Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3. Ali Bey

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Viaggi di Ali Bey el-Abbassi in Africa ed in Asia, v. 3 - Ali Bey

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gli eccessi, e non sa rendersene indipendente. Altronde i grandi scheih avendo sotto questo governo molta influenza e libertà, lo sostengono con tutte le loro forze. Il soldato tiranneggia, ed il basso popolo soffre, ma tacciono i grandi perchè non soffrono, e la macchina va alla meglio. Intanto il governo di Costantinopoli privo di energia per tenere tutt'i paesi sotto l'immediata sua dipendenza, si accontenta di una specie d'alta signoria, che gli frutta alcuni leggieri sussidj, che ogni anno sotto varj pretesti cerca di accrescere. I pochi Mamelucchi che rimangono ancora, vivono rilegati nell'alto Egitto, ove non giugne la potenza di Mehemed Alì: ma siccome questi per una singolarità della natura non possono colla generazione mantenere la loro popolazione in Egitto, e loro non è permesso di tirarne altri dall'Asia, si ridurranno tra poco al nulla. Elfi Bey col suo corpo di Mamelucchi, di Arabi, di Turchi e di rinnegati scorre il deserto di Domanheur. Il governo di Costantinopoli non può fare verun conto d'Alessandria, la quale per la sua posizione geografica non è nè città Egiziana, nè città Turca: tale è il quadro fedele dello stato politico dell'Egitto.

      Io non prenderò a descrivere la città del Cairo, troppo nota a tutti gli Europei; nè a parlare dell'immenso suo traffico presentemente ridotto in misero stato per le guerre d'Europa, per la rivoluzione de' Mamelucchi, e per i progressi de' Wehhabiti; nè de' principali scheih ond'è formato il suo governo, perchè il presente sistema dipende in gran parte dall'arbitrio del Pascià.

      Quantunque le piramidi di Djizè fossero allora circondate d'Arabi ammutinati, e che fosse pericoloso l'avvicinarsi, volli ad ogni costo tentare di vedere questi colossi inalzati dalla mano degli uomini. Recatomi a Djizè m'avanzai verso le piramidi scortato della mia gente armata fino al punto in cui la prudenza permetteva d'inoltrarsi.

      L'immaginazione senza il soccorso del tatto non basta per formarsi un'adequata idea delle piramidi, della colonna d'Alessandro, e di tutt'altro oggetto di forme e proporzioni inusitate. Aveva meco un telescopio acromatico, ed il canocchiale militare di Dollond. A forza di confronti, di avvicinamenti e di raziocinj, io mi lusingo d'aver potuto formarmi un'idea se non del tutto esatta, lo che è impossibile quando non si consulta che un solo senso, almeno assai prossima alla verità.

      Io non parlerò delle loro dimensioni, perchè la commissione d'Egitto ha completamente esaurito l'argomento: basta sapere che sono le più grandi moli che esistano.

      Tre sono le piramidi di Djizè; una delle quali minore assai delle altre due: ma tra le due maggiori io credo non esservi la differenza indicata da' viaggiatori.

      Il profondo storico de' traviamenti dello spirito umano, il sig. Dupuis, ha detto che la grande piramide è fatta in modo, che l'osservatore posto al piede il giorno dell'equinozio vedrebbe il sole a mezzogiorno come seduto o appoggiato sulla sua cima. Ciò vuol dire che il piano inclinato o la faccia della piramide forma col piano dell'orizzonte un angolo eguale all'altezza meridiana del sole a tale epoca, ossia eguale all'altezza dell'equatore. Le piramidi essendo esattamente poste nella latitudine di 30 gradi N., ne viene che quest'angolo dev'essere di 60 gradi. Ora siccome tutte le faccie pajono essere egualmente inclinate, il profilo della piramide tagliato perpendicolarmente dalla sommità alla base per il mezzo delle due opposte faccie, deve esattamente rappresentare un triangolo equilatero. Questo felice azardo, prodotto dalla più semplice figura rettilinea, adoperata nella costruzione di un edificio, produsse questo bel fenomeno, e diventò per me uno sprone che mi spinse a verificarlo.

      Quando osservansi le piramidi a qualche distanza ci sembra che abbiano la base alquanto più lunga che i lati, ossia l'angolo della sommità più aperto, e più ottuso che gli angoli della base; ma questa illusione deriva dal vedersi quasi sempre due lati della piramide, ed allora vedesi la diagonale del quadrato della base, che di sua natura è più lungo che un lato; lo che rappresenta all'occhio le piramidi schiacciate quantunque la loro altezza sia eguale alla lunghezza d'uno dei lati della loro base.

      Fu pure sciolto il problema rispetto alla loro destinazione, sapendosi destinate per ultimo soggiorno de' sovrani che le inalzarono. Gli Arabi le chiamano El Haràm Firàoun, e raccontano mille scioccherie delle loro strade sotterranee, che stendonsi sotto tutto il basso Egitto.

      È noto che su questi antichi monumenti non vedonsi nè iscrizioni, nè geroglifici che possano condurci alla cognizione de' tempi in cui furono fatte. La più grande viene attribuita a Cheops che viveva circa ottocento cinquant'anni avanti l'era cristiana; ma io inclino a crederla anteriore ai tempi storici, perciocchè se fosse opera di quel principe avremmo altre testimonianze oltre quelle di Erodoto sopra un monumento che a' suoi tempi doveva eccitare l'universale ammirazione.

      A' piedi della maggior piramide vedesi un dovar arabo, che serve di scala per formarsi una più esatta idea delle sue vaste dimensioni.

      Presso alle piramidi vidi la Sfinge busto o testa formata d'una rupe di enorme grandezza, che gli Arabi chiamano Aboullahoul. Io ne rimarcai perfettamente l'acconciatura di capo, gli occhi e la bocca; ma perchè mi trovava quasi in faccia non potei vederla di profilo come lo desideravo.

      Il piano e le colline del Sahhara affatto coperti di sabbia bianca mobile chiudono la vista all'occidente.

      Djizè è posto sulla sponda sinistra del Nilo. Altra volta, secondo che mi fu detto, questo borgo era un luogo di delizie circondato di belle case di campagna e di giardini; al presente è un tristo villaggio popolato soltanto di soldati Arnauti, che non possono meglio rassomigliarsi che a banditi.

      Ritornando da Djizè visitai l'isola di Roudi o Rouda sul Nilo presso la riva destra. Questa isola oggi abbandonata fu anticamente un piccolo paradiso coperto di deliziosi giardini. All'estremità meridionale entro una specie di profondo cortile che comunica colle acque del fiume trovasi il celebre mikkia, colonna innalzata per misurare giornalmente l'altezza delle acque del Nilo in tempo della escrescenza. A quest'effetto è diviso in cubiti disuguali, o a dir meglio inesatti, ed in dita, di modo che chiunque può calcolare l'abbondanza del successivo raccolto. Ma oggi questo monumento di tanta importanza è abbandonato ad un corpo di soldati, o a dir meglio di barbari, che sembrano cospirare alla sua distruzione. Allorchè sbarcai fui condotto sopra un ammasso di ruine abbandonate, di dove vidi con estremo dolore e sorpresa, che in breve preparavasi la stessa sorte al mikkia. Di già una moschea ed altri edificj vicini al mikkia sono stati atterrati; di otto colonne che ne formavano la galleria, quattro giacciono nella polvere, i tetti cadono a pezzi, e per affrettare il troppo lento lavoro del tempo, i soldati levano il piombo che unisce le pietre ed i legni del coperto: per cotal modo si accelera la ruina di un edificio così utile, e che da tanti secoli contribuisce alla gloria dell'Egitto.

      I Francesi in tempo della loro spedizione in questo paese avevano ristaurato il mikkia, e ristabilito l'ordine del servizio; ma ogni cosa fu distrutta a quest'ora, e la medesima colonna del mikkia sarebbe già atterrata, se non fosse appoggiata ad una grossa spina trasversale che i Francesi posero sul capitello. Domandai se non eravi persona incaricata della custodia di un edificio di tanta importanza, e mi fu risposto: Chi pagherebbe? Perchè almeno non si provvede d'una porta che ne chiuda l'ingresso? Ciò ancora richiede denaro; altronde i soldati leverebbero la porta e la serratura… – Colle sole lagnanze si può rispondere a sì grande apatia. Sospettai che lo stesso Mehemed Alì cospirasse dal canto suo come gli altri alla distruzione del mikkia, di cui anche il Califfo Omar pare che desiderasse l'annientamento.

      I muri del cortile nel di cui centro trovasi il Mikkia hanno l'esterno di pietre quarzose, e dello stesso sasso è la scala per cui si scende a basso, come pure la colonna che non potei avvicinare per essere circondata dall'acqua. Una elegante cupola di legno ond'era ricoperto il cortile e la colonna, viene ogni giorno esportata a pezzi.

      Un simile monumento in tutt'altro paese in cui il raccolto discende dalle pioggie e da altre cagioni accidentali, sarebbe superfluo e fuor di luogo; ma in Egitto ove l'abbondanza o la sterilità dipendono unicamente dal grado d'elevazione periodica delle acque del Nilo, avendo l'esperienza dato un esatto

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