Il Clan Del Nord. Jessica Galera Andreu

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Il Clan Del Nord - Jessica Galera Andreu

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loro. Lo faranno.”

      “Mi ha chiesto aiuto, Goriath, e io glielo darò.”

      “Tuo padre non lo approverebbe.”intervenne Atsel per la prima volta.

      “Sono io quello che risponde di questa situazione, quindi non dovete preoccuparvi di nulla.”rispose Jaren.

      “Tu rispondi davanti al re, ma anch'io, e lui ha ordinato di ritornare” affermò Goriath dalla sua posizione.

      In controluce al sole che stava già tramontando dietro le altissime colline, sembrava ancora più grosso di quello che era. Più alto degli altri, schiena larga e corpo muscoloso, nonostante non fosse più un ragazzo, la sua testa glabra mostrava la quantità di cicatrici che lo avevano segnato durante i numerosi anni di guerra. I suoi occhi scuri erano la caratteristica più evidente su un viso freddo come il ghiaccio e minaccioso, incapace di esprimere compassione, o un sentimento che non si avvicinasse alla rabbia perenne.

      Ci fu un momento di silenzio dopo le parole di Goriath, assicurando che rispondeva davanti al re, allo stesso modo del principe.

      “Che cosa vuoi dire con questo?”chiese Jaren.

      “Chi mi comanda è il re, non tu.”ripeté Goriath.

      “Il tuo re ti ha posto sotto il mio comando.”

      “Per essere più precisi, mi ha messo sotto la tua tutela, non sotto il tuo comando. E lo ha fatto, in questo caso, per difendere questo villaggio maledetto dagli attacchi di Likara e tornare indietro, non per salvare queste persone da un branco di cani.”

      “Mio padre mi ha messo al comando, ma se non sei d'accordo, allora vattene.”

      Atsel sbuffò e abbassò la testa, mentre Goriath, questa volta si, obbedì ed entrò nel villaggio, dove quella notte Vianta avrebbe festeggiato la fine della guerra, ignara come la maggior parte degli abitanti del villaggio, di quello che era successo alla vecchia Lora.

      “Vuoi davvero che restiamo a cacciare i lupi?”chiese Atsel.

      “Me l'ha chiesto quel vecchio. Era l'immagine del dolore.”

      “Posso immaginare ma...non credo che il re sarà molto contento.”

      “Anche tu puoi andartene se è a mio padre che obbedisci.”rispose Jaren, mettendosi a sedere.

      Gli altri quattro uomini, come tutti quelli che stavano nell'accampamento, si erano già alzati e diretti verso il villaggio. Anche Atsel si alzò.

      “Io obbedisco al re, ma devo anche la mia obbedienza a te, mio principe.”disse “Combatto al tuo fianco da quando avevo quattordici anni. Giusto?”

      Sul viso di Jaren si formò qualcosa di simile ad un sorriso. I suoi uomini erano stufi della guerra e, come gli aveva detto lo stesso Atsel quel pomeriggio, sognavano di tornare a casa e prendersi un meritato riposo, ma non poteva abbandonare tutti quelli che da tre mesi vedevano lui e il suo esercito come salvatori. Prima di allora, una domanda aleggiava insidiosa nella sua testa: sarebbe rimasto lì per quelle persone o per se stesso?Per entrambi? Tornare ad Isalia lo avrebbe catapultato in una vita che già conosceva perfettamente e che era arrivato ad odiare: doveri, protocolli, false adulazioni, apparenze, ostentazione, distanza dalle persone, un trattamento diverso. In confronto, Vianta, quel villaggio che Erik tanto detestava, rappresentava qualcosa di molto più piccolo ma allo stesso tempo più grande: la libertà. Tuttavia sapeva che non sarebbe stato giusto equipaggiare la sua gente li solo perché voleva fuggire dalla sua vita nel regno del padre.

      “Jaren!”quando si rese conto che Atsel lo chiamava”Non vieni?”

      “Non so come le persone abbiano voglia di festeggiare dopo quello che è successo!”

      “Non lo sanno”rispose Atsel “Il corpo di quella donna resterà nel capanno fino a domani. Poi lo comunicheremo a tutti.”

      “Ma cosa stai dicendo?”

      “Dai, non è difficile capirli. Sono in guerra da mesi, subendo attacchi e devastazioni . Vogliono un po di gioia, e la morte di quella donna rovinerebbe tutto. Chiedono una tregua e non credo sia da pazzi concedergliela, visto che ci tieni tanto.”

      “Ma come possono lasciare il suo corpo in quel luogo abbandonato! E' una mancanza di rispetto.”

      “Dici sempre che i morti non stanno qui. No? Che sono solo resti.”

      Jaren non rispose. Lui stesso aveva detto ad Hans che le persone erano qualcosa di più di un corpo, legato alle debolezze e alle difficoltà della vita, ma pensare al cadavere di Lora, sbranato, avvolto in un lenzuolo e nascosto affinché il resto dei suoi vicini, ad eccezione del marito e dei parenti più stretti, potessero godersi la festa, era un'altra cosa.

      Si accorse che Atsel era già partito, e nonostante sentisse la testa scoppiargli e non avesse voglia di festeggiare, si ricordò anche che quelle sarebbero state le ultime ore a Vianta e che la notte gli offriva, appunto, tutto ciò che gli piaceva in mezzo a gente che, salvo eccezioni che vedevano in lui uno strumento verso una libertà ingannevole, lo apprezzavano per quello che realmente era, interessandosi più alla sua persona che al suo titolo nobiliare.

       Dayrsenne

      Erano rimasti seduti a lungo intorno al falò che avevano acceso in quella che era l'area del mercato. Le torce illuminavano tutto nella piccola Vianta, cercando di combattere l'oscurità, e nonostante la poca voglia di festeggiare di Jaren all'inizio della serata, dovette ammettere che i ragazzi e l'umorismo della vecchia Niara lo avevano coinvolto nella festa. Era la proprietaria della locanda più controversa del villaggio, con una dubbia reputazione, la permissività che vi concedeva le era valsa la migliore fama tra gli uomini e la peggiore tra le donne di Vianta. Tuttavia Jaren la trovava un'anziana cordiale, coraggiosa e sempre pronta a offrire buoni consigli. Innumerevoli erano state le occasioni in cui, mentre alcuni dei suoi uomini bevevano qualcosa nella sua taverna o erano distratti nel fare ciò che infastidiva così tanto gli abitanti del villaggio, passava le sue ore oziose a chiacchierare con lei di ogni genere di cose, poiché erano poche le cose di cui non potevi discutere con la carismatica Niara. Il suo corpo scheletrico era rimasto a lungo seduto sulle ginocchia di Jaren, deliziando i soldati, che scoppiavano a ridere per ogni follia raccontata dalla vecchia.

      “...e quando arrivò qui”narrò entusiasta “la sua giumenta crollò davanti alla taverna.”

      “L'animale era così stanco?”chiese uno dei soldati.

      “No!”esclamò Niara “Il culo di quel povero bastardo pesava più di tre di voi messi insieme.”

      Ancora una volta le risate, di cui Jaren non ne era estraneo, assordarono momentaneamente la musica che continuava a suonare.

      “Nè lui né la giumenta riuscirono ad alzarsi e rimasero sdraiati lì per tre giorni. La mattina versavo un secchio d'acqua calda su ognuno di loro, ma non per quelli e alla fine...”

      L'arrivo di Sylvaen mise a tacere la vecchia, che ne approfittò per dare un tiro all'erba che stava fumando nella sua pipa. Jaren percepì la tensione nel corpo di Erik, che era seduto accanto a lui.

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