Il diavolo nell'ampolla. Albertazzi Adolfo
Чтение книги онлайн.
Читать онлайн книгу Il diavolo nell'ampolla - Albertazzi Adolfo страница 2
Eppure aveva seco, nel tascapane, il modo di quetarlo. – Guarda cosa t'ho portato! Un pastorino con l'agnello! – L'aveva comperato a Bologna, sotto il portico della chiesa dei Servi, ove i venditori di figurine da presepio indugiavano sin oltre l'Epifania. Quattro soldi! Per quattro soldi, una volta, se ne avevan quattro delle figure di terracotta.
Il mondo, non c'è che dire, va a rovescio; chi però abbia voglia di lavorare ci troverà sempre da far bene. E la guerra se molti ne porta in su, molti ne porta in basso; calerà il prezzo del terreno, e fortunati quelli che avran capitale da investire in campagna! A guerra finita, lui e il fratello potrebbero lasciar la mezzadria e prendere in affitto un buon podere; e industriarsi col bestiame. Mercante di buoi: era stato il suo sogno fin da ragazzo. Occhio sicuro, astuzia, parola di galantuomo; la frusta in mano, e il portafogli pieno di biglietti da cento.
Così, sognando per arrivare a casa di buon animo, arrivò finalmente a casa.
Il cane pareva impazzito; balzava contro e guaiva; correva a furia intorno e abbaiava; chiamava.
Il fratello, che aveva già rifatto il letto alle bestie, uscì dalla stalla col lanternino acceso. Non si commosse.
– Cos'hai di licenza?
– Otto giorni.
– Va bene. Mi aiuterai a potare.
La madre, abbandonata la polenta al fuoco, spalancò le braccia.
– Quanto aspettare, figliol mio!
– Ehi, mamma!, non voglio pianti – ammonì il soldato entrando. – Pugni al cielo non se ne danno: dunque… E Giorgio?
– L'ho messo a letto; stanco; addormentato. Non sta mai fermo in tutto il giorno!
Il soldato si levò il rotolo del mantello, che aveva a tracolla, e lo depose sul cassone; appiccò la bisaccia a un chiodo; tolse di mano al fratello il lanternino, e dicendo: – Vuotate la polenta, che son morto di fame – salì, per la scala di legno, al piano di sopra. Ridiscese tosto.
– Dorme. È bello. Son contento.
Gli lucevano gli occhi, ma il fratello e la madre finsero di non accorgersene.
Sedettero; i due uomini, alla tavola, la vecchia, sul focolare; e ingoiarono le fette fumanti.
– Hai saputo di Michele Costa? – chiese il fratello.
– Sì, me l'ha detto Carlino in treno.
Allora la madre pigliò coraggio.
– T'avrà detto anche, Carlino, che abbiam fatto quel che abbiam potuto?
– Sì. Non ne discorriamo più.
– E la guerra? – il fratello dimandò, dopo un poco.
Saverio scosse le spalle. C'era ben altro da pensare, da dire! Parlò con voce ferma.
– La mamma è vecchia; e d'una donna giovine in famiglia ne abbiam bisogno. Prendi moglie tu.
– No – rispose il fratello, risoluto. – Tribolare piuttosto.
– Ne prenderò un'altra io. Ma badate: una come quella non la trovo più in tutto il mondo.
– È vero – confermò la madre. Soggiunse: – Sinchè io camperò, una matrigna non lo tratterà male, il bambino.
– E dopo – esclamò torvo Saverio – non mi mancherebbe un randello da romperle su la schiena se non rispettasse il mio sangue!
La vecchia si alzò in fretta; andò a deporre il piatto nel secchiaio; si asciugò gli occhi col dorso della mano, e Saverio finse di non accorgersene.
– Adesso – il fratello disse riempiendo la pipa – ti mostro i conti. Li ha fatti Carlino iersera. Due volte è venuto per consolarci.
E tornò con le carte. Saverio accostò a sè il lume a petrolio e cominciò a rintracciare e sommare rendite e spese. In fine, le spese del mortorio: tanto, nelle torce; tanto, nelle messe; tanto, nel resto.
– Anche i preti non scherzano! – commentò.
Ma le rendite del grano e dell'uva erano grandi.
– Ti scaldo il letto? – propose la madre.
– No, vado a dormir nella stalla.
E riacceso il lanternino, i fratelli uscirono.
Nella stalla Saverio guardò ai buoi giacenti. Fe' rialzare i manzoli nuovi; li palpò; li accarezzò.
– Belli! Da guadagno.
Poscia l'uno si gettò su la branda; l'altro – il soldato – nel mucchio di paglia: vi si immerse; se ne ricoperse con un piacere di ragazzo.
E il russare degli uomini non tardò a confondersi col respirar fondo dei buoi.
Allorchè, la mattina dopo, Saverio entrò in casa, nel camino fiammeggiava un bel fuoco.
– Mamma, preparatemi i vestiti, da mutarmi.
– E alzerò Giorgio – disse la vecchia sorridendo. – Sgambetta per tempo.
Il soldato rimase solo. La cucina gli sembrava più ampia e più nera nel contrasto delle due luci: la fiamma rossa e riverberante, e l'albore, che entrava per la finestra appannata.
E d'improvviso, in quello schiarire incerto, ebbe dinanzi a sè l'immagine della morta: così evidente da chiamarla. Volse il capo; e ugualmente improvviso gli tornò un ricordo. Il dì che si sposarono, in municipio, uno di coloro che scrivevano esclamò, serio: – Bella coppia di sposi!
Un brivido gli corse per la vita; sentì una colpa nel ripensare a lei bella senza pensare a lei buona. E cominciò a parlare, a mezza voce, quasi ci fosse qualcuno ad ascoltar la lezione della sua esperienza.
– Alla passione non si comanda. È nel cuore? E anche se non ci date mente, anche se discorrete d'altro, anche se scherzate e ridete, anche se non ve ne accorgete, a poco a poco, la passione, dentro, cresce cresce…
Si rivide nel tragitto a piedi sino al deposito, nel tragitto in camion sino a Verona, nel viaggio da Verona a Bologna, e da Bologna a San Niccolò, in piacevole compagnia.
Chi avrebbe mai detto che il cuore, intanto, gli si riempiva in questa maniera? E lungo la strada da San Niccolò a casa non s'era divagato facendo castelli in aria? E nell'incontro col fratello e con la madre, e durante la cena non aveva provato come l'alleggerimento d'un peso? Non aveva dormito tutta la notte, di gusto, senza sogni? Ma intanto, a poco a poco, la passione cresceva, seguitava a riempirgli il cuore. E quando è pieno, basta un niente perchè trabocchi.
No! Si contenne. Il bambino, di