Per Sempre È Tanto Tempo. Morenz Patricia

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Per Sempre È Tanto Tempo - Morenz Patricia

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compagnia. Non mi ero fatta dei veri amici qui a Tampa, solo compagni di scuola; mi sembrava di tradire l’amicizia di Jake.

      Due settimane prima ero stata così tentata di chiamarlo nel giorno del suo compleanno, ma prima di digitare l’ultimo numero lasciai perdere, non sapevo cosa dire.

      Mamma e la nonna fecero tutto quello che mi piaceva, chiamò anche papà augurandomi buon compleanno (sì, come no, pensai) e per la mia piccola collezione Kevin mi regalò una conchiglia molto strana che aveva trovato pochi giorni prima. Davvero avevo delle cose belle per le quali essere felice, ma negli ultimi anni sentivo sempre che la mia felicità non poteva essere completa.

      «Oggi cosa scrivi?» chiese mia madre sedendosi sulla sabbia vicino a me e indicando il mio quaderno giallo.

      «Non lo so … lascio solo scivolare le mie dita …»

      «A proposito, ho un altro regalo per te.»

      Sì, mamma oggi mi aveva riempita di regali. Mi regalò un fondo per l’università (mamma pensava a tutto), un pc portatile, disse che così avrei risparmiato carta, ma finivo sempre per tornare ai miei quaderni gialli; inoltre, il giorno prima avevamo preso d’assalto alcuni negozi tentando di modernizzare il nostro look. Mi regalò una giornata incredibile, nonostante tutto. Tuttavia sembrava che avesse qualcos’altro per me. Mi porse una piccola scatola quadrata di velluto con un fiocco enorme.

      «E questa?» sorrisi indicando la scatolina.

      «Aprila e basta» rispose come se fosse una cosa normale.

      Sollevai il coperchio e sorrisi per quello che vedevo. Era bellissimo. Un anello d’argento con un enorme girasole che copriva il mio dito. Era il fiore preferito di mia madre. Lei aveva una collana con un pendente a forma di girasole come quello che io ora avevo davanti.

      «Avevo pensato ad una collana anche per te» spiegò, «ma mi è sembrata migliore l’idea di un anello, così lo vedrai sempre mentre scrivi. Cioè quasi tutto il tempo» sorridemmo entrambe.

      «Grazie mamma, è bellissimo. Mi piace tanto!» la abbracciai, sull’orlo delle lacrime.

      Lo infilai al mio dito indice destro, così avrei sempre potuto vederlo mentre scrivevo. Mi accorsi che era regolabile, mamma disse che sarei cresciuta ancora molto e che voleva che lo indossassi sempre.

      «Sai perché il girasole è il mio fiore preferito?»

      «Sì, mamma» risposi, «me lo hai detto un milione di volte. Così tante che ora è anche il mio fiore preferito» sorrise.

      «Bene, ma data l’occasione te lo ripeterò; a parte che il girasole è giallo e questo colore evoca allegria e giorni luminosi, il girasole, come indica il suo nome, gira cercando il sole, perché il sole gli dà la vita. Sii come il girasole, Lyn. Cerca il tuo sole, percorri la tua strada e vai in cerca di ciò che ti rende felice, che ti riempie la vita di allegria. Cerca il tuo sole» ripeté.

      A quel punto entrambe eravamo in lacrime, non sapevo se mamma parlasse di qualcosa in particolare o cercasse solo di insegnarmi qualcosa, in quel momento potevo solo annuire, avrei capito le sue parole più tardi, purtroppo quando lei non c’era più.

      Osservo l’anello nella mia mano, l’ultimo regalo di mia madre. Lei era il mio sole. Ma sento che devo trovare un altro sole a cui aggrapparmi o appassirò prima che arrivi la notte.

      «Bell’anello» è la voce di Jake che mi riporta al presente.

      «Me lo ha regalato mia madre quando ho compiuto quattordici anni.»

      Lui annuisce soltanto sedendosi al mio fianco.

      Dopo la colazione vado al parco vicino a casa con il mio quaderno, anche se in realtà non ho scritto niente e mi siedo solo ad osservare l’anello e a pensare a mia madre.

      «Scott mi ha detto che ti ha vista da queste parti quando è passato e che eri da sola. Ho pensato di farti compagnia, se non ti dà fastidio, ovvio.»

      «Sono contenta che tu sia qui» ammetto, infilandomi di nuovo l’anello al dito.

      «Ti ho mandato un messaggio ieri sera, o meglio, oggi … molto presto.»

      «L’ho visto oggi … molto tardi. Pensavo dormissi e non volevo disturbare.»

      Sorride con il suo sorriso con le fossette guardando verso la strada, dove passano le auto estranee a questo posto dove noi ci siamo incontrati, il sole brilla un po’ di più.

      «Tu non disturbi mai, Joce»

      Solo lui mi diceva e mi dice così, e mia madre a volte. Sorrido anch’io.

      «Come va la canzone?» decido di cambiare argomento.

      «Me lo hai regalato appena ieri sera, dammi un po’ di tempo.»

      «Va bene, ti darò il tuo “spazio”» dico mimando le virgolette nell’aria con le dita in modo drammatico.

      Sorride di nuovo e osservo il mio dito. Il girasole brilla come Jake, illuminando la mia vita.

      I giorni passano, a volte lenti – quando papà e Elena mi stanno intorno, o a volte rapidi, quando sto con Jake. Ma sempre avvicinandosi inevitabilmente al mio compleanno. Davvero odio pensarci. Mamma non sarà più con me per questo giorno.

      «Mamma continua ad essere preoccupata» confessa Jake, interrompendo il nostro silenzio particolare.

      Se non abbiamo compiti, saliamo sulla casa sull’albero, lui suona qualche accordo qui e là ed io scrivo con la sua musica come colonna sonora. Ma da un po’ di tempo sento le sue note agitate e so che qualcosa non va.

      «Tua madre sta ancora male?»

      «Sì, e so che è preoccupata per l’aspetto economico. Non so come ha potuto sprecare del denaro per il portatile per il mio compleanno.»

      Davvero non so cosa dire, c’è poco che entrambi possiamo fare o … forse no.

      «Forse potresti aiutarla con un po’ di soldi?»

      «Soldi da dove?» alza le sopracciglia e allontana le dita dalle corde.

      Non sapevo se gli sarebbe piaciuta la mia idea, ma non avevo niente da perdere a provarci.

      «Potresti cantare … cantare per la gente.»

      «Assolutamente no!» rifiuta quasi immediatamente «Io non canto in pubblico, Joce.»

      «Ma potresti. Canti davvero bene e potresti fare un po’ di soldi con questo dono.»

      Lui fa di no con la testa guardando la vecchia chitarra che tiene tra le mani.

      «Io non canto per le persone, canto solo per me» si ferma imbarazzato per quello che sta per dire «ed ora anche per te.»

      «Dovresti provare, pensaci, hai una voce troppo bella per nasconderla» e arrossisco per come mi guarda.

      «Ci penserò, d’accordo» concede non molto convinto e reticente ad accettare, ma ho la certezza che alla

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