Lo assedio di Roma. Francesco Domenico Guerrazzi

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Lo assedio di Roma - Francesco Domenico Guerrazzi

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di levatura mediocre apparve chiaro, che ogni principe avrebbe a lasciare un brindello di carne, che tiene stretto fra i denti, nè certo consentirà a lasciarlo; prima di ogni altro quello di Francia: ad ogni modo levati di mezzo i trattati del 1815 a quali altri storneremo noi? A quello di Amiens, di Tilsitt, o piuttosto all’altro di Luneville? Ovvero, andando anco più in su, ci fermeremo a quello di Utrecht, o di Wesfalia? A veruno di questi, però che quivi non si considerassero le aspirazioni dei popoli bensì unicamente gl’interessi dei principi, ed oggi lo scopo del Congresso sta per lo appunto quì, che adempiendo i desiderii dei popoli si apra un nuovo ordine di secoli, il regno di Saturno riapparisca sopra la terra dove ogni uomo possa vivere tranquillo all’ombra della sua vigna, e del suo fico! Bene sta. Ma quali popoli interrogheremo noi circa le infermità, che li travagliano, ed intorno ai rimedi, che reputano più spedienti a guarirli? Gli europei Soltanto o quelli di tutto il mondo? Chiedo venia della impronta domanda; presso uomini così sviscerati pel bene della umanità ella suona peggio che oltraggio: là umanità non circoscrivono mari nè monti, e il sole levandosi e tramontando vede più torti a riparare, che contentezze a benedire. Da ponente come da levante, da ogni lato insomma la umanità grida: ohi! Dunque tutto il mondo. Ciò posto in sodo, in qual guisa vorrannosi interrogare le generazioni! degli uomini? Col suffragio universale, mi risponderanno: – Ottimamente; ma tra suffragio universale, e suffragio universale ci corre: a mo’ di esempio, suffragio come a Nizza, o come nel Messico? Della sincerità di cotesti voti non ne dubita veruno dei principi raccolti; piace loro il metodo, e approvasi; essi imiteranno come in ogni altra cosa in questa la Francia maestra del vivere civile. Ora io dico, che dove rimanga statuito così non vale il pregio adunarsi, imperciocchè non pure gli Arabi e gl’Indiani supplicheranno Francesi, e Britanni a restare in Affrica, e in Asia, ma se non volete altro, Veneti, e Pollacchi esporranno il Santissimo su l’altare onde Austriaci e Russi non li privino della delizia del paterno reggimento. Se qualche dimostranza si permetteranno e’ fia perchè non mettano a prova più dura la infinita loro pazienza a sopportare e a patire. Di ciò interpreti la maggiore parte dei Vescovi, che la verità sanno da due parti, da quella di Dio, e dall’altra dei popoli. Dunque poniamo il caso che si voglia, e volendo si possa adoperare una guisa diversa, e supponiamo altresì, che tutti i popoli senza paura rimangano facoltati a dire la sua, e allora del pari il convenire dei regi che monta? I popoli vorranno prima essere affrancati dalla dominazione straniera, e poi dalla casalinga; però che in ogni tempo pochi principi abbiano preferito regnare coll’amore, piuttostochè col terrore, e la terra considerino podere proprio dove chi vive è bestiame, e chi muore ingrasso. Nel concilio dei re chi rappresenterà dunque i popoli? Chi ardirà farsi innanzi don questa maniera di mandato? E’ tornerebbe lo stesso che andare a farsi seppellire da sè; per la quale cosa si chiarisce come si dovrebbe commetterne la incumbenza ai re. Omero ha chiamato i Re pastori di popoli, mentre il Byron li appellò addirittura lupi; su di che io mi astengo giudicare, considerando che o lupi o pastori la messa torna a mattutino, dacche o che gli uni tengano il Congresso o gli altri, la materia non si può versare che intorno al mangiarsi gli agnelli cotti o crudi. Questo poi una differenza veramente per noi la fa: quanto ne vadano lieti gli agnelli non è facile darcelo ad intendere.

      Ai dì nostri che tengono bottega aperta di piaggeria, e di vituperio come di ogni altra mercè, non mancò chi celebrava la proposta del Congresso come tiro furbesco da sbancarne il Macchiavello in persona: là dove fosse così io per me affermo tra i mali metodi di governo pessimo quello che poggia sopra la bindoleria, però che non puoi filare sempre tanto sottile che altri non si accorga del tuo tramestio, e allora perdi il credito, nè ti avranno più fede mai, sia, che tu mentisca, o che dica la verità; e poi ognuno s’ingegna vincere di scherma lo schermitore, per la quale cosa dai e dai la sua brava botta diritta all’ultimo gliela ficcano. Lo intelletto umano sostenuto dalla logica, e dalla lealtà non solo dura, ma cresce di vigore progredendo; invece appoggiato alla frode ogni dì più strapiomba, e quanto maggiormente si travaglia a ingannare di tanto si sconcia. Sicuro, a modo che i pesci da che mondo è mondo si pigliano con le reti, e gli uccelli co’ vergoni così gli uomini con le parole dolose; non però gli uomini, che fanno professione di sagacia, e sia quasi esercizio del loro mestiere; imperciocchè allora tanto sa altri quanto altri, e tra corsale e pirata non ci corre che i barili vuoti, E parmi che non si possa allegare con frutto l’esempio del Borgia sempre traditore, e sempre creduto; imperciocchè i traditi il più delle volte presagissero il fato soprastante ma nol potessero evitare; e nè anco potendo vollero, dacchè fuggendo era certa la perdita della sostanza, e restando forse perdevano la vita, onde l’uomo tra il forse della morte probabile, e il certo della miseria corre sempre il rischio della prima; tanto lo amore della roba lo vince! Ad ogni modo anco il Valentino cascò nella fossa che si era scavato; la fortuna gli tirò la somma dei tanti tradimenti macchinati a danno altrui, e fu un tradimento che gli tolse peggio che la vita, vo’ dire la potenza. I re tutti privi di scettro ci apparvero sempre una miserabile cosa, ma se pensi al tiranno senza sbirri, senza giudici, e senza carnefice, e al suo tremare sempre, alla paura della luce, al suo immaginare in ogni tasca un coltello, in ogni bicchiere un veleno ti senti aggricciare le carni addosso per lui.

      Più, che ci si pensa sopra, e meno posso persuadermi della utilità del bandito Congresso per lo Imperatore dei Francesi: quanto allo interno, non ha mestieri fingere, almeno per ora; il vento gli dura non come un dì in filo di ruota pure sempre potente a gonfiargli la vela: rispetto di fuori, con un poco di arte gli hanno riversato sul capo il ranno ammannito per la testa altrui; di vero, lo amore suo per la umanità levano a cielo; chi può negare l’opera sua a tale disegno, che porrebbe al fine ed una volta davvero la belva umana sopra le altre belve dei boschi? Fra quelli che hanno a consentire occorrono due donne, alle quali gli uomini facilmente concedono tesori di bontà; e almeno quanto alla regina di Spagna sembra proprio che colgano in mezzo del bersaglio. Dunque assentono tutti, ma innanzi di convenire insieme sembra, ed è non che profittevole necessario sapere un po’ in quanti passi di acqua si abbia a pescare: egli definisca l’argomento pei negoziati; egli accenni chi debba rendere, e che cosa, ed a cui; egli che concepì il disegno deve avere pensato senz’altro al modo di mandarlo in esecuzione; sicuramente quanto sarà per proporre non gli promettono di punto in bianco accettare, quantunque confessino potere addormentarglisi in grembo; un po’ di esaminazioncella gliela daranno, ma così lemme lemme tra un dito e l’altro a mo’ della vergognosa di Camposanto, insomma come usa tra gente tuffata tre volte nella pila della buona fede. Forse il Palmerston fa un po’ troppo a fidanza, e corre il rischio che gli mettano il curatore; ma fu sempre il suo pecco di fidarsi troppo, e ormai gl’Inglesi ci si sono avvezzati.

      Extra jocum, il contegno dei vari stati europei alla proposta dello Imperatore dei Francesi mi ricorda la favola del viaggio impreso di conserva tra la volpe, e il lupo, i quali giunti, che furono in parte dove la volpe prese odore di tagliola si tirò da un lato dicendo in segno di onore al lupo: passi eccellenza! Aggiunge la favola, che il lupo passò, e rimase preso; forse non è probabile, che passi Napoleone; staremo a vedere.

      Che se io fossi meno persuaso l’errore essere stato la prima fascia avvolta intorno alla vita dell’uomo quando venne al mondo penserei che lo Imperatore dei Francesi innanzi, e meglio di noi conobbe la gaglioffaggine del bandito Congresso, ma, che ciò nonostante lo volle intimato, e ci persevera per tirare senza sospetto, o almanco con pretesto plausibile in Francia non tutti, ma quei Principi co’ quali gli preme intendersi per istringere lega offensiva e difensiva; nè questo può farsi per via di scritture, o di ambasciate; e’ vi hanno cose che la bocca di cui le dice, ha da sussurrarle nelle orecchie di cui le deve intendere e tre sono troppi; qui o mai cade il taglio di affermare, che bisogna comportarci con gli amici come se domani ci avessero a diventare nemici, e ciò accadendo tanto vale il mio sì, quanto il tuo no; non importa poi che i sovrani contro i quali si ordisce la tela rispondano alla chiamata, anzi giova che non vadano, bene preme e di molto accorrano quelli, che l’hanno a tessere. – Però avvertite che se la Francia la (trama, la Inghilterra la ordisce, e dove l’una delle due manchi la tela non si fa, o si fa male.

      Che, che di ciò sia avventuriamoci ad un’altra se guenza di pensamenti. Adesso per certo non avanza altro eccetto l’alternativa di riunire il Congresso o non riunirlo.

      Poniamo prima, che si riunisca

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