Anima Nera Anima Bianca. Patrizia Barrera
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Se si parla del delta si deve parlare del Tennessee, di Memphis e di Vicksburg, che furono le prime terre conquistate e abitate dagli Spagnoli e poi dai coloni Inglesi, o ancor di più la zona delle antiche piantagioni, Bolivar, Cohaoma, Issaquena, Warren, Washington e Yazoo, dove la mescolanza tra Europei e Afro-Americani era più antica ed evidente. Nel 1850 tale zona contava una popolazione di 51.847 abitanti suddivisa tra 13.153. bianchi e …38.711 schiavi neri! Le piantagioni, con annesse farms, erano 306.000.
Tutta questa gente viveva in un angusto ma stabile equilibrio: gli schiavi erano ormai…di casa in America e, benché i padroni mantenessero su di loro il diritto di vita o di morte, i tentativi di fuga erano rarissimi e le condizioni di vita decisamente migliori di quelle che saranno solo 20 anni dopo, con la fine della guerra di secessione.
Dopo la lunga giornata di lavoro allo schiavo veniva permesso di sfogarsi con la musica. Vietata definitivamente la pratica del tamburo, dato il suo possibile utilizzo come arma di sovversione e di rivolta, ai figli d’Africa restava la possibilità di utilizzare o costruirsi strumenti personalizzati, in genere a fiato o a corde.
Cigar box dei primi del ‘900
Pochi fortunati riuscivano ad acquistarne qualcuno, in genere violini, halam e banjo con i quali spesso allietavano le serate danzanti dei padroni.
Tuttavia costruirsi uno strumento a corde con striscioline di budella di animali era abbastanza facile. IN seguito, a questi strumenti rudimentali si aggiunsero le JUGS, bottiglioni dal grosso collo entro cui si soffiava, e anche semplici arnesi di utilizzo comune, come le assi di legno per lavare i panni. La chitarra sarebbe arrivata solo molto dopo, con gli immigrati Spagnoli e le prime ferrovie. Essendo molto costosa e difficile da procurarsi gli schiavi puntarono a dei suoi surrogati costruiti con materiali di recupero, come ad esempio…le scatole di sigari! Le CIGAR BOX GUITARS, imperversarono per vari decenni in tutti gli Stati Uniti del Sud e di loro non si è affatto spenta la tradizione. Pensate che ancora oggi a LOUISVILLE, nel Kentucky, ogni anno si celebra il CIGAR BOX GUITARS FESTIVAL che accoglie musicisti professionisti e non da ogni parte del mondo per sfidarsi a suon…di sigari! Ma già così il primo Blues è una scala pentatonica, con note appiattite e uso del vibrato, grida parossistiche e ritmi sincopati in grado di ”adattarsi” anche alle fini orecchie dei padroni Inglesi e Scozzesi che, d’altra parte, amavano ascoltare i loro schiavi suonare. Miscelandosi alle suggestioni dei canti Spirituals, al lamento degli Hollers e passando indenni attraverso le Work Songs, il Blues delle origini si eleva poi con ”la Liberazione” della Guerra Civile. Sbandati, costretti a emigrare nelle paludi da bonificare o assorbiti al nord nel duro lavoro delle Ferrovie, gli ex schiavi si trovano a respirare la stessa aria degli emigrati Bianchi, i ”pezzenti tra i pezzenti”, dai quali imparano a suonare la chitarra o l’armonica a bocca. Altri, più fortunati, incontrano il balsamo della religione Cristiana, ne intuiscono il forte potere liberatorio e la integrano con le superstizioni Africane.
Assistiamo quindi, tra il 1860 e il 1890 alla famosa ”spaccatura del Blues” che, sulle medesime sponde del Mississippi, da un lato affonda nelle paludi e dall’ altro sale al Paradiso…
Una nascente Chicago del 1886.
Nel Blues l’utilizzo dell’armonica arrivò intorno agli inizi del ‘900 come appendice” della voce umana, prendendo spunto direttamente dalle tradizioni del Delta e passando poi attraverso gli influssi degli emigrati che venivano dall’ Europa. Gli Spagnoli avevano già introdotto la chitarra che, come abbiamo visto, veniva reinterpretata in chiave artigianale con degli scatoli di sigari. Questo perché l’armonia della vibrazione, che si poteva ottenere facilmente con gli strumenti a corde, è sempre stato elemento basilare della tradizione musicale Afro-Americana. Inizialmente ”musica da strada” o ”da lavoro” in quanto accompagnava le ore di solitudine dei neri che emigravano a nord nel periodo immediatamente precedente al Proibizionismo, divenne poi affare commerciale di altissimo livello per le nascenti etichette discografiche, che vedevano nella nuova musica la possibilità di espandersi oltreoceano con una spesa irrisoria. Tecnicamente parlando, lo Chicago Blues è forse uno dei più plastici e gradevoli, grazie alla vasta gamma di possibilità stilistiche che permette e alla successiva introduzione di numerosi strumenti musicali. C’è chi lo definisce un primo abbozzo del jazz…ma io non concordo pienamente.
E’ vero che, rispetto al primo Blues, qui l’utilizzo della scala maggiore è evidente, ed è anche vero che l’ utilizzo anche di strumenti a fiato gli conferiscono un suono più caldo tipicamente da orchestra, ma l’approccio viscerale viene mantenuto se non addirittura amplificato dalle note stridenti dell’armonica prima e dal famoso ”rotolamento” poi, una tecnica oscillatoria e prevalentemente ritmica che ispirò i musicisti Anglosassoni e il successivo Rock’n Roll.
Stringband Chicago, 1900
Se si fa un discorso puramente cronologico possiamo riconoscere nello Chicago Blues due periodi di fondamentale importanza, a cavallo tra le due guerre mondiali.
Il primo, quello di cui sto parlando e che vide l’esplosione delle etichette discografiche, è forse il più puro e legato alla tradizione Afro. L’utilizzo dell’armonica e degli strumenti di fabbricazione casalinga che lo contraddistinguono rimangono l’espressione più autentica di questo “canto dell’anima“ che solo in seguito, sulla spinta dei mercati economici che lo inghiottirono, si commercializzò assumendo connotati Europei ed Urbani. Intorno al 1950, infine, l'uso della chitarra elettrica e l’amplificazione e la correzione manuale del suono asciutto dell’armonica, lo defraudarono della originaria visceralità, rendendolo fenomeno di costume e quindi più adatto al pubblico.
Emigranti, primi del ‘900
Quando i primi neri arrivarono a Chicago si trovarono in una città in pieno sviluppo. Nata per accogliere i ricchi Europei, Chicago in seguito si spaccò in due, concedendo ai nuovi immigrati ”bevitori e puzzolenti” di installarsi nella parte sud meno servita e in certo senso porto di sbarco degli ex schiavi. D’altra parte Chicago era costretta ad assorbire quanta più manovalanza possibile, dato lo sviluppo crescente delle industrie e la costruzione incessante delle ferrovie. Il lavoratore nero, o anche Irlandese, Spagnolo e Italiano, arrivava nelle fabbriche facendosi a piedi mezza città ma portandosi appresso sempre la sua armonica, che gli faceva compagnia nella breve pausa tra un turno e l’altro. A dispetto di ciò che si crede, tra i lavoratori neri finalmente affrancati dalla schiavitù non esisteva capacità di coesione, e l 'operaio Afro-Americano era solo.
L' isolamento e la separazione tra le razze era in parte favorita dagli stessi datori di lavoro, sulla scia delle nascenti Leggi segregazioniste, e in parte auspicata dallo stesso Bluesman, un individuo ormai disadattato e incline alla solitudine. Durante la pausa pranzo, quindi, si formavano spontaneamente gruppetti isolati di lavoratori: Afro-Americani, Inglesi, Irlandesi, qualche Olandese e gli Italiani. Altri gruppi di Europei costituivano ulteriore minoranza, come Francesi e Spagnoli. Ancora più isolati i Messicani, i Nativi Pellerossa e rarissimi Indiani. Per tirarsi un po' su il morale tutta questa gente faceva musica: cominciavano gli Irlandesi con le loro ballate, seguivano gli Italiani con le canzoni natie ma gli Spagnoli tenevano banco con le loro chitarre. L' Afro-Americano con l’ armonica non era da meno. Tuttavia la musica non fungeva da collante sociale ma anzi stimolava litigi e minacce che si tramutavano non di rado in sfide musicali,