La plebe, parte III. Bersezio Vittorio

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La plebe, parte III - Bersezio Vittorio

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Come potrai far sorgere l'edifizio novello? E saprai tu costrurlo? Ci vuole la potenza dei secoli. Un equilibrio dopo un più o men lungo scombuiamento riuscirà certo a stabilirsi; ma chi può assicurare che in questo nuovo equilibrio l'umanità starà meglio di prima? E non sarà pagato troppo caro questo ancor meno felice stato novello dalla terribilità della crisi avvenuta?

      – Tutte queste cose, credi tu che io non le abbia pensate?.. Forse a ricostrurre quel nuovo edifizio la tua intelligenza può essermi utile: ecco perchè io son venuto. Sento in me quanto esser debba il coraggio che affronta una simile risponsabilità, e questo coraggio io lo possedo. Ho lavorato finora nell'ombre, ma la mia opera è spinta oramai tanto innanzi che dal mio cenno dipende lo scoppio. Ancorchè tu mi manchi, questo cenno lo darò. Dal medesimo travaglio anche sanguinoso del conflitto, sorgerà la legge della civiltà avvenire. La società ora si viene corrompendo sempre più nel marasmo: come la natura, ha bisogno di quando in quando che alcuno sconvolgimento la desti e la fecondi per creazioni novelle. La rivoluzione è il percoter della selce: ne sprizzerà una scintilla…

      – E intanto si cammina verso l'ignoto. Non è vero che la natura proceda per iscosse violente e che il cataclisma sia l'elemento necessario d'ogni progresso nella creazione. Più attentamente esaminata la storia della natura è un lento e graduato svolgersi coll'opera del tempo. Così è dello incivilirsi del genere umano e del perfezionarsi delle forme sociali. Codesto procede in seguito all'azione di certe leggi morali, che forse un dì si scopriranno e definiranno, come furono scoperte e definite le leggi fisiche. Un uomo non può sostituire al giuoco di queste leggi il suo privato giudizio e la propria audacia. Finora non vi fu che un solo Messia sulla terra, e tu non puoi aver l'idea di dover essere il secondo. È l'opera di molti uomini, di molte generazioni che deve far ciò che tu sogni di ottenere ad un tratto. Per redimere la classe più infelice della società attuale, la plebe, non basta riporla materialmente in alto mandando in frantumi le attuali forme dell'ordinamento sociale; conviene che questa povera gente in prima venga rendendosi degna di stare là dove si vuole farla pervenire. Metti in mezzo alle ricchezze sociali le brutalità della plebe ineducata, e che cosa ne avverrà?..

      – Ma quando a guidare questa plebe ci sieno intelligenze superiori – le nostre, per esempio?..

      Gian-Luigi prese a Maurilio una mano e glie la strinse forte.

      – Maurilio! soggiunse. Noi possiamo avere in pugno quella forza meravigliosa – dirigerla a nostro talento.

      – Illusione! Rompi le dighe dell'Oceano, e poi cerca di regolare le onde irrompenti. Senti, Gian-Luigi!.. La mia idea è che i tuoi tentativi, qualunque essi sieno, cadranno nel nulla.

      Gian-Luigi fece un movimento.

      – E così mi auguro che avvenga: soggiunse vivamente Maurilio.

      – Così non avverrà, disse fieramente Gian-Luigi. Soccomberò forse, ma in un mucchio di rovine.

      – Soccomberai senza pure le rovine. Tu hai nemiche tutte le potenze del mondo, il denaro, i governi, la religione. E che vuoi tu fare da questo piccolo angolo di terra contro tutta la moderna civiltà europea? So che tu hai cercato alleanza nelle congiure politiche, come la rivoluzione politica ha cercato un sostegno nella questione sociale…

      – Ah! tu lo sai? domandò con meraviglia Gian-Luigi.

      – Sì, e giudico che soccomberete tutti…

      – No, per Dio! Qui non sarà tutta concentrata la lotta. Il segnale della grande rivoluzione scoppierà nelle nostre mura, ma si ripercoterà nelle città principali, e là specialmente dove la cresciuta industria del secolo ha creato più grandi agglomerazioni di proletari e in questi maggior coscienza dei loro diritti. Abbiamo relazioni colla Francia, col Belgio, coll'Inghilterra, colla Germania stessa, e dappertutto la rivoluzione politica si cambierà, appena sorta, in quella sociale… Io sono uno dei capi nelle cui mani vengono a serrarsi i fili di tutta questa rete, a me lo stringerli o l'allentarli: ho bisogno di un ingegno capace che m'aiuti nell'opera, ed ho pensato a te. Vuoi tu esser quello?

      Maurilio scosse il capo in segno negativo.

      – A noi due l'impero in questa società che ci ha disprezzati: soggiunse Quercia con voce bassa quasi affannosa.

      – Ah! tu mi tenti come Satanasso tentò Cristo: disse sorridendo Maurilio. Ma tutto è inutile. Non istimo vantaggiosa all'umanità l'impresa: non la credo possibile, e condanno assolutamente i mezzi che tu hai pensato di poter scegliere.

      Un lieve rossore corse alle guancie di Gian-Luigi.

      – Che vuoi tu dire? interrogò egli lampeggiando dagli occhi.

      E Maurilio, con calma, e quasi afflitto:

      – Ieri sera alla taverna di Pelone ho scoperto qual fosse l'individuo che porta il nomignolo di medichino famoso nella cronaca dei delitti…

      Gian-Luigi questa volta impallidì; ma in mezzo la sua fronte si disegnò quella tal ruga che conosciamo. Sorse di scatto, e disse con impeto e con accento di comando:

      – Taci! Non più una parola!

      Passeggiò in lungo e in largo per la camera alcuni istanti: poi si piantò di nuovo innanzi a Maurilio:

      – Ebben sì, son io quello… Vuoi tu perdermi? Vammi a denunziare al commissario Tofi, e n'avrai buon premio.

      – Gian-Luigi! esclamò con rampogna Maurilio.

      – Dovresti farlo! Avresti così tolto di mezzo un accanito ed implacabile nemico di quella società che tu hai preso a difendere così bene.

      Si serrò colle due mani la sua bella fronte da statua greca.

      – Tu credi ai miei delitti? ripigliò dopo una piccola pausa, con voce soffocata. Oh Maurilio! Chi ci avesse detto che ci saremmo trovati in questa guisa dopo tanto tempo che non ci siam più visti, quando eravamo tuttidue bambini al villaggio!.. Tu l'hai conosciuto fin d'allora, ch'io non poteva passare in mezzo al mondo ed estinguermi come una bollicina di schiuma nel mare. Non fosse che la fama d'Erostrato, qualche rumore si ha da fare intorno al mio essere… Un giorno converrà che tu sappia quali circostanze mi hanno trascinato là dov'io sono: allora forse mi compatirai… Se nella mia opera vinco, tutto il mio passato sarà come distrutto, assorbito nell'apoteosi della gloria; se soccombo non vi sarà imprecazione e disprezzo che basteranno ad infamarmi… Sono un Catilina; se Catilina avesse trionfato, Cicerone sarebbe stato un calunniatore, e Sallustio avrebbe fatto il panegirico del ristauratore della repubblica romana.

      In quel momento entrarono solleciti Don Venanzio e Giovanni Selva che tornavano dopo aver parlato colla Gattona. Tutti due avevano nelle sembianze una certa emozione.

      – Maurilio: disse il sacerdote con voce concitata; abbiamo da parlarti.

      – Li lascio in libertà: soggiunse Gian-Luigi. Addio Maurilio! Quando ci rivedremo molte cose, forse, saranno cambiate… E forse allora mi conoscerai meglio.

      Non gli tese la mano, nè Maurilio porse la sua; salutò con molto affetto il vecchio parroco.

      – E posso annunziare la tua visita alla buona Margherita? domandò quest'ultimo.

      – Sì, rispose allegramente Gian-Luigi, appena finito il carnevale.

      Ed uscì col medesimo sorriso col quale era entrato.

      – Andiamo da quella povera Ester, si disse scendendo le scale; a quest'ora Jacob non ci sarà, e quando sopraggiunga

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