Scherzi Del Futuro. Marco Fogliani
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“Benissimo, grazie. Ci vediamo a pranzo fra un po'.”
Ulisse non poté fare a meno di pensare che il suo era davvero un bell'equipaggio. Un quartetto in gamba, ben assortito, che in tanti anni non gli aveva dato proprio nessun problema. Solo Lucrezia e Augusto l'avevano messo in difficoltà una volta, di recente, quando gli avevano chiesto di unirli in matrimonio. Più che altro la richiesta l'aveva colto di sorpresa e impreparato. Aveva acconsentito volentieri, pur consapevole che quello avrebbe potuto essere l'ultimo viaggio insieme a loro e che probabilmente avrebbe dovuto cominciare a pensare a come poterli sostituire. Mah, un problema alla volta, pensò. Comunque, beati loro.
Appena le spie dell'ascensore e dei cercapersone segnalarono che tutto l'equipaggio era radunato sul suo stesso piano, Ulisse abbassò il livello energetico della nave, ed anche la sua cabina cadde in una specie di penombra. In compenso, i finestroni affacciati sul mondo acquistarono risalto, le luci delle stelle e dei pianeti diventarono brillanti puntini luminosi nel buio dando spettacolo, quello spettacolo meraviglioso che in fondo lo aveva convinto a scegliere di intraprendere quel tipo di vita. Ed egli rimase lì fermo qualche minuto a gustarselo, assorto in silenziosa contemplazione.
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Erano trascorse diverse settimane da quel giorno a ridosso di Deltoide: giusto il tempo di fare un rabbocco di energia - così per precauzione visto che, a detta di Augusto, anche solo i generatori endogeni sarebbero stati sufficienti – e di avvicinarsi alla Via Ferrea senza transitare troppo in prossimità di nessuna delle navicelle di perlustrazione confederali.
Il comandante radunò in cabina il suo piccolo equipaggio.
“Stiamo per affrontare una situazione davvero molto difficile per un'astronave della nostra stazza, e mi serve il massimo aiuto da tutti voi. In qualcosa di molto diverso dal solito, voglio dire. La Via Ferrea è una zona relativamente ricca di microcorpi cosmici di diverse forme e composizione. Anche i meno grandi di loro, se trascurati e non affrontati nel modo giusto, potrebbero mandarci ko. Come già vi ho accennato, noi abbiamo essenzialmente due modi per fronteggiarli: il migliore è evitarli. L'altro modo è di sminuzzarli e disintegrarli con le nostre armi. I normali sistemi automatici di navigazione non sono sufficienti: serve anche l'occhio umano, anzi tanti occhi; molta, molta attenzione, e buoni riflessi. È per questo che da qualche settimana vi ho chiesto di impratichirvi con Asteroids, un videogioco in cui le problematiche sono più o meno le stesse.”
“E la cosa durerà non poco”, proseguì Ulisse. “Da quando quella luce diventerà rossa o arancione fino a quando ritornerà verde, potrebbero trascorrere anche tre o quattro giorni. Dormiremo a turni di sei ore. Mentre uno riposa, due degli altri staranno alle finestre laterali, ed uno mi affiancherà sempre ai comandi centrali. Io probabilmente dormirò qui, forse un po' meno degli altri. Cominciamo già da adesso, ognuno alla sua postazione.”
Passò quasi un'oretta, durante la quale il capitano continuò a dare spiegazioni e a rispondere a domande e dubbi di vario genere, prima che la famosa spia diventasse arancione. E da quel momento furono quasi tre giorni di continua lotta e di guerra estenuante, al limite delle loro possibilità e della loro resistenza fisica, contro corpuscoli e detriti di ogni genere. Molti di essi, pur essendo estremamente piccoli e vicini gli uni agli altri, dovevano essere davvero recenti se la gravitazione universale non era ancora riuscita a farli avvicinare tanto da farli unire e compattare tra loro. Alcuni, tra cui un foglio di lamiera di qualche metro quadrato, sfuggirono completamente al controllo di radar e sensori e non si riuscì a fermarli in tempo, ma fortunatamente non apportarono danni rilevanti alla struttura esterna. Moltissimi furono i piccoli detriti metallici catturati dalle apposite mega-calamite di cui la nave disponeva. Vennero utilizzati questi e, per la prima volta, anche altri dispositivi in dotazione all'astronave e mai usati prima: i potentissimi fari sia a luce normale che a infrarossi; il dispositivo di protezione a rete per il ponte di comando e per altre zone della nave; i sensori di radioattività e di raggi beta e gamma. Alcuni altri, purtroppo, risultarono inutilizzabili, perché dopo anni senza manutenzione si rivelarono non funzionanti.
In quei tre giorni terribili la famosa spia rimase rossa per buona parte del tempo, e ben pochi furono i periodi arancioni di relativa tranquillità, durante l'ultimo dei quali il capitano annunciò a tutti: “Coraggio ce l'abbiamo quasi fatta!”. Ed infatti di lì a neanche un'ora la spia arancione ritornò verde.
“Ragazzi, ci siamo. È il momento. Sto per aprire i portelloni di carico. Augusto, Vittorio: controllate che non ci siano intoppi e tutto sia a posto. Anche il reparto organico: ora non ci serve altra energia, ma solo di essere leggeri e veloci il più possibile. Al mio tre: uno, due … tre!”
Fu allora che l'Ulisse Volante, per la prima volta nella sua lunga, umile ma onesta carriera, scaricò nello spazio il suo carico di milioni di teragrammi di eterogenea spazzatura. Una trasgressione alle leggi fderali; ma a mali estremi, estremi rimedi, pensò il comandante sentendosi alleggerito dentro non meno della sua nave.
“E adesso via, direzione Trituzio. Ci spetta a tutti una lunga e meritata vacanza prima di pensare al prossimo carico, o quello che sarà, magari un'altra attività. E stasera a cena mi raccomando, non fate mancare lo spumante per festeggiare.”
L'AVARIA
Il giovane comandante Colombo non aveva avuto, fino a quel momento, un compito difficile. Il pilota automatico, inserito già pochi minuti dopo la partenza, si era preso in carico le attività di routine, lasciando alla responsabilità umana solo l'onere della supervisione e del controllo. E neanche questo era gran che difficile: la strumentazione di bordo, estremamente sofisticata, era tra le più complete e costose, soprattutto in rapporto all'esiguo numero di passeggeri. Aveva richiesto un lungo periodo di addestramento, questo è vero, ma il risultato era che adesso gli sembrava di essere alla console di un videogioco, e neanche dei più difficili.
Sopra di lui il cielo si stendeva azzurro e limpido a perdita d'occhio, cordiale e senza insidie. Non una nuvola all'orizzonte. Ogni dettaglio, anche in lontananza, si presentava con una nitidezza quasi irreale, senza la minima possibilità di nascondere la sua vera natura.
Sotto di lui una striscia di asfalto attraversava come un serpente la verde pianura, incrociando di tanto in tanto altre strade partite chissà da dove e chissà dove dirette.
Difficile non rimanere affascinato da un simile spettacolo. Difficile, da quella comoda poltrona, pensare che quel giorno qualcosa avrebbe potuto non andare per il verso giusto. Eppure…
Vedendo quella lucetta gialla palpitare, agitandosi nel quadro comandi e cercando di attirare l'attenzione con il suo flebile beep elettronico, il comandante Colombo capì immediatamente che quello non sarebbe stato un giorno come un altro. Era la spia della pressione, e segnalava un allarme di primo livello. Una piccola perdita. Niente di così grave, in fondo. Meglio però non perdere tempo e attivarsi subito. Chiamò con l'apposito pulsante il resto dell'equipaggio, mentre cercava di decifrare qualcosa di più su quanto stava avvenendo. La perdita di pressione sembrava riguardare la parte posteriore destra, ma la strumentazione segnalava un assetto generale ancora perfettamente stabile.
Schiacciò di nuovo, più volte e nervosamente, il pulsante equipaggio.
“Maledizione”, pensò, “ma quanto tempo gli ci vuole per venire!”
“Buongiorno,