Per Sempre È Tanto Tempo. Morenz Patricia

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Per Sempre È Tanto Tempo - Morenz Patricia

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te, ma leggila quando sarai da solo.»

      «D’accordo» la rimette al suo posto. «Grazie, andiamo ti accompagnerò a casa.»

      «Chiama a casa quando hai finito. È vicino ma non devi girare da sola con il buio» mi fa notare Elena, io la ignoro. Davvero mi sta dando dei consigli?

      «Va bene, arrivederci» rispondo perché non voglio proprio che mi rovini la serata.

      Scendo dall’auto e subito il freddo dell’imbrunire mi dà il benvenuto. O forse sono solo i miei nervi. Comunque, sono contenta di aver indossato i pantaloni e non un vestito. Jake mi aveva detto che era una cena informale, solo la sua famiglia e un paio di amici (Bryan ed io), aveva anche invitato Meryl, per cortesia suppongo, perché non erano molto in confidenza, ma lei aveva altri impegni con la sua famiglia.

      Mi dirigo verso la porta d’ingresso osservando l’auto di Scott – una Mustang del 64 color nero – parcheggiata da una parte, il che significa che è venuto a fare gli auguri a suo fratello. Suono il campanello e subito vedo una figura che si avvicina distorta dal vetro della porta.

      «Buona sera» saluta Scott con aria divertita, «e tu chi sei …? La ragazza di Jake?»

      Aspetta. Cosa?

      «Mmm … io …» Non mi lascia finire.

      «Oh, per Dio! Sei Jocelyn. Allora è vero che sei tornata e non sei solo una fantasia di mio fratello» sorride tra sé.

      Non ho idea di cosa significhino le sue parole, ma preferisco non chiedere.

      «Sì, sono Jocelyn. Ciao Scott.»

      «Ma entra pure, dammi questo, lo metterò in cucina» indica il dessert che ho tra le mani. «Jake è di sopra con Bryan, non ho idea di cosa stiano facendo lì, ma puoi andare a vedere. Io ho paura di quello che potrei vedere, così preferisco non farlo.»

      Scott è sempre lo stesso, spiritoso e divertente; popolare, ma accessibile, per niente stupido. Un mix strano da vedere, ma è impossibile non divertirsi se stai con lui. Tuttavia posso dire che esteticamente sì, è cambiato, e molto. Mi sono persa tutta la sua scuola superiore, così posso capire perché mi risulta difficile associare la sua figura a quella che ricordo. È molto alto, senza dubbio più di un metro e ottanta, i capelli ben tagliati, di un castano più chiaro di quelli di Jake, ha un corpo definito, che qualunque ragazza vorrebbe vedere in spiaggia o suppongo anche in un altro posto. Sorride, e i suoi occhi chiari illuminano questo posto. Senza dubbio è molto bello, ma così diverso da Jake.

      «Buona sera, signori Johnson» saluto appena entro in cucina, dove ci sono loro.

      «Buona sera, cara» risponde la mamma di Jake, un po’ meno espansiva del giorno prima. «Grazie per il dessert, lo metterò in frigo.»

      «Buona sera, Jocelyn. Vedo che davvero sei tornata. Resterai questa volta?»

      “Ci risiamo”, penso. Perché tutti mi parlano con questo tono di sottile rimprovero. Non è stata colpa mia se me ne sono andata cinque anni fa. Se solo potessero evitare di ricordarmelo ogni minuto.

      «Sì signore, Resterò qui per tutta la scuola superiore» annuncio.

      «Mi dispiace molto per tua madre, ma sono contento che sei tornata. Sei una buona influenza per mio figlio, spero che continuerai ad esserlo. Il suo nuovo amico non mi piace granché.»

      «Io … ci proverò, signore.»

      «Perché non vai di sopra dai ragazzi, vi avvisiamo quando la cena è pronta» propone la signora Johnson.

      Va bene, è strano, ma credo che il peggio ormai sia passato. Il papà di Jake mi rendeva nervosa e lo fa ancora. Come se potesse leggere la mia mente o vedere le mie intenzioni.

      Quando arrivo davanti alla porta della stanza di Jake, dai rumori, capisco immediatamente cosa stanno facendo. Videogiochi. Non voglio interromperli, ma non voglio nemmeno tornare al piano di sotto.

      «Jocelyn, non sapevo fossi arrivata» lui dice aprendo la porta.

      «Sono qui» sorrido. «Ciao, Bryan» lo vedo oltre la spalla di Jake.

      «Ciao, ragazza» Bryan mi chiama solo ragazza, come se davvero non sapesse il mio nome. Credo solo che sia geloso dell’attenzione che Jake mi sta dando da quando sono arrivata. Per quanto mi riguarda, non farò nulla per evitarlo, così che prima o poi gli dovrà passare, o no?

      «Siamo provando il nuovo videogioco che ho regalato a Jake» dichiara Bryan come se non fosse ovvio.

      «Lo immaginavo» mi siedo sul letto.

      «Puoi sederti e guardare come gli faccio il culo al tuo …» si ferma per fissarmi «amico.»

      Dopo altre due corse di auto, Bryan salta in piedi.

      «Va bene, fratello» si rivolge a Jake, «Lei non è proprio» mi indica «il tuo amuleto portafortuna, non ci stai nemmeno provando, amico. Che succede?»

      So che Jake non è concentrato nel gioco, perché l’ho visto un paio di volte osservarmi per troppo tempo. Ma sono stanca dell’atteggiamento di Bryan e muoio dalla voglia di dargli una lezione.

      «Posso provare?» chiedo a Bryan. «Tu, contro di me. Chiaro, se ne hai il coraggio.»

      «Stai parlando seriamente?! Non avrai nessuna possibilità e non voglio vedere le tue lacrime quando piangerai per aver perso la gara.»

      «Vuoi scommettere? Se vinco mi chiamerai per nome per almeno una settimana.»

      «E se vinco io? Sparirai dalla mia vista per una settimana?» vedo Jake in tensione vicino a me, ma non dice nulla perché io lo anticipo.

      «È una sfida.»

      Ci stringiamo le mani e ringrazio quel topo molesto di mio cugino Kevin, che in un pomeriggio di noia mi aveva insegnato come giocare con la sua Xbox, e da allora ogni volta che andavo a casa sua passavamo il tempo a stordirci il cervello fino a non poterne più, e lo strascinavo con me a prendere un po’ di sole.

      «Che diavolo!» grida Byan, quando taglio il traguardo prima di lui. Molto prima, devo aggiungere.

      «Una sfida è una sfida.»

      «Non hai detto che sapevi giocare» mi accusa.

      «Non me lo hai chiesto» rispondo con tono innocente e vedo Jake trattenere una risata.

      «Va bene … per questa volta hai vinto tu, Jocelyn» pronuncia il mio nome così lentamente che riesco ad assaporare ancora di più la mia vittoria.

      «Ragazzi, mettete via la roba da bere e venite giù a cena» è Scott che apre la porta di colpo.

      «Non stiamo bevendo, Scott.»

      «Sì, mi aspetto che continui a dirlo per tutte le superiori, fratellino.»

      Scendiamo al piano di sotto e trovo un paio di suoi zii e zie che nemmeno mi riconoscono. “Ci risiamo”, penso. Ci sediamo a tavola e dopo il brindisi del padre di Jake al compleanno di suo figlio minore

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