La plebe, parte III. Bersezio Vittorio
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Trasse un po' in là Ester e si tolse dalle spalle il mantello: nell'ombra lucicchiavano vivamente gli occhi della giovane ebrea fissati su di lui con infinito ardore. Nella mente del medichino sorse di botto un sospetto, ch'egli accolse come una speranza, ed era questo: che la fanciulla avesse inventata la novella della sua maternità per avere un mezzo potente da farlo venire da lei.
– Ehi Debora: diss'egli alla vecchia che, richiusa ben bene la porta, s'avanzava trascinando le sue pianelle scalcagnate verso il centro della stanza: se tu accendessi un lume non faresti male; qui non ci possiamo nè anco veder in viso.
La fante prese una lucernetta sucida di ottone, invasa dal verderame e, venuta presso il fornelletto l'accese mercè uno zolfino: i deboli raggi giallognoli di quella poca luce si diffusero oscillando per la tenebrìa di quello stanzone; gli occhi di Gian-Luigi corsero a mirare così rischiarati i lineamenti di Ester, la quale stava immobile, piantata, a quel luogo dove l'aveva spinta la mano di lui, allontanandola da sè. La emozione di quel momento aveva arrossite le guancie della giovane così che non ci si vedevan più quelle traccie dei patimenti a cui da alcun tempo andava soggetta, le quali quella stessa mattina ci aveva notate suo padre.
– Eh via, pensò Gian-Luigi: è stato un sotterfugio di questa furbacchiotta per farmi venire.
E si riavvicinò con un sorriso malizioso alla giovane che rimaneva ancora immobile a quel luogo.
– Ester, diss'egli, tu hai voluto vedermi ad ogni costo, non è vero? Ma come diavolo ti è saltato in mente di usare un mezzo qual fu quello del bigliettino che mi hai scritto?
La giovane lo guardò stupita, senza comprendere.
– Tu mi hai fatto bestemmiar la sorte e maledire il Cielo, poichè più disgraziato avvenimento non poteva capitarci di quello che mi annunziavi…
Ester cominciò allora a capire il sorriso e il tono di leggerezza dell'amante.
– Che? esclamò essa con isdegnosa vivacità nell'accento e nella mossa, avanzandosi d'un passo verso di lui: tu dubiti?..
Levò le mani verso il cielo in un atto di protesta, di meraviglia, di risentimento, cui non aveva parole a poter bene esprimere.
– Debora! soggiuns'ella dirigendosi alla fante come per prenderla a testimonio di tanto eccesso: egli non crede alle mie parole, egli mi accusa di menzogna, egli nega fede alla mia sventura.
Queste parole, il modo ond'eran dette, il profondo turbamento dei tratti di lei, furono prova più che sicura a Gian-Luigi che la novella scrittagli da Ester era una verità. Le si accostò, la prese per la mano, e piantandole negli occhi il suo sguardo, disse con accento cupo che pareva una minaccia:
– Gli è dunque vero?.. Maledizione!..
La giovane tolse via la sua dalla mano di lui, e si arretrò spaventata.
– Luigi!.. Eterno Iddio!.. Tu mi fai paura.
Il medichino si frenò di subito con quel dominio su se stesso che gli abbiamo già visto esercitar tante volte.
– Via, via, riprese egli con aspetto tornato tranquillo, pensiamo freddamente ai casi nostri… Abbiamo del tempo innanzi a noi; prima che la cosa possa venire scoperta, ci rimane agio ad immaginare e porre in esecuzione quel progetto che converrà meglio… Frattanto a te Ester che cosa sarebbe venuto in mente di fare?
Ester levò sul volto di lui i suoi grandi occhioni neri, e disse lentamente a voce bassa:
– Mi sembra che una cosa sola mi rimane da poter fare: fuggire, andare a nascondere la mia colpa all'abbominio de' miei ed all'ira di mio padre.
Gian-Luigi crollò le spalle.
– Fuggire!.. Dove?.. Come e in qual luogo trovare questo ritiro?
La fanciulla lo interruppe con accento quasi severo:
– Ho pensato che codesto era dover tuo e che tu l'avresti compito.
Il medichino non dissimulò un atto d'impazienza.
– Dovere! dovere! diss'egli. Eh! ho io ben altri affari e di maggior rilevo a cui pensare.
Ester impallidì nello stesso mentre che i suoi occhi lanciavano fiamme.
– Tu parli non solo come uno spergiuro, disse ella con forza, ma come uomo senza cuore.
– Ah! non facciamo delle frasi e non scendiamo a bisticciarci per carità… Io non ti abbandonerò certo, e se una fuga sarà assolutamente necessaria, bene, ti ci aiuterò; ma prima di sobbarcarci ad un tal passo, vediamo se non ci sarebbe altro mezzo…
– E quale? proruppe la giovane con impeto. Non sai tu che apprendendo la verità, mio padre è capace di uccidermi?
– Ah! se ci fosse costì sotto mano un qualche dabbene da sposare!..
Ester drizzò il capo con moto vivace di risentimento e di ripugnanza.
– Se tu parli per ischerzo, diss'ella con nobile fierezza, questi non sono nè il caso nè il momento da ciò; se parli dassenno oh che stima e che amore hai tu di me?
Gian-Luigi non rispose, assorto com'egli apparve in un nuovo pensiero che gli rendeva cupa la fisionomia.
– Ci sarebbe pure un mezzo, diss'egli a voce bassa, non osando guardare in volto la fanciulla.
Fece una pausa: essa si accostò ansiosamente per udire ciò ch'egli stava per soggiungere; il tristo continuava smorzando ancora di più il suono delle sue scellerate parole:
– La mia medicina me lo può dare questo mezzo…
Susurrò alcune frasi cui potè cogliere soltanto l'orecchio di Ester verso la quale egli si chinò.
La giovane rimase immobile, fissandolo con occhi larghi come di chi non capisce, ma uno sguardo ratto e vivissimo di lui parve di colpo rischiarare in essa il senso di quelle misteriose susurrate parole; Ester si arretrò con una mossa ed un grido di orrore.
– Mio figlio!.. Mio figlio! esclamò essa con forza: osereste attentare alla sua esistenza?.. Ma io lo difenderò contro tutto e contro tutti.
– Calmati, calmati; disse Gian-Luigi che parve non aspettarsi quello scoppio di indignazione.
Ma i commovimenti in quell'anima sensitiva di fanciulla da parecchi giorni sì frequenti e sì vivaci l'avevano indebolita ed affranta. Ester si diresse vacillando verso la seggiola su cui soleva stare e lasciandovisi cadere abbandonata, coprendosi con ambo le mani la faccia, ruppe in un pianto dirotto.
Il medichino strinse le braccia al petto e rimase immobile a guardarla; sul suo volto era un'espressione di durezza malvagia ed ironica: quella d'un uomo che ad un suo volere incontra un inciampo nell'altrui debolezza che non gl'ispira se non fastidio e disprezzo.
La vecchia Debora s'accostò con interesse alla piangente e volle dirle alcuna parola di conforto; ma Ester non le prestò menomamente attenzione.
A poco a poco l'espressione della faccia di Gian-Luigi si venne rimutando; in presenza di quello sfogo di dolore della povera fanciulla, il quale in realtà gli rivelava tutto ciò ch'essa aveva sofferto e soffriva, alcuna parte dei buoni istinti della sua natura, che tuttavia