Il diavolo nell'ampolla. Albertazzi Adolfo
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E questo piacere che aveva adesso dalla mente e dal cuore, questa coscienza di penetrazione, la quale pareggiava lui, povero prete ignorante, allo scienziato e al sapiente, a poco a poco lo turbava, l'affannava come un astemio che teme di inebriarsi e si inebria quasi senza volere.
Ne resistè. Provò il bisogno di espandere liberamente quell'intima gioia; ebbe voglia di cantare. Ma seguendo a voce sommessa la patetica cadenza dell'inno a Santa Lucia, s'intenerì; dovè smettere, recitare, con la solita fretta, una preghiera. E lo riprese il senso gioioso di prima: anzi più alacre, più copioso, più possente. Gli pareva di sentire il fluido che nutriva le midolle arboree, che a primavera dilatava le scorze e rompeva in gemme; di sentire la virtù che faceva fiorire i bocci, l'irrequietudine vitale che agitava in istrida e voli i passeri, la tranquillità vitale che faceva chiocciar le galline vicine a lui; e sentì da lontano, impetuoso, precipitoso, avanzare il trotto di un cavallo. Avanzava, avanzava. Divenne, istantaneamente, quel trotto, un galoppo furioso, il rombo di cento cavalli sfrenati in una confusione enorme. Una confusione enorme, dentro, nel cuore; dentro nel cervello. Un crollo, uno schianto dell'universo; e il sole rosso, di sangue. – Gesummaria!
Tentò d'alzarsi in piedi. Ricadde.
L'Assunta, che rincasava con una grembiulata di duri radicchi e d'ispide cicerbite, credendo che il curato dormisse, lo sgridò:
– Dorme al sole? Fa male.
Ma accostatasi vide meglio; e si diè a urlare:
– Andrea! Andrea!
… Presto la voce della disgrazia corse dalla canonica alla prima casa; di là, per tutta la parrocchia. In paese portò la notizia il medico: il quale era giunto lassù quando non gli restava che constatare il decesso, per aneurisma. E uno, entrando all'osteria del Gallo, annunziò:
– È morto d'un accidente il curato del Palèsio.
L'Americano stava giocando. Volse il capo; e rimase con le carte a mezz'aria. Appena però Bisaccia, il commerciante, che mangiava in disparte, ebbe esclamato: – Gli ho pagato stamattina i quattrini dell'uva e del grano, ed era tutto svelto! – , l'Americano gettò le carte, si staccò dalla tavola, si raccomandò all'oste:
– Un cavallo, un biroccino, subito! È morto mio fratello!
Sì: suo fratello. Là in canonica, nel letto, scorgendolo quale se riposasse queto e contento, ritrasse lo sguardo; e mentre l'Assunta in ginocchio biascicava il rosario e Andrea smoccolava con le dita le candele che gocciavano, l'Americano tolse dal portapanni la veste e il panciotto, frugò nelle tasche, invano; borbottò parole incomprensibili. Poi mise sossopra quant'era nel canterano e nella cassapanca. Poi disse ad Andrea: – Aiutami!
Levarono il morto dal letto e lo adagiarono su la cassapanca. Ma anche dentro al pagliericcio non si trovò niente. Nè si trovò nessun mattone smosso. Allora lui, il fratello, aggrottando le ciglia, chiese:
– Questa mattina è venuto Bisaccia, il mercante?
Era venuto.
– E dove sono i quattrini?
La vecchia non rispose. Il figlio rispose:
– Non lo so.
– Badate – disse l'altro – che saltin fuori prima di notte, o vi denuncio!
E uscì a rovistare altrove.
– Siamo rovinati! – mormorò Andrea. Ma la madre, guardando a don Fiorenzo:
– Pregherà lui, per noi.
L'Americano, infatti, non osò denunciarli neanche il giorno dopo.
– Mio fratello – pensava – era una gazza; nascondeva tutto. Dove li avrà messi?
– Dove li avrà messi? – si chiedevano a vicenda la vecchia e il figliuolo – . E se non si trovano?
Consultavano trepidanti, l'una le amiche, l'altro gli amici.
– Con sè non li ha presi – diceva Andrea.
E l'Assunta:
– In che rischio ci ha lasciati, se non ci avvia a trovarli!
– Non ve ne mettete – rispondevano amiche e amici – . Male non fare e paura non avere! – Ma tra loro… Oh tra loro, strizzavan l'occhio e mormoravano: – Se li son presi; e fan bene a tenerseli!
Per poco i più arditi non gliela gettavano in faccia: – Meglio li godiate voi che quel birichino!
E quei poveri incolpati capirono che cosa volessero significare certe mosse di spalle, certe occhiate oblique, certi sorrisi sfuggenti, certe parole finte. L'Assunta piangeva e si premeva d'una mano il cuore; e Andrea scampanando, zappando e vangando ribatteva, quasi a persuadere in sè ogni incredulo: – Ladro io non sono mai stato! Ladro, io, non sarò mai!
Nemmeno il cappellano, che era stato mandato per economo dalla Curia, súbito dopo il mortorio, li consolava. Non conoscendoli, sospettava, taceva.
Ma più di tutto li sgomentava il silenzio di quell'altro, del fratello. Uscito dalla canonica all'entrare dell'economo, non si era più veduto lassù.
… E due giorni dopo, all'ultimo dell'anno, che faceva un gran freddo, la chiesa era piena di gente. Aspettavano la messa. Quando uno udì, o credè d'udire uno scalpitìo e un suono di squadroni sbattuti; e susurrò: – I carabinieri!
– I carabinieri! – susurrarono i vicini.
– I carabinieri! – avvertirono di panca in panca.
L'Assunta impallidì; gemè forte: – Signore! e Andrea, che per servir la messa accompagnava il prete dalla sagrestia, fu assalito da un tremito convulso. Intanto alcune donne si inginocchiarono alla balaustra per ricevere la Comunione.
E il prete sale il gradino, depone il calice sull'altare, apre il tabernacolo, si volta a segnar nell'aria, con la mano, la croce: ricorda ad Andrea che deve recitare il Confiteor. Ed ecco; il prete si volta ancora, tende il braccio a trar fuori dal tabernacolo la pisside; ma… Che è? che non è? Un cartoccio. Cade sull'altare, si apre: una di qua, una di là, due cose lucide scappan via, in terra, sonando. Monete? Marenghi? Che è? che non è?
– Miracolo! – esclama Andrea, più bianco in faccia che la sua cotta.
E le donne che sorreggono l'Assunta esclamano:
– Miracolo! Miracolo!
E tutti, in punta di piedi, ansiosi:
– Miracolo! Miracolo! I quattrini di don Fiorenzo!
Ricuperato l'onore, l'Assunta e Andrea si rallegrarono come fossero essi gli eredi del curato.
Solo, si sentivano in credito verso l'Americano appunto per quanto li aveva fatti soffrire; e quando poi egli