Il Clan Del Nord. Jessica Galera Andreu
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Inspirò profondamente, poi guardò l'uomo che gli si avvicinava. Era lo stesso che era arrivato sul carro poco prima con una donna e il vecchio Hans.
“Sua maestà”disse quando lo raggiunse “Mio nonno vorrebbe parlare con voi, se non è sconveniente.”
“Certo”
Jaren rientrò nella casa, controllando che il corpo di Lora non fosse più lì. Gli abitanti del villaggio si erano presi la briga di avvolgerlo in un lenzuolo bianco e prepararlo per la cremazione, che sarebbe avvenuta dopo che il corpo della sfortunata donna fosse stato vegliato nel tempio di Vianta. Hans sedeva sulla vecchia sedia a dondolo, fissando il caminetto che era spento.
“Mi dispiace molto per quello che è successo.”gli disse Jaren, senza fare un solo passo.
Il vecchio si voltò e lo guardò, poi gli fece cenno di avvicinarsi e Jaren obbedì. Gli si avvicinò e si accovacciò accanto a lui.
“Non mi hanno nemmeno permesso di vederla.”mormorò Hans come se parlasse a se stesso.
“E' meglio che tu non l'abbia vista, che la ricordi com'era in vita.”
“Dopo sessant'anni insieme avevo almeno il diritto di salutarla, non credi?”
“Mio padre tende a rimproverarmi perché non accompagno mai mio fratello al Pantheon a vegliare sul riposo di mia madre.”rispose Jaren dopo un lungo silenzio.”Non credo che lei sia lì, e né che tua moglie sia in quel lenzuolo, né in quel tempio, né credo sarà sulla pira che prepareranno per la sua cremazione.”
Il vecchio alzò lo sguardo e scrutò gli occhi verdi di Jaren.
“Allora dove pensi che stiano tua madre e mia moglie?”
“Non saprei dirti dove sia mia madre. Perché ero piccolo quando è morta e riesco a malapena a ricordarmela. Ma tua moglie è in questa casa, nel vostro carro, in lui”aggiunse indicando con la testa il cane che giaceva a terra con la testa china e gli occhi tristi, come se percepisse o come se avesse vissuto la tragica morte della sua proprietaria. “Tua moglie è in tutto ciò che avete condiviso, in ogni luogo in cui hai respirato la stessa aria, nei tuoi figli e nipoti, in ciò che resta, nei suoi ricordi. Credo che una persona sia un'essenza oltre al corpo, Hans. Soffermarsi sui resti significa scegliere la parte più insignificante, e questo non è giusto. Questo è quello che credo.”
L'anziano cercò invano di fare un sorriso con le sue labbra sottili, ma la tristezza che si irradiava dai suoi occhi oscurava ogni altro sentimento.
“Mi piace pensarlo.”rispose con un filo di voce. Jaren lo guardò, incapace di aggiungere altro, perché sapeva che in quel momento, con quel recente dolore, tutto quello che avrebbe potuto dire sarebbe stato formale, qualcosa di cui era già stufo. “Devi aiutarci.”aggiunse poi Hans.
“Cosa?”
“Non puoi andartene adesso. Guarda cosa hanno fatto a mia moglie.”
“Hans, sono sicuramente lupi. Tu...tua moglie avrebbe dovuto essere più attenta e se accetti un consiglio, dovresti trasferirti al villaggio. Questa fattoria è troppo isolata, vicino alla foresta”
“Per favore, ragazzo. Nessuno si preoccuperà per noi come te. Posticipa la tua partenza. Non abbandonarci.”
“Non posso. I preparativi per il mio matrimonio sono già pronti. Ho solo pochi giorni per arrivare ad Isalia e...”
Hans pose la sua mano su quella di Jaren; era fredda e tremava.
“Per favore. Ti prego. E' l'ultimo desiderio della mia vita, dammi la pace per aver fatto giustizia alla mia povera Lora. Verranno a prendermi.”
“Sono animali, Hans. Non sono venuti per lei deliberatamente e non lo faranno nemmeno con te.”
La lacrima che scivolò lungo la sua guancia rugosa cadde sulla mano di Jaren, che la guardò scivolare fino al bracciolo della sedia a dondolo, e si generò tra loro un silenzio complice. Il vecchio si voltò di nuovo in avanti e fissò il suo sguardo vuoto sul caminetto, mentre teneva in grembo lo scialle della moglie, ancora insanguinato.
“Un giorno.”concluse infine Jaren “Posticiperò la nostra partenza di un giorno. Domani mattina i miei uomini esamineranno la foresta, cacceranno o spaventeranno quegli animali e ce ne andremo. E' tutto quello che ti posso promettere.”
Hans annuì in modo appena percettibile. Jaren non sapeva se questo avesse soddisfatto la richiesta del vecchio, o se la sua offerta gli fosse sembrata insufficiente, ma non poteva fare di più per lui e se in soli tre mesi avevano fermato gli invasori, quanto avrebbero impiegato a fermare un branco di lupi?Stimava o sperava in non più di una mattinata.
Jaren si alzò e tornò fuori, dove l'aria fresca e il sole del mattino sembravano ignari di tutte le disgrazie che avevano scosso Vianta.
Sbuffò e dopo aver chiuso la porta dietro di sé, si diresse verso il recinto dove era ancora legato Donko, il suo cavallo. Mentre si preparava per montare, una moltitudine di pensieri lo assalì: sua madre, suo fratello. Raramente pensava a quello e a Isalia, soprattutto alla presenza del re, la questione era severamente vietata, ma era qualcosa che in un modo o nell'altro lo aveva sempre accompagnato. Col passare degli anni l'immagine di sua madre iniziava a sbiadire, era morta quando entrambi i fratelli erano soltanto dei bambini, a seguito dell'attacco di lupi mentre tornavano al castello di Isalia attraverso la foresta. Il coraggio di Zoran era servito a salvare la vita di Jaren, che era un anno più giovane, ma il prezzo da pagare oltre alla vita della regina, morta pochi giorni dopo, era stato eccessivo per il primogenito del re: un'imponente cicatrice gli solcava il viso da un lato all'altro in un ricordo perpetuo di ciò che era accaduto in quella notte piovosa, e quand aveva guardato il suo braccio senza mano, strappata dal morso di uno di quegli animali, aveva perso quasi i sensi . Anche Jaren stesso aveva subito ferite molto meno gravi di quelle che avevano gettato Zoran in una profonda amarezza.
Jaren si rimboccò la camicia e guardò il nome della regina Mara inciso sull'avambraccio, accanto alla ferita provocata dal taglio su cui, come anche per Zoran, più e più volte il guaritore di suo padre aveva fatto loro applicare un preparato per tenere lontana la malattia, perché secondo lui quei lupi potevano trasmettere tutti i tipi di male che avrebbero potuto mettere in pericolo la vita dei principi di Isalia, come era successo con la regina. Jaren era convinto che ciò non fosse necessario; era sano, come Zoran, ma il re insisteva sulla necessità di essere cauti, preoccupato com'era soprattutto per il trono di Isalia. Il pensiero del fratello gli restituiva anche una percezione egoistica di sé: Zoran doveva esser l'erede al trono, quello destinato a sposare la principessa di Esteona, quello scelto per guidare gli eserciti e quello che avrebbe accompagnato suo padre ad innumerevoli riunioni e incontri tutt'altro che interessanti; ma il carattere di Zoran si era completamente trasformato dopo l'incidente coi lupi, e il giovane era diventato cupo e scontroso,suo padre non poteva, appunto, esporlo come la migliore lettera di presentazione. Non si può nemmeno dire che il re non abbia avuto la sua parte nella depressione del figlio: relegato ad un piano secondario degli eserciti, dove la mancanza della mano destra gli aveva tolto un gran valore. Inoltre il suo volto deformato dalle cicatrici non lo rendeva la prima scelta del re quando cercava alleanze con altri regni attraverso matrimoni, in cui il prescelto era di solito