testa a terra.
Che diamine stava facendo? Non baciava le donne. Le legava e faceva sesso con loro, ma non le baciava mai. Non aveva mai baciato una ragazza prima di quel momento, e inconsciamente aveva baciato un’umana. La parte peggiore era il ritrovarsi