Top. Albertazzi Adolfo

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Top - Albertazzi Adolfo

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sia già suonato mezzogiorno. Andiamo a mangiare, signor padrone?

      Rincasando non si accorgevano, l'uno per la filosofia e l'altro per l'appetito, che Top era scomparso.

      Top, con mirabile puntualità, all'ora di desinare giungeva ogni giorno a casa Marzioli, dove l'Elena gli preparava la zuppa. Mangiava; dormiva; quindi tornava in campagna desideroso di novità.

      Ma ne era più desideroso, di novità, il signor Prospero. E l'ottavo giorno, per interrompere in qualche modo la pena protratta, riprese la via del paese e del camerone.

***

      Il trambusto di lui, là dentro, trasse l'Elena all'uscio, come egli aveva immaginato.

      – Ehi, zio! sono qui: ascolti una parola!

      – Elena!

      Mai chiamandola lo zio aveva avuto una voce così tenera; la voce di chi ha pianto. Aggiunse:

      – Che vuoi?

      – Ho una cosa da dirle; accosti l'orecchio.

      – Son qui.

      Un lungo attimo di silenzio. E l'Elena sussurrò:

      – Non mi attento.

      – Ah – egli fece, pentito a un tratto d'essersi abbassato alla serratura – : ti attentavi però ad attaccar i bigliettini al collare del cane!

      – Bene, zio! – mormorò pronta la ragazza – : lei adesso può star tranquillo; può rimettere il collare a Top.

      Se dal buco della serratura Prospero Marzioli avesse scorto l'universo quale possessione sua, tutta sua, non avrebbe provata tanta gioia!

      Rimettere il collare a Top, star tranquillo, non significava forse che l'amoreggiamento era finito? Senza dubbio il Tarelli, dopo la lezione ricevuta dallo zio, aveva rinunciato all'Elena. Quant'era bello adesso il mondo, sebbene dal buco della serratura non si scorgesse più nessuno e non si udisse più nulla!

      E ora Prospero Marzioli poteva incontrare Adelmo Marzioli senza timori e senza rimorsi.

      L'incontrò poco dopo, che veniva dalla Congregazione. Ma – miracolo! – questa volta parlava prima lui, Adelmo; al solito, però, pacato e conciso.

      – Il figlio di Tarelli ha dimandato l'Elena. A San Martino si sposano.

      Elena – sposa!

      Lo zio Prospero impallidì; diventò rosso; tacque finchè fu certo di poter dissimulare la passione con lo sdegno. Un lungo attimo; e aggrottate le ciglia, esclamò:

      – Non aspettatevi regali, non aspettatemi alle nozze. Sono uno da star a pari dei Tarelli, io?

      Bene. Non si commosse Adelmo; chiese soltanto:

      – C'è altro?

      – Nient'altro – rispose Prospero allontanandosi e premendosi con la mano il cuore.

      VII

      E rimise il collare a Top. Ma chiuse per sempre il camerone delle memorie e delle glorie sue e familiari.

      Alla Valletta – ove dimorava in una piccola stanza simile a una cella – consumava molta parte del giorno leggendo o tentando di leggere. Aveva dato la libertà ai richiami e alla civetta; e a caccia non andava più che con Top, senza sparare un colpo. Nel dissidio che era in lui fra l'energia della razza e l'affievolimento dell'amore – l'amore per tanti anni respinto – l'amore troppo tardi conosciuto – ora si meraviglierà di aver potuto incrudelir con le creature innocenti e liete eppur godere, nel tempo stesso, della comunione di sè con la vita naturale; ed ora si rammaricava d'esser così mutato, d'esser così fiaccato nel suo soffrire.

      Elena! Avrebbe voluto udir parlare sempre di lei, solo di lei.

      Spesso gliene discorreva il vecchio; ogni volta che tornava dal paese. Quante chiacchiere intorno al matrimonio Marzioli Tarelli! Che cotta s'era buscata quel giovine! Che fortuna, quella ragazza! Ma la meritava. La più bella ragazza del paese! Una bella romagnola!

      Già si sapeva che, il dì di San Martino, le nozze sarebbero celebrate con gran pompa; e dopo, gli sposi partirebbero per Roma.

      – Col diretto delle undici – notò, per dire qualche cosa, per nascondere sè a sè stesso quasi con una prova d'indifferenza, il signor Prospero. Poi dimandò aggrottando le ciglia:

      – E di me cosa si pensa?

      – Qualcuno pensa che lei ha giudizio.

      – Perchè?

      – Perchè lei non approva questo matrimonio. I Tarelli han troppi soldi, e i troppi soldi non han mai fatto contento nessuno.

      VIII

      Alla proda del fosso, davanti all'acaciaia, Prospero Marzioli sedeva tenendo lo schioppo appoggiato al ginocchio sinistro e poggiando sul destro il gomito si reggeva col braccio e con la mano il capo. Aspettava passasse il treno che portava gli sposi al viaggio di nozze. Finalmente – ecco – sobbalzò. Laggiù tra gli alberi, sotto il fumo che livido stentava a sollevarsi e a diffondersi nell'aria umida, egli osservava scorrere il convoglio, rotear via rombando.

      Elena! Elena! Senza voce la chiamò con tutta l'anima; invisibile agli occhi, la vide; la perdè: con tale angoscia che non si morse più le labbra per trattenere i singhiozzi. Nè allora ebbe vergogna di sè stesso. Gli parve allora che la derisione, lo scherno di tutti gli uomini non l'avrebbe offeso. E mentre le lagrime gli colavano per le guance e volgeva lo sguardo, a scorgersi, a sentirsi solo in quella campagna deserta e squallida capì che di contro il dolore umano c'è qualche cosa di peggio che l'umana cattiveria, l'irrisione, lo scherno: c'è l'indifferenza di tutta la vita estranea alla nostra vita, c'è la separazione da noi delle infinite esistenze inconsapevoli di noi.

      A lui che cosa restava? chi gli restava? Un cane! L'ira lo scosse; gli diè l'impeto di chi cerca divincolarsi. E gridò, fremente:

      – Top!

      Top impazzava a levar passeri dal seminato, a inseguirli abbaiando; e non attese alla voce del padrone.

      Ma questa volta il padrone non ripetè l'ordine prima di punir la disubbidienza.

      Sparò.

      Un guaito; e il bracco cadde.

      Prospero Marzioli corse a lui; e vide gli occhi spaventosamente affettuosi, ebbe da quegli occhi che si spegnevano una tremenda invocazione di pietà. E quasi per trovar ristoro al male atroce o fine all'agonia, la povera bestia piegò il collo.

      Dal collare usciva, arrotolato e tenuto da un filo, un bigliettino.

      E lo zio, premendosi con la sinistra il cuore, lo prese. Lesse:

      Diglielo tu, Top, allo zio che gli vorrò sempre bene; tanto, tanto bene!

      Ma Top era morto.

      LE PENNE DEL PAVONE

      Andar a bruscolare anche allora significava in pratica, più che la parola non dica, raccogliere, per bruciaglia, stipa grossa e bacchetti lunghi, e se nel luogo della ricerca si trovavan begli alberi

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