Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3. Ali Bey

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Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - Ali Bey

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è una piccola città che cade in ruina, abitata da circa cinquecento musulmani e trenta cristiani. Attesa la sua posizione all'estremità del mar Rosso, da questo lato è la chiave del basso Egitto, tanto più che non avvi alcun altro punto d'appoggio in tutta l'estensione del deserto.

      Il suo porto è così cattivo che i bastimenti del mar Rosso, detti Dao, non possono entrarvi che durante l'alta marea, e dopo avere sbarcato il loro carico. Ma il vero porto di Suez trovasi al sud in distanza di mezza lega sulla costa d'Affrica, ed è praticabile anche dalle grandi fregate.

      In faccia a Suez il mar Rosso non ha più di due miglia di larghezza in tempo dell'alta marea, e circa due terzi di miglio nella bassa. Lo sbarco è comodo assai; le strade della città di fondo arenoso sono regolari, ma non selciate; e le case, e le moschee vanno quasi tutte in ruina. Variabilissimo è il clima del paese. Il pubblico mercato è sufficientemente provveduto di alcuni articoli: riceve i viveri per mare delle due coste dell'Arabia e dell'Affrica; ed il monte Sinai somministra buone frutta e buone verdure. Il pane è mal fabbricato, i pesci e le carni scarseggiano, e talvolta queste mancano affatto. Il concorso dei convogli marittimi e delle carovane fanno circolare molto danaro tra quegli attivi abitanti, che tutti, niuno eccettuato, sono mercanti o facchini.

      Le acque più vicine a Suez sono i pozzi di El-Bir-Suez lontano una lega ed un quarto sulla strada del Cairo, e le El-Aayon-Moussa, o fontane di Mosè sono ancora più lontane; ma le prime sono salmastre, le seconde puzzolenti. La sola acqua buona è quella che si porta dalle montagne dell'est; e questa è carissima, ed in così piccola quantità, che talvolta conviene incontrare dispute e battersi per un otre di acqua. Il terreno che circonda Suez è così arido che non vi si vede un albero, nè un filo d'erba.

      I cristiani Greci di Suez vi hanno una chiesa ed un passo.

      La città è circondata di cattive mura, di alcune trincee, e di poche altre opere erette dai Francesi; ma tutti questi ripari non sono armati che di due o tre pezzi di cannone di due libbre di palla. Un negro schiavo d'un particolare del Cairo governava in allora Suez col titolo di Agà, ed aveva sotto i suoi ordini una trentina di Arnauti. Il suo kiàja, o luogotenente governatore disimpegnava pure le incombenze di giudice civile. Tutti questi soldati ed i loro capi guadagnano assai con i continui contrabbandi. In Suez non si esercita arte veruna fuorchè quella di calafattiere.

      Due soli giorni dimorai in questa città essendomi imbarcato il martedì 23 dicembre 1806 sopra un Dao per passare sul mar Rosso a Diedda.

      Il Dao è il naviglio arabo di maggior portata che veleggi su questo mare. Singolare affatto n'è la sua costruzione, l'altezza è un terzo al più della lunghezza del corpo del naviglio, e questa lunghezza viene inoltre accresciuta nella parte superiore da una lunga proiezione a prora ed a poppa in sull'andamento delle antiche galee Trojane.

Proporzioni del Dao da me montato

      Le corde sono di corteccia di palma, e le vele di grosso cotone. Porta tre vele di ricambio di diversa grandezza, e due piccole vele latine; ma non se ne spiega mai più d'una grande o piccola a seconda del bisogno. Il Dao da me montato non aveva altro carico che alcuni gruppi d'argento monetato, chiusi in sacchi suggellati dai negozianti di Suez o del Cairo, diretti ai loro corrispondenti di Diedda. Aveva noleggiata la camera per me solo; ed i miei domestici rimanevano nel corpo del bastimento con altri cinquanta pellegrini all'incirca. Il capitano era di Mokha, ed i quindici marinaj dell'equipaggio erano piccoli e neri come scimie. Dopo essere rimasto tre giorni all'ancora si mise alla vela in sull'avvicinarsi della sera del 26.

Sabato 27

      Avendo navigato tutta la notte e tutto il giorno del 27, si gettò l'ancora alle quattro della sera in un porto della costa d'Arabia chiamato El-Hamman-Piràoun, ossia bagni di Faraone. Dietro le mie osservazioni la longitudine di questo luogo è di 30° 43′ 25″ dell'osservatorio di Parigi alla punta del Capo Almarhha.

Domenica 28

      All'entrare della notte si gettò l'ancora in vicinanza della città di Tor sulla costa d'Arabia.

Lunedì 29

      La mattina il nostro Dao entrò nel porto di Tor, ove restò all'ancora tutto il giorno. Le mie osservazioni mi diedero la longitudine di 31° 12′ 55″.

Martedì 30

      Si tenne il mare tutto il giorno, e passammo innanzi al Capo Ras-Aboumohhammed sulla costa medesima.

Mercoledì 31 dicembre 1806

      Dopo aver navigato tutta la notte per attraversare il braccio di mare che si avanza entro l'Arabia, chiamato Bahàr el-Akkaba, il nostro capitano fece gettar l'ancora avanti sera in un piccolo porto chiuso, posto in una delle isole Naàman, ossia degli struzzi.

Giovedì 1.º gennajo 1807

      Si veleggiò tutto il giorno, e verso sera si diede fondo sulla costa d'Arabia.

Venerdì 2

      La stessa manovra del precedente giorno.

      La navigazione del mar Rosso è spaventosa. Si viaggia quasi sempre in mezzo a scogli ed a rupi a fior d'acqua; di modo che per dirigere il bastimento conviene tener sempre quattro o cinque uomini sulla prora che osservino attentamente la strada, ed avvisino colle loro grida il timoniere di piegare a dritta o a sinistra: ma se essi s'ingannano, se scoprono lo scoglio troppo tardi, se il timoniere che non vede gli scogli non se ne scosta abbastanza, o scostandosi troppo porti il naviglio sopra uno scoglio vicino non osservato, se intende a rovescio il grido, come suole talvolta accadere, se nel breve intervallo della scoperta dello scoglio sott'acqua e dell'avanzarsi del bastimento al luogo del pericolo, il vento o la corrente si oppongono al cambiamento di direzione: quanti istanti si cammina tra la vita e la morte in così pericolose acque! Perciò contansi tutti gli anni molti naufragj su questo mare, che sembra vendicarsi dell'audacia dei naviganti: ma che è mai il timore della morte contro l'allettamento del guadagno? I navigli Arabi che portano i preziosi prodotti dell'India, della Persia, e delle Arabie solcano continuamente questo mare avido di vittime.

      Per mettere alcun riparo a tanti inconvenienti i Dao hanno al disotto una falsa carena, che quando si tocca ammorza alquanto il colpo, e salva il naviglio, se la scossa non è troppo violenta. D'altra parte l'immensa vela di cotone quasi grossa un dito, la sua cattiva forma che richiede la stessa manovra d'una vela latina, dovendosi per cambiar rombo staccare la vela che allora volteggia come un immenso stendardo, e dà scossa terribili; le corde grossolane di corteccia che ubbidiscono a stento: tutti questi inconvenienti rendono la manovra così pesante e tarda, che io stesso sono sorpreso come i naufragj non siano molto più frequenti. In un naviglio quindici uomini d'equipaggio non bastavano ogni volta per manovrare la vela, e rendevasi necessario l'ajuto de' passeggieri.

Sabbato 3

      Passammo in mezzo al gruppo delle molte isole Hamara, e si gettò l'ancora presso una di loro.

Domenica 4

      Si diede fondo in sul far della notte presso un'isola in mezzo agli scogli.

Lunedì 5

      Giorno terribile. Dopo la mezza notte si levò una furiosa burrasca. Il vento rinfrescò talmente che alle due ore del mattino i colpi d'uragano succedevansi incessantemente con maggior violenza, onde in pochi minuti le gomene delle quattro ancore furono spezzate.

      Il naviglio in preda al furore del vento e delle onde fu spinto sopra uno scoglio, contro il quale incominciava a dare colpi terribili. L'equipaggio credendosi perduto gettava grida disperate. Tra questi clamori io distingueva la voce d'un uomo che singhiozzava e piangeva come un fanciullo; ed avendo chiesto chi fosse, mi fu risposto essere il capitano. Feci, ma inutilmente, cercare il piloto; onde vedendo la cosa disperata perchè il naviglio, abbandonato alla sua ventura, continuava a dar colpi orribili, non volli aspettare che si aprisse contro gli scogli: grido ai miei domestici: la scialuppa; ed essi se ne rendono all'istante padroni. Allora

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