Le Indagini Di Giovanni Marco Cittadino Romano. Guido Pagliarino

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Le Indagini Di Giovanni Marco Cittadino Romano - Guido Pagliarino

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né a privarsi dei propri beni come i cristiani, aveva iniziato a operare con Pietro come segretario e, conoscendo bene il greco e il latino, quale interprete e scriba.

      Dopo un paio di settimane dal sogno, era accaduto un altro fatto straordinario che Marco aveva inteso come suggello alla sua visione onirica. Si era appena entrati nell’anno nuovo, sempre regnante l’imperatore Claudio, quand’era giunta a Pietro una lettera di Barnaba con cui l’apostolo annunciava il suo arrivo assieme a Saulo: avrebbero condotto due carri con vettovaglie provenienti da una colletta in natura fatta ad Antiochia, in aiuto della Chiesa madre che in quel momento era in grave bisogno a causa d’una carestia scoppiata in tutto l’impero e particolarmente grave a Gerusalemme, dove il cibo in vendita era scarsissimo; manifestava inoltre l’intenzione d’intraprendere con Saulo un giro missionario che avrebbe toccato diverse città, e la speranza che il cugino Marco, di cui conosceva le capacità pratiche, li seguisse ad Antiochia e di qui li accompagnasse nel viaggio quale aiutante amministrativo.

      Pietro aveva chiamato suo genero e gli aveva detto: “Figlio mio, forse mi priverò del tuo aiuto?”.

      â€œHo sbagliato in qualcosa?” s’era turbato Marco.

      â€œNo, tutt’altro. Fatto è che Barnaba farà con Saulo un giro d’evangelizzazione in molte città, tra cui Perge dov’è sepolto tuo padre…”

      â€œâ€¦Perge?!”.

      â€œEbbene sì, e tuo cugino vorrebbe che tu accompagnassi lui e Saulo come segretario e amministratore; e avresti la possibilità di visitare la tomba del tuo genitore”: Pietro non sapeva del sogno di Marco perché suo genero l’aveva serbato per sé e dunque, considerando la gran fatica e i gravi pericoli del viaggio e temendo ch’egli fosse restio ad accettare, stava tentando di convincerlo.

      Marco, col cuore colmo d’emozione, aveva inteso invece l’invito di Barnaba come il sigillo del Cielo, in assoluta sintonia con quella che ormai s’era rivelata una profezia. Così, con grandissimo trasporto aveva senz’altro aderito.

      â€œAh no, eh?!” s’era dovuto ricevere tuttavia da sua madre, quand’ella aveva saputo della sua prossima partenza: “È un viaggio pieno di pericoli! Lo sai benissimo che non mi fa nessun piacere che tu giri per il mondo: non ti basta quel che successe a tuo padre?!”.

      â€œDovrò pur visitarne il sepolcro, prima o poi, non ti pare?” le aveva risposto Marco con tono severo: “Che figlio sarei se l’ignorassi per tutta la vita?! E inoltre dovresti ben sapere che Cristo non vuole vigliacchi. Mamma, non interferire mai più”.

      La donna aveva chinato il capo.

       (Indice)

      La nave, salpata da Seleucia presso Antiochia alla volta dell’isola di Cipro, provincia romana senatoria, dopo 155 miglia di non difficile navigazione grazie alle correnti solitamente deboli in quella zona di mare, aveva attraccato nel porto di Salamina, prima tappa del viaggio missionario. Barnaba, Saulo e Marco erano stati alloggiati da un fratello di fede membro della piccola comunità cristiana da cui il primo dei tre era stato a suo tempo evangelizzato.

      Gli ebrei erano numerosi in città e c’erano diverse sinagoghe. I due apostoli e Marco, essendo anch’essi giudei, vi avevano libero accesso; così Barnaba e Saulo, accompagnati dal giovane, il primo sabato erano entrati in una di esse e, dopo le comuni orazioni cogli altri partecipanti, avevano predicato Gesú Cristo risorto:

      Aveva iniziato a parlare Barnaba, essendo nella sua città e conoscendo molti dei presenti. Preso un rotolo della Torah che riportava insegnamenti del libro Vaykrah, ne aveva letto questo versetto: “Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo! Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento”17. Aveva commentato: “Figli d’Israele, ci fu insegnato dai sacerdoti e dagli scribi del tempio di Gerusalemme, ma non dall’Altissimo, che il Signore è l’onnipotente che neppure si può citare per nome, la divinità che si deve servire con timore, e ci fu detto che, quando si tradisca questo dovere, egli castiga, non solo non concedendo la vita eterna ma inviando sventure e malattie al colpevole e ai suoi discendenti; ed è per questo che voi considerate i più gravi fra tutti gli ammalati, gl’inguaribili e intoccabili lebbrosi, come peccatori imperdonabili, sebbene il precetto che vi ho appena letto avesse in origine solo e soltanto uno scopo igienico, evitare il contagio, senz’alcuna condanna morale per l’ammalato. Ebbene, figli d’Israele, Gesú, il Messia che noi predichiamo, aveva dato un fortissimo segno di chi è davvero l’Altissimo proprio toccando e guarendo un lebbroso! Secondo la spietata mentalità diffusa da sacerdoti e scribi, il Messia si sarebbe in tal modo reso impuro nel cuore, sebbene egli avesse toccato l’intangibile per carità al fine di mostrare, ancor prima di sanarlo, che il poveruomo, come tutti i suoi simili, nient’affatto era un peccatore colpito dal Cielo; ed era stato proprio grazie all’amore di Gesú verso quel malato che lo Spirito, che è l’assoluto Amore, aveva operato il miracolo di guarigione. Amici! Durante tutta la sua vita il Messia del Padre celeste s’era impegnato a ribaltare il sentire da schiavi di noi figli d’Israele, da gran tempo ormai sottomessi acriticamente al potere dei sacerdoti e dei dottori della Legge trascurando gl’insegnamenti ricevuti a mezzo dei Profeti del Signore. Gesú aveva rivelato che, per l’Altissimo, purità e impurità sono nelle nostre decisioni buone o cattive, non nei gesti cultuali individuali e neppure nei riti religiosi collettivi inventati dai capi dei giudei; e aveva svelato che Dio, per amore, si pone lui al servizio degli uomini e non domanda affatto d’esserne servito: ci chiede invece d’imitarlo amandoci e aiutandoci gli uni gli altri. Gesú era stato il primo a prestare servizio al suo prossimo dando l’esempio, lui l’Unto del Padre s’era abbassato a servo insegnando che allo status di capo non deve corrispondere il comandare e l’essere servito, come invece pensano i sacerdoti e gli scribi, ma il servire: sappiate, amici, che nel corso dell’ultima cena coi suoi, com’è testimoniato dagli stessi discepoli ch’erano a tavola con lui e che noi personalmente conosciamo, prima d’essere arrestato e ucciso egli, per dare un segnale indelebile del suo insegnamento, alzatosi e toltosi il mantello, simbolo d’autorità, s’era cinto il grembiule, segno di servizio, e aveva lavato e asciugato i piedi ai suoi; infine aveva comandato: ‘Anche voi dovete lavarvi i piedi tra di voi. Infatti vi ho dato un esempio perché operiate come me; e voi pure dovete essere di modello al mondo’. Gesú era rimasto tuttavia il maestro e ne aveva dato mostra quando s’era cinto di nuovo il mantello, s’era riseduto a mensa quale capotavola e aveva preso a insegnare; ma attenzione, cari fratelli! egli non s’era tolto il grembiule e aveva mostrato così che Dio stesso è per sempre al servizio spirituale degli uomini; Gesú infatti, poco dopo, aveva detto ai suoi: ‘Chi ha visto me ha visto il Padre’. Sì, bisogna dare amore concreto ai propri simili: è così anzitutto che s’adora l’Altissimo!”.

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