il verbo fereg, “scindere, fendere;” e son certo che questa parola mal copiata o piuttosto male scritta in arabico dall'autore, greco di Sicilia, sia il plurale irregolare di un vocabolo che significasse “scissura;” proprio il greco σχῖσμα. Non lascia luogo a interpretarla altrimenti la voce precedente mofâreka, che si accorda grammaticalmente con questa, e che è l'aggettivo feminino cavato dalla terza forma del verbo ferek, “separare, disgregare.” Si corregga dunque la versione: “L'anno 6407 varie fazioni guerreggiaron tra loro.”
Occorre di aggiugnere che il nome di Francoforte o altro simile non poteva esistere in Sicilia avanti i Normanni; e che non v'ha in oggi, nè v'è mai stato. Il comune attuale di Francofonte, e non Francoforte, fu fondato nel XIV secolo.
139
Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167; MS. di Bibars, fog. 123 recto. Il Nowairi, nella Storia di Sicilia presso Di Gregorio, Rerum Arabicarum, p. 11, senza fare menzione delle guerre che seguirono, dice Abd-Allah eletto emir di Sicilia il 287; e nella Storia d'Affrica data da M. De Slane in appendice a Ibn-Khaldûn, Histoire des Berbères, p. 431, lo fa andare in Sicilia il 284, sbarcare nel mese di giumadi primo (giugno 897), espugnare Palermo, e accordare poi l'amân. Da ciò si conferma la incertezza delle sue compilazioni.
140
La Cronica di Cambridge dice che Abd-Allah “passò” di Affrica a Mazara il 24 luglio; Ibn-el-Athîr che “arrivò” in Sicilia il primo di scia'bân, che risponde al primo agosto.
141
Questi è Ibn-Khaldûn, nella Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 57 del testo, e 134 della versione di M. Des Vergers. Non so donde abbia cavato tal particolare l'autore, che nel resto del racconto compendia Ibn-el-Athîr.
142
Nei due MSS. di Ibn-el-Athîr si trova il secondo nome senza punti diacritici. Credo vada letto Bâgi. Questo, a detta del Lobb-el-Lobbâb di Sojuti, edizione del Veth, può esser nome di famiglia persiana, o nome etnico derivato da Bâgia, chè così addimandavasi una città della penisola spagnuola (Beja in Portogallo); un villaggio in Affrica (Bedja nell'odierno reame di Tunis, città dentro terra a poca distanza da Tabarca); e un villaggio presso Ispahan in Persia.
143
Traduco “vespro” la voce 'asr che indica una delle ore della preghiera, e risponde a ventun'ora, secondo l'antico modo italiano, cioè nei primi di settembre, e in Palermo, alle tre e mezza dopo mezzodì. Veggansi le tavole delle ore delle preghiere musulmane alla latitudine del Cairo, presso Lane, Modern Egyptians, tomo I, p. 302.
144
Il Baiân dice combattuta la giornata “alle porte della città;” il che si deve intendere fuori i sobborghi, poichè Ibn-el-Athîr dice occupati questi dopo la vittoria. È da ricordarsi che la strada da Trapani a Palermo infino alla metà del XII secolo, e forse più oltre, passava per Carini, come il mostrano gli itinerarii di Edrisi. Però dovea correre per una delle valli che fiancheggiano Monte Cuocio, e uscire alla pianura, sia tra Bocca di Falco e Baida, sia tra questa e la montagna di Petrazzi, lungo la linea della nuova strada da ruota di Torretta.
145
Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr, anno 287, MS. A, tomo II, fog. 167, seg.; e MS. di Bibars, fog. 123 recto, seg.; Baiân, tomo I, p. 125; Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, p. 132, seg.; Chronicon Cantabrigiense, p. 43; Giovanni Diacono di Napoli, Traslazione del corpo di San Severino, presso Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 60, ripubblicato da Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 269. È maraviglioso lo accordo di Giovanni Diacono coi cronisti musulmani intorno la importanza dei fatti; e della Cronica di Cambridge, di origine greca, con Ibn-el-Athîr, su la data della battaglia di Palermo, che l'uno porta il 10 di ramadhân, e l'altro l'otto di settembre, che è appunto il riscontro del calendario cristiano col musulmano.
146
Questi versi sono trascritti da Ibn-el-Athîr nella notizia biografica di Abd-Allah, anno 289, MS. A, tomo II, fog. 172 recto; MS. C, tomo IV, fog. 279 recto; e MS. di Bibars, fog. 129 verso; e con qualche variante da Ibn-Abbâr, MS. della Società Asiatica di Parigi, fog. 33 verso. Mettendo nell'ultimo verso un punto diacritico sotto la h della voce b hâr e leggendola bigiâr, che vuol dire accanto, in vicinanza, traduco così:
“Bevo la salutar bevanda, in terra straniera, lungi da' miei e dalla mia casa:
“Ahi! soleva altre volte appressarla a'labbri, quand'io tutto olezzava di muschio e d'aloe;
“Ed or eccomi in mezzo al sangue, tra i vortici del fumo e il polverio.”
Ho reso “salutar bevanda” la voce dewâ, medicamento, farmaco.
147
Iakût nel Mo'gim el-Boldân, MS. di Oxford, articolo Palermo, trascrive uno squarcio della descrizione d'Ibn-Haukal, nel quale si dà questo numero di moschee e si ripete quel di 300 del resto della città, che si conoscea secondo la descrizione da me pubblicata. Quel passo va or corretto secondo Iakût, la cui aggiunta ne compie la sintassi che rimanea sospesa.
148
Oltre ciò che ho detto su la topografia di Palermo nei capitoli precedenti, veggasi Ibn-Haukal, Description de Palerme, da me pubblicata nel Journal Asiatique, IV série, tomo V, p. 94, 95; e nell'Archivio Storico Italiano, appendice XVI, p. 22. I nomi delle porte della città antica che troviamo in Ibn-Haukal, ci permettono di fissare il perimetro. Movendo dalla odierna parrocchia di Sant'Antonio saliva verso libeccio per l'altura ov'è il monastero delle Vergini, continuava per la strada del Celso fino a Sant'Agata la Guilia, volgeasi a scirocco lungo una linea che or si tirasse dalla cattedrale allo Spedal grande, e, ripiegandosi verso greco, toccava gli attuali monisteri dei Benfratelli e Santa Chiara, Università degli studii, Uficio della Posta, Monistero di Santa Caterina, donde tornava alla chiesa di Sant'Antonio. Figura ellittica, il cui asse maggiore coincidea con la strada del Cassaro d'oggi presa dalla cattedrale a Sant'Antonio. A quest'asse correan quasi paralelle, d'ambo i lati, due strade che agevolmente oggi si riconoscono, anguste e serpeggianti come tutte quelle del medio evo; l'una dal Monastero delle Vergini alla Beccheria vecchia (Ocidituri); l'altra dal Palagio Comunale al monastero di Santa Chiara. Non si badi molto alla pianta del Morso, Palermo antico, che si riferisce ai tempi normanni, e d'altronde è inesattissima.
149
Riscontrinsi: Ibn-el-Athîr; il Baiân; e Ibn-Khaldûn ai luoghi citati nella nota 2 della p. 67 del presente vol. Il Baiân dice espressamente che Abd-Allah entrava dopo accordato l'amân il venti di ramadhân.
150
Johannis Diaconi Neapolitani, Martirio di San Procopio presso il Gaetani, Vitæ Sanctorum Siculorum, tomo II, p. 60; e presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tomo I, parte IIª, p. 269.
151
Vita di Sant'Elia, presso il Gaetani, op. cit., tomo II, p. 73.
152
Si trova nel solo Ibn-el-Athîr, in un passo di cui abbiamo tre MSS. con tre lezioni diverse: Bartibûa, Iartînûa, e nel MS. ordinariamente più corretto, Bartanobûa. Facendo astrazione delle vocali non accentuate, il nome si riduce a sette lettere, alcune delle quali posson variare secondo i punti diacritici. Le lettere sono: 1ª b, i, n, t, th, e può anche rispondere alle nostre p e v; 2ª r, ovvero z; 3ª t; 4ª e 5ª stesse lettere che la prima; 6ª w, ovvero û; 7ª a, la quale potrebbe esser muta, onde la finale è anche incerta tra û e wa. Combinando le consonanti con varie vocali, la migliore lezione sembra Neritînû, che risponde al nome dato dai geografi antichi ai popoli di Neritum in terra d'Otranto. Neritum, oggi Nardò, città poco lontana dal mare, fu assai importante nel medio evo, fatta sede vescovile nel XV secolo. Ma la mia conghiettura è