Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3. Ali Bey

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Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - Ali Bey

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un momento questo slancio d'amore filiale; ma vedendo un gruppo di gente disposta a saltare nella scialuppa, grido a questo buon figliuolo di lasciar la corda; ma ostinandosi a chiamare il padre, glie la faccio abbandonare con un pugno datogli sulla mano, e nell'istante medesimo la scialuppa vien portata dugento tese lontana dal Dao. Questa scena non durò un minuto; brevi momenti, ma spaventosi… Invece della dolce luce della luna che doveva rischiarare il nostro cammino, un denso velo di nere nuvole ci teneva in una profonda oscurità. Eravamo quasi nudi: i colpi di mare riempivano tratto tratto la scialuppa di acqua, e ad intervalli cadeva l'acqua a torrenti. Nasce una disputa; gli uni vogliono andare alla dritta; gli altri a sinistra, quasi fosse possibile di conoscere in mezzo alle tenebre la nostra direzione. La disputa facendosi più calda, io la feci cessare impadronendomi del timone, e loro dicendo con voce risoluta: io ne so più degli altri, e prendo il timone della scialuppa; guai a chi tentasse di riprendermelo.

      Aveva avanti sera assai bene osservata la posizione della terra, ma non sapeva qual direzione mi prendessi. In mezzo alle tenebre non potendo orizzontarmi, cercava, per quanto lo poteva, di conservare la mia posizione rispetto al bastimento che io vedeva ancora. Per colmo di sventura mi trovava attaccato da frequenti vomiti di bile: pure non abbandonai il timone.

      Ordinai di remare, ma i miei compagni non sapevano remare: assegno ad ognuno il suo posto, e dopo aver distribuiti i remi, ne insegno loro la manovra, e mi faccio a cantare sull'andamento de' marinai del mar Rosso per dar loro la misura, onde il movimento fosse uniforme. Quale spettacolo! Io mi trovava quasi nudo esposto ai colpi del mare, alla pioggia, alla grandine, colle mani attaccate al timone senza saper ove andare, molestato da violenti accessi di vomito, eppure obbligato di cantare per regolare la manovra. Talvolta la scialuppa, nostra ultima speranza, urtava nello scoglio, e ci faceva gelare il sangue. Finalmente dopo una lunga ora di così tormentosa angoscia, le nuvole si allargarono alquanto, ed un raggio di luce avendomi dato modo di orizzontarmi, e fatta rinascere nel mio cuore la speranza, gridai: siamo salvi. Allora drizzai la scialuppa verso la costa dell'Arabia, quantunque non fosse ancora visibile; e dopo tre ore d'immense fatiche, ci trovammo presso terra allo spuntar del giorno.

      Sbarcammo tutti quasi nudi o in camicia: eravamo quindici. Il nostro primo atto fu quello di abbracciarci a vicenda, felicitandoci della nostra salvezza; i miei compagni sopra tutto non potevano saziarsi di attestarmi la loro sorpresa per così buona riuscita; chiedevanmi come aveva potuto sapere malgrado tanta oscurità, che la terra era là… e per uno spontaneo movimento di riconoscenza, spogliaronsi di parte delle loro vesti per ricoprirmi; e per tal modo mi trovai ben tosto vestito, grottescamente è vero, ma riparato dal vento che soffiava freddissimo.

      Ci rimaneva a sapere a qual terra eravamo approdati. Mandai a riconoscerla quattro uomini; ed il loro rapporto mi persuase essere scesi in un'isola deserta, che altro non era che un piano di arena mobile senz'acqua, senza rupe, e senza vegetazione. Ben si vedeva la gran terra poche leghe lontana, ma come avventurarsi ancora nella scialuppa sopra un mare sempre burrascoso? e se la burrasca durasse alcuni giorni come potevamo durarla senza mangiare e senza bere? Il cielo che s'andava rischiarando, mi permise di vedere il nostro bastimento all'orizzonte accompagnato da un altro Dao. Quale non fu la nostra gioja nel rivederlo quando credevasi già perduto… Di dove veniva mai l'altro bastimento?

      Il tempo tornò ad imperversare: la pioggia cadeva a torrenti, ed un vento gelato ne toglieva quasi il sentimento. Ci tenevamo strettamente serrati gli uni contro gli altri, ed il solo cappotto che avevamo fu steso sopra le nostre teste; difendendoci in tal modo dalla pioggia e dal vento, e riscaldandoci alquanto. Verso mezzo giorno il tempo si calmò un poco, e la scialuppa dell'altro bastimento che andava in traccia di noi vivi o morti, si avanzò abbastanza per conoscere i segni che andavamo facendo con una camicia in cima di un remo. Bentosto si avvicinò; ed i marinai ci assicurarono che il Dao erasi salvato senza aver sofferte considerabili avarie, perchè era fortissimo, ed era quasi senza carico. Perchè aveva perdute tutte le ancore fu fortunatamente soccorso dall'altro, che arrivandogli sopra accidentalmente nell'istante del maggior pericolo, gli somministrò un'ancora e corde.

      Ci rimbarcammo sopra le due scialuppe, e tornammo al bastimento. Qual tenera scena fu quella del nostro amico a bordo! Tutti lieti di vedermi salvo gettavanmisi ai piedi piangendo d'allegrezza, mi abbracciavano, e non sapevano come significarmi la loro gioja, perchè ci avevano creduti inghiottiti dalle onde, come noi credevamo il bastimento spezzato contro lo scoglio. Il mio cuore non potè resistere a così tenera scena; e profondamente commosso da questa spontanea testimonianza del loro affetto, mi trovai gli occhi umidi di pianto.

      Nel terribile istante in cui abbandonai il bastimento, un uomo volendo saltare nella scialuppa era caduto in mare; e questa fu la sola vittima della tempesta. Si rimase questo e l'altro giorno all'ancora, per dar tempo di rimettere tutto in ordine nel bastimento, onde partire all'indomani.

Mercoledì 6

      Dopo avere navigato tutto il giorno, passata l'isola di Diebel-Hazen, ci ponemmo all'ancora sulla costa d'Arabia in sul cominciare della sera.

Giovedì 7

      Si entrò avanti notte nel porto di Jemboa, città abbastanza considerabile, e dopo Diedda la più importante della costa arabica.

Venerdì 8

      Il capitano volle trattenersi quel giorno a Jemboa per fare acquisto di ancore e di altri oggetti che gli mancavano, e per far raddobbare il bastimento.

Sabato 9

      Questo giorno si passò il tropico, e si gettò l'ancora ad Algiar. Feci colà alcune curiose osservazioni, che in seguito ho perdute.

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      1

      Termine usato universalmente dagli artisti per dinotare un pezzo di marmo grezzo.

      2

      Dopo l'epoca di cui parla il nostro viaggiatore Osman Bey fu avvelenato. (Nota dell'Editore Francese)

      3

      Avendo Ali Bey perduto il giornale del viaggio del Cairo a Diedda, fu obbligato di rifarlo col soccorso di alcuni fogli staccati; ed avendo poscia rifatta la stessa strada ritornando dalla Mecca al Cairo, di poco danno ha potuto essere la perdita delle particolarità rimarcate nella descrizione del primo.

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1

Termine usato universalmente dagli artisti per dinotare un pezzo di marmo grezzo.

2

Dopo l'epoca di cui parla il nostro viaggiatore Osman Bey fu avvelenato. (Nota dell'Editore Francese)

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