La plebe, parte III. Bersezio Vittorio
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Molte ore sono passate dacchè abbiam visto il vecchio avaro prendere colla figliuola il suo pasto frugalissimo apparecchiato dalla modesta scienza culinare della vecchia Debora. Lo donne sono sole di nuovo nella stanzaccia a pian terreno; e l'ombra della sera, prima ancora del solito per la nebulosità della giornata, incomincia ad invadere quel luogo tristissimo, fatto più tristo da quell'ora crepuscolare. Come prima, come sempre da varii giorni, le donne parlano di quel tremendo avvenire che la sventurata maternità sopraggiunta minaccia alla povera Ester. Aspettano con ansia che Gian-Luigi, fattone avvertito, compaia a rassicurarle, venga a dir loro che ha bello e trovato il modo di salvare la povera figliuola dall'ira, che sarà implacabile, del padre.
In realtà Debora ha maggior dose di speranza di quel che non abbia la povera Ester. Questa, nei meno ardenti trasporti degli ultimi convegni avuti insieme, nella lunga di lui assenza, ha sentito nell'amante sminuita quella passione che gli aveva fatto superare ogni ostacolo, vincere ogni circostanza per potere arrivare sino a lei. Ora – e l'istinto di donna meravigliosamente lo avverte – ogni amore che scema è amore che parte; quando non si ama più all'eccesso si è avviati a non amar più abbastanza; dietro la calma del primitivo ardore, sta la indifferenza e la sazietà. Ester aveva immensamente sofferto anche prima che la terribile verità del suo stato le fosse rivelata; di poi la sua pena era diventata doppia, e soffriva passando a vicenda da un'esaltazione d'animo ad un abbattimento rassegnato, ma di disperazione sempre.
Debora adunque la confortava alla speranza con ogni miglior argomento che sapesse trovare; e la infelice fanciulla scuotendo la sua stupenda testa degna del pennello di Tiziano esclamava con cupa risolutezza che era tale da far paura:
– No, Debora, vedrai ch'egli non verrà nemmanco. Il perfido! E' mi ha dimenticata del tutto… Chi lo avrebbe creduto?.. Ah mio padre ha ragione. Tutti i cristiani sono mancatori di fede… Sai tu che cosa solo mi resta? Morire.
La vecchia alzava le mani secche e rugose verso il cielo, sclamando spaventata:
– Che cosa dite?.. Vi dà di volta il cervello Ester?.. Come siete sempre eccessiva, voi!.. Vi dico che il signor Quercia verrà, e troverà modo di levarvi di qui; ed io vi seguirò, perchè già non voglio mica rimanere allo sdegno di vostro padre che cascherebbe tutto su di me, e che non sarà una giuggiola, no; e tutto sarà aggiustato.
Ester lasciò cadere abbandonatamente sopra le ginocchia la bella destra con cui si sosteneva il viso, e reclinò sul petto il capo.
– Mio padre! diss'ella a mezza voce, ma con espressione di molto cordoglio nell'accento. Abbandonarlo!.. E sarà per sempre di certo… Non lo vedrò mai più, mai più in questa vita!.. E nell'altra?.. Ahi c'è forse un'altra vita?.. Ancorchè ci sia, mai più, mai più egli non mi perdonerà, vivesse gli anni dell'Eterno… La sua maledizione, quella maledizione onde mi minacciava poc'anzi mi perseguirà traverso i secoli con odio implacato… Ed egli ora mi ama pure!.. Quasi al pari de' suoi tesori… Ed io devo dargliene tanto dolore!.. Che farà egli, quando solo, senza più affetto nessuno, fuggito dalla figliuola?
Debora la interruppe.
– Eh! non vi crucciate di codesto… Che cosa farà? È facile indovinarlo. Si consolerà col suo denaro che in fin fine è ciò che ama di più, è anzi la sola cosa che ama.
Un picchio discreto risuonò all'uscio del cortile; le due donne sussultarono e si guardarono in faccia commosse.
– Se fosse lui! mormorò Ester diventata pallida, poi tosto arrossita.
– Gli è lui di certo: disse la fante levandosi più affrettatamente che poteva: ne riconosco il modo di battere, ve l'ho detto io che sarebbe venuto.
Si accostò all'uscio, e traverso i battenti gridò colla sua voce fiacca e balzellante da vecchia:
– Chi è là?
– Apri, Debora, son io: rispose la voce sonora di Gian-Luigi.
Ester fu dritta di balzo con un grido: e poichè le mani tremanti di Debora non erano abbastanza sollecite ad aprir la serratura e tirare i chiavistelli, accorse la giovane all'uscio ed in un attimo ebbe essa medesima spalancato il battente innanzi al suo amante che entrava avviluppato nell'ampio mantello scuro, il cappello rabbattuto sugli occhi.
La penombra che regnava in quell'ambiente, non lasciava scorgere alla giovane l'espressione della faccia di Gian-Luigi; e fu ventura per lei, chè l'aspetto d'impaziente contrarietà ch'egli aveva entrando sarebbe stato per la misera un nuovo dolore, una piena conferma dei timori che istintivamente provava l'anima sua. Ma pur tuttavia, qual differenza di maniere fra il presente contegno dell'amante e quello ch'egli aveva un tempo ne' suoi incontri colla fanciulla! Era egli allora che tosto, ratto, impetuosamente l'afferrava con amorosa violenza, la stringeva con braccia appassionatamente desiose, le copriva di caldi baci il leggiadro viso arrossito, le diceva un mondo di soavi parole amorose; ora Gian-Luigi entrò senza manco un saluto; fu essa che, lasciando a Debora il richiudere accuratamente la porta, gettò al collo di lui le sue braccia e tutta abbandonandosi al suo petto, disse con voce tremante d'emozione ed amore:
– Sei tu!.. Sei pur tu alla fine!.. Oh quanto tempo che non ci siam visti!.. Cattivo!.. Perchè rimaner tanti giorni?.. Li ho contati: e' mi parevano ciascuno un'eternità… Che cosa hai tu fatto in questo frattempo? Come non hai tu mai pensato a me? Potresti tu mai dimenticare che sei tu il sole della mia vita?
E queste parole, susurrate in quel tenace amplesso, venivano frammiste ai più caldi baci di quelle calde labbra color di corallo.
L'amoroso effluvio di quella avvenente persona che pendeva dal suo collo, l'ardore di quei baci che gli scoccavan fiamme nel volto, la passione di quelle parole poterono assai sull'animo di Gian-Luigi e ne dileguarono per quel momento la malavoglia e l'uggia con cui era egli colà venuto; onde fu con voce temperata a molto affetto e non senza rispondere col suo all'amplesso della giovane, che egli disse a sua volta:
– Dimenticarti, mia cara Ester!.. Non pensare a te!.. Sei tu la cattiva che puoi credere di simili cose e dirmele.
Le poche parole del giovane fecero maggior effetto sulla figliuola di Jacob che le molte della vecchia Debora. Ella sentì il suo cuore riconfortato. Per la donna, in generale, la parola dell'uomo che essa ama, per quanto destituita di prove, per quanto priva ben anco delle apparenze della verità, sarà sempre un'autorità degna di fede. Gian-Luigi poteva egli mentire? Mai più! Tanto eccesso di lui sì lo poteva ella pensare quando egli era lontano dagli occhi suoi, e non le stava presente la malìa della persona adorata; ma stretta dalle braccia di lui, sotto i suoi baci, udendone la dolcezza della voce, la misera, tutta posseduta dall'amore, non aveva più resistenza di sospetto, nè difesa di diffidenze.
– Tu dunque m'ami ancora? riprese Ester con più vivace prorompere che era tutto una gioia. Tu m'ami dunque?.. oh giuramelo di nuovo…
Queste parole raffreddarono alquanto l'effimero ardore che s'era suscitato in Gian-Luigi. Le donne hanno la grande smania di far ripetere giuramenti d'amore; e questa è od una inutilità, o una malaccortezza: se l'uomo continua ad amare, non v'è bisogno di nessun giuramento, il quale in realtà non riesce mai a guarentire in nessun modo l'avvenire, od egli ha cessato o viene cessando d'amare, e la necessità in cui lo si pone di dare un falso giuramento, o di subire una scena di rimproveri e di lacrime lo indispone anche peggio e gli accresce il desiderio di togliersi da quei legami. Fu qualche cosa di simile che provò Gian-Luigi, ed un poco di quell'impazienza con cui si era affacciato primamente alla porta gli rinacque nell'animo. Si sciolse pianamente dalle braccia della giovane, e senza rispondere altrimenti alle parole di lei, disse freddamente