La plebe, parte III. Bersezio Vittorio

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La plebe, parte III - Bersezio Vittorio

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si badava, gli impediva il passo, e chinandosi verso la misera che piangeva, le prese una mano, glie la staccò con affettuosa violenza dal volto, e disse con voce veramente impressa d'amore questa sola parola:

      – Ester!

      In costei parve ritornata di subito la sua energia. Sorse di scatto, saettò il suo amante d'uno sguardo pieno di mille espressioni, e con forza d'accento quale danno soltanto le più accese passioni dell'animo, gli disse:

      – In tutto codesto sai tu ciò ch'io scorgo di più tremendo per me e che mi rompe il cuore? Si è che tu più non mi ami.

      Gian-Luigi volle protestare con un gesto: ma ella riprendendo con più vigore ancora:

      – No, più non m'ami… Se tu m'amassi, mi avresti tu parlato a quel modo?.. Tutto il resto posso sopportare, tutto affrontare… anche lo sdegno di mio padre: ma questa sciagura no… Ella mi fa perdere il senno, ella mi fa capace di tutto, sai!

      Pose le due mani sulle spalle del suo seduttore e stando lì faccia a faccia con aspetto di risoluzione in cui avreste detto esservi qualche cosa di feroce, continuò:

      – Sì, capace di tutto!.. Oh con che passione, con che furore io t'ami, tu non hai ancora saputo discernere… T'amo da commettere un delitto se tu mi tradissi… Sono gelosa come donna forse non fu mai… Io, qui, nella mia solitudine, talvolta, pensando che tu lontano potevi parlar d'amore a un'altra donna, soltanto rivolgerle uno di que' tuoi sguardi infuocati che mi hanno incendiata l'anima, io soffrii e soffro degli spasimi mortali… Se tu cessi d'amarmi, morrò… Se ne ami un'altra… Oh! sono capace di ucciderla quella donna.

      La esaltazione di questa giovane, ond'ella era fatta ancora più bella, commosse anche in quell'istante l'animo di Gian-Luigi. Rinacquero per allora le fiamme che in lui avevano desta la beltà della custodita fanciulla e la difficoltà di ottenerla; la cinse con appassionato amplesso fra le sue braccia, e le disse con accento di trasporto, in cui ciascuno avrebbe creduto sentire, e in quel punto era forse davvero la sincerità:

      – Ma sei tu, donna mia, che io amo al mondo: che parli tu di altre, che temi tu di abbandoni o tradimenti?.. T'amo!, t'amo! t'amo!

      La infelice Ester si abbandonò sul seno dell'amante con quella tenerezza e quell'intima gioia che le inondavano l'anima nei primi giorni dell'amor loro.

      Ma in quella, ecco all'uscio d'entrata una mano che picchiava dal di fuori, e la voce del vecchio Jacob che per la toppa della serratura cacciava dentro queste parole:

      – Apri, Debora, apri senza paura: son io.

      – Misericordia! il padrone! disse la vecchia fante quasi con isgomento.

      Ester si strappò dalle braccia dell'amante e fuggì come atterrita all'altro capo della stanza. Debora corse ad aprire.

      Il rigattiere entrò col suo passo, col suo aspetto, colla sua guardatura cautelosi e diffidenti; la prima cosa che vide fu la lucernetta accesa sopra il tavolo a metà della stanza.

      – Ecchè? diss'egli con voce piena di rampogna e di disgusto: non è ancora notte affatto chiusa e ci avete già il lume acceso! Che cosa vi salta in capo di sciupar l'olio di questa maniera?

      Nello stesso tempo ch'ei parlava, il suo sguardo corse per tutta la stanza; vide in un canto lontano dalla tavola su cui era il lume, la figliuola seduta, il capo chino sopra certo suo lavoro, come se fosse intentissima ad esso, benchè il fioco chiarore della lucerna che appena giungeva sino a lei non fosse tale da bastarle a lavorare, si meravigliò ch'ella non gli fosse mossa all'incontro come soleva ad ogni volta ch'egli rientrava, gli parve notare nel contegno di lei, nella ostinazione a tenere chinato il capo un certo imbarazzo; vide dritto presso la tavola a cui si appoggiava, il medichino senza la menoma traccia d'impaccio, egli, con tutta l'agiatezza che era propria della sua elegante persona; e la presenza di costui in casa sua, mentr'egli erane assente, dispiacque forte al vecchio ebreo.

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      1

      Badino i lettori che queste cose scriveva Maurilio parecchi anni prima del 1848.

      2

      Vincenzo Gioberti nell'aureo suo libro del Rinnovamento fa precisamente questo paragone quando dice che l'emancipazione della plebe e della donna è la missione precipua del presente secolo.

      3

      Espressione testuale dell'Azeglio.

      4

      Massimo d'Azeglio: I miei ricordi, vol. II, pagine 457-58.

      5

      Oggi codeste maniere dei graziosi Commissarii di polizia d'un tempo sembreranno favole ed esagerazioni; ma io faccio appello alla memoria di chi ebbe il disavantaggio d'esser giovane prima del 1848, e ognuno di essi son persuaso dirà che io sto ancora al di qua del vero.

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