Due. Eva Forte
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Torno a casa che ormai è tardi, così decido di fermarmi a mangiare un pezzo di pizza nella pizzeria al taglio sotto casa. Quando entro, nel piccolo ristorante non c'è nessuno, neanche il proprietario che sento muoversi nelle cucine, probabilmente a infornare le ultime pizze della serata. Il campanello segnala il mio ingresso e poco dopo lo vedo affacciarsi sulla porta, davanti ai grandi forni ancora accesi. Ci salutiamo e poco dopo siamo seduti insieme sui colorati tavolini di legno, a chiacchierare mentre la mia pizza è in cottura. Mi offre una birra e comincia a parlarmi del più e del meno e di tutti gli avventori strani e divertenti che si sono susseguiti nel locale durante la giornata. Mi diverte sempre molto starlo a sentire parlare, perchè so benissimo che tende sempre ad ingrandire i suoi racconti, arricchendoli di particolari non proprio reali che rendono tutto più colorato e interessante. Generalmente poi ha sempre un fondo comico e così parlare con lui finisce sempre in fragorose risate che attirano i passanti che ci sentono dalla strada. Mangio in fretta, ormai stanca e con tanta voglia di togliermi le scarpe e immergere i piedi nella vasca bollente. Abbiamo camminato talmente tanto, che nonostante il freddo di questa giornata, ho i piedi così gonfi da riuscire a malapena a camminare.
Una volta a casa e lanciate via le scarpe, mi butto direttamente a letto con il mio fido portatile alla ricerca di qualche informazione sul mio misterioso amico dei sorrisi. Magari riesco a trovare qualcosa su di lui collegato al nostro bar, che ha sia un sito internet che una pagina su Facebook. Accedo con il mio utente e comincio a cercare. Di lui nessuna traccia, sarebbe stato troppo bello trovare un suo commento così da scoprire finalmente il suo nome e curiosare qualcosa di lui nella bacheca del social network, almeno nelle parti lasciate pubbliche. Pensando che magari anche lui potrebbe aver avuto la stessa idea comincio con il mettere un bel mi piace sulla FanPage del bar e scorrendo tra le varie foto ne commento una a caso, tanto per lasciare il segno. Una volta pubblicato guardo la mia foto che compare al fianco del commento. Un tristissimo primo piano, messo a casaccio tanto tempo fa. Mi sbrigo subito a cercare una nuova foto dove io sia venuta meglio e cambio la foto del mio profilo. Ora mi sento più tranquilla e spero infantilmente che anche lui ora sia collegato e vedendomi possa avere voglia di scrivermi un messaggio. Per una decina di minuti rimango con lo sguardo perso sullo schermo, attendendo un segnale che non arriva. Aggiorno più volte la pagina, esco e rientro pensando che magari il collegamento non sia proprio ottimale, e alla fine decido di spegnere, solo dopo aver attivato però le notifiche di Fb sul mio cellulare, nel caso il misterioso uomo si decida di cercarmi e scrivermi, proprio questa notte. Da che speravo che mai la nostra non relazione potesse variare anche di una singola virgola, ora l'idea di un suo contatto è diventata quasi ossessiva e irrazionale. Domani sarà un gran giorno per il nostro gioco e così cerco di addormentarmi il prima possibile, ma sono così agitata per come dovrò portare avanti il nostro incontro che non riesco neanche a chiudere occhio. A mezzanotte sono ancora li, a rigirarmi nel letto freddo, quando decido di alzarmi. Senza accendere nessuna luce, aiutandomi solo dalla flebile illuminazione stradale che entra silenziosa dalle finestre, arrivo in cucina. Un bel bicchiere di latte con i biscotti è l'unica soluzione in questi casi. Anni fa era mio nonno a prepararmi questi spuntini notturni e a farmi compagnia davanti a una bella tazza di orzo che si riscaldava nel suo tegamino di acciaio, sempre fino a farlo bollire e spesso facendolo uscire sulla fiamma che cominciava a scricchiolare e a cambiare colore colpito dal liquido improvviso. Quando poteva cominciare a berlo, io ero quasi alla fine del mio latte e biscotti e così ero io a fargli compagnia fino a quando non finiva di bere la sua tazza bollente. Di notte sono sempre stata più loquace che di giorno e così mi liberavo in tanti discorsi e dubbi su quello che sarebbe accaduto il giorno dopo. Queste nottate insieme in genere precedevano gli esami all'Università, tanta era la tensione che finivo tardissimo di ripassare e così la tazza di latte era un aiuto per prendere sonno e rilassarmi dopo l'ultima giornata di studio. Seduta al tavolo, oggi, sento ancora forte la sua mancanza, in modo concreto e non solo di sentimento ferito, ma proprio come una assenza tangibile. Adesso davanti alla mia tazza di latte non posso parlare con nessuno e manca anche il profumo dell'orzo che brucia sui fornelli. Una volta per allentare la sofferenza, oltre al mio latte ho preparato anche l'orzo nel tegamino di acciaio ma questa cosa è servita solo a farmi stare peggio e così mi sono ripromessa di cercare di andare avanti, staccandomi il più possibile dalle abitudini passate senza però perdere il ricordo di questi bellissimi momenti insieme a lui.
CAPITOLO 5
Via
Dopo la fuga dal bar continuo ad allontanarmi con passo deciso, senza girarmi mai indietro neanche avessi commesso qualche brutta azione. Come un ladro, con la paura di essere scoperto e l'adrenalina per le mie ultime azioni, mi allontano più che posso e al primo autobus che incrocio salgo sopra, senza sapere dove mi porterà. Ho un appuntamento in centro nella tarda mattinata e così potrò smaltire tutta questa eccitazione per quel piccolo fiore abbandonato tra le sue mani. Regalarle un fiore, ma come mi è venuto in mente? Cerco di immaginare cosa stia accadendo ora nel bar, magari ha preso e buttato via quella piccola margheritina che sta già appassendo, facendosi una grassa risata con la sua amica. Sarò diventato lo zimbello della giornata? La mia speranza però è un'altra, quella di avere aperto una breccia nei suoi pensieri, dove poter entrare e nascondermi in un angolino silenzioso pronto a scoprire cose nuove su di lei. Sono scappato via per la paura che la nostra storia di sguardi possa cambiare, ma in fondo al mio cuore forse vorrei veramente che questo accadesse. Vorrei poter essere una piccola mosca e girare ora li sopra le loro teste, scrutare i suoi occhi azzurri come il cielo e rapire ogni piccola smorfia sul sul viso, insieme a tutti i pensieri che le possono passare per la mente guardando ogni singolo petalo bianco. Sono quasi tentato di tornare indietro, ma ormai sono troppo lontano e stanco, l'autobus fortunatamente porta in centro, e sicuramente anche se lo facessi, lei ormai non sarebbe più li. Trovo posto