Il Terrore Privato Il Terrore Politico. Guido Pagliarino
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Читать онлайн книгу Il Terrore Privato Il Terrore Politico - Guido Pagliarino страница 4
âPer tempi ordinari sarebbe stata, tutto sommato, una buona legge, ma non per quegli anni rivoluzionariâ.
âSì, Vittorio, infatti in quel tempo, come sai, solo per casi veramente estremi i giudici del lavoro riconoscevano la giusta causa, e la Peritti era pressoché intoccabile. Solo alla metà degli anni â70 la proprietà era riuscita finalmente a sbatterla fuori, dopo una sentenza favorevole, in grazia dâun fatto più grave dei precedenti: durante una delle tante violente proteste davanti ai cancelli dello stabilimento, lei aveva colpito fisicamente il proprio caporeparto, châella stessa e altri facinorosi avevano obbligato con la forza a partecipare: tuttâaltro che nuova a prodezze del genere, la Pasionaria gli aveva mollato due colpi con lâasta della bandiera rossa che stringeva in pugno, uno sulla spalla e lâaltro, assai più grave, sulla testa, e lâaveva mandato allâospedale svenuto e col cuoio capelluto lacerato; purtroppo per lei, quella volta aveva compiuto la bella impresa davanti a un nostro plotone in servizio dâordine, che lâaveva fermata, non senza difficoltà peraltro, come risulta dal verbale in archivio, e lâaveva portata qui in Questura dove sâerano prese le sue generalità ed era stata denunciata per resistenza. Era stata poi querelata dal caporeparto e, fra una cosa e lâaltra, sâera presa una condanna, sia pure con la condizionale, e inoltre la sua liquidazione, su istanza del legale del ferito, era stata posta sotto sequestro ed era servita a risarcire la vittima; ma soprattutto, con gran soddisfazione, la proprietà aveva potuto sbattere fuori quella novella Ibarruri. I nostri della DIGOS avevano continuato a tenerla dâocchio ovviamente, erano gli anni del terrorismo e la Peritti aveva proprio il profilo giusto per essere sospettata di simpatizzare per Brigate Rosse e compagnia. Risulta pure dallâarchivio che, dopo un breve periodo di disoccupazione, era stata assunta come magazziniera in unâazienda artigianale produttrice di porte per docce e che, qualche anno dopo, sâera sposata con un commerciante ambulante di frutta e verdura, benestante, ed era andata ad aiutare il marito in piazza: da quel momento, sorridi! da comunista châera stata, era divenuta, notoriamente, democratica cristianaâ.
âNon câè molto da sorridere, Evaristo, si sa come funzionano glâideali in molte persone; ma dimmi una cosa: tu escluderesti una vendetta politica di qualcuno? Forse di qualche ex compagno, visto che lei aveva saltato il fosso?â
âUna vendetta dilazionata? Mah, non la si può escludere del tutto, però una punizione politica rimandata per così tanti anni non mi pare molto probabile e, oltretutto, lâomicidio sâè svolto come quello della Capuò Tron châera invece una pacifica borghese: dà proprio lâimpressione dâessere opera dello stesso maniaco perfora-cervelliâ.
âNon si può però escludere del tutto che il secondo assassino sia un altro e abbia fatto apposta ad ammazzare nella stessa maniera per deviare i sospettiâ.
âLo so, abbiamo pensato anche a questo, ma siamo dellâidea di seguire anzitutto lâipotesi dâun unico maniaco, e se ci saranno altri casi simili, ne avremo la confermaâ.
âPurtroppo, bisognerebbe aggiungereâ.
Un terzo assassinio, due giorni dopo il colloquio fra Evaristo e Vittorio, aveva confermato la traccia del maniaco omicida, ormai definito dai media, e quindi dal pubblico, il Mostro dellâOrecchio.
La vittima, Margherita Piccozza Ferini di cinquantacinque anni, casalinga, era moglie dâun funzionario di banca di grado elevato. Anche questa coppia, come quella del primo delitto, era senza figli. I coniugi vivevano in un appartamento di loro proprietà in un palazzo in Lungo Dora Voghera. Era stato il marito dellâuccisa, rientrato a casa dal lavoro verso le 18, a fare la raccapricciante scoperta e ad avvertire il 113. Il cadavere presentava un evidente ematoma alla testa, come nel secondo caso; questa volta, però, non sâera trovato lâoggetto contundente, lâassassino doveva esserselo portato via: il medico legale avrebbe stabilito trattarsi dâun martello.
Vittorio, poco dopo le 19, dopo una rapida cena, era uscito per andare a un cinema e non aveva visto il suo solito notiziario televisivo; neppure, al ritorno, aveva guardato un telegiornale della notte, perché sâera messo subito a letto a leggere un libro, fin a quando era stato preso dal sonno. Aveva avuto dunque notizia del delitto solo la mattina seguente, da un articolo di Carla Garibaldi che ne riportava le modalità .
Lâamico aveva telefonato a Evaristo che, anche stavolta, lâaveva volentieri ricevuto nel suo ufficio.
Il commissario gli aveva detto: âPurtroppo per la vittima, un cane pastore tedesco che la coppia teneva a guardia dellâalloggio e per difesa personale, è morto proprio ieri mattina, non molte ore prima della morte della signora Ferini avvenuta, secondo i primi riscontri del medico legale, fra le 15 e le 17. Come ci ha detto il vedovo, il corpo dellâanimale, per ragioni igieniche, era stato incenerito a cura del veterinario di famiglia, cui la padrona lâaveva portato in mattinata a quel preciso scopo. Dato che io credo assai poco alle coincidenze, ho il sospetto che lâassassino avesse gettato al cane uno o più bocconi avvelenati mentre la bestia, quella mattina sul presto, si trovava nel giardino pubblico sotto casa, lasciata come al solito libera dal padrone, comâegli ci ha detto fra un singhiozzo e lâaltro per sua moglie, poverâuomo: il loro Lampo ha cominciato a sentirsi male salendo sullâascensore e in casa sâè prostrato a terra senza più forze; i coniugi lâhanno allora riportato di sotto, lui tenendolo in braccio, e lâhanno caricato sullâutilitaria della moglie perché lei lo portasse dal veterinario, ma il cane a quel punto è morto; dunque, mentre lui, per non giungere in ritardo, è andato senzâaltro in banca con la propria auto, la moglie, con la propria, ha condotto la bestia allo studio, comâera in programma, ma solo più per farla incenerireâ.
âDunque, Evaristo, lâassassino non sarebbe preda dâimprovvisi raptus, ma preparerebbe con cura i suoi delittiâ.
âSe è vera la mia idea dellâavvelenamento del cane, direi di sìâ.
âSfortunaccia vuole che non ci sia più il corpo dellâanimale per unâautopsiaâ.
âAppuntoâ.
Il quarto omicidio era avvenuto il posdomani, fra le 0 e le 2 di notte a parere del medico legale. Era stato eseguito col solito metodo del punteruolo affondato in un orecchio, ma aveva avuto per vittima un uomo, un certo Alessandro Cipolla, sessantasei anni, pensionato, ed era stato perpetrato sulla via.
La mia collega Carla aveva saputo dal proprio vice, per un comunicato ai media da questi raccolto in Questura, che il morto era stato un etilista senza casa che aveva vissuto negli ultimi anni da vagabondo, dormendo sotto cartoni dâimballaggio in qualche angolo di gallerie pubbliche o portici, e châegli era già conosciuto alla Polizia a causa dâuna chiamata via telefonino al 113, un paio di mesi prima, da parte dâuna signora, molto anziana ma sempre lucida, già insegnante di lettere, da lui molestata sotto i portici di via Roma con una brusca richiesta di denaro e, nulla ottenendone, da lui bersagliata di sputi: non appena era giunta una volante, lâaustera professoressa aveva chiesto agli agenti di prendere i dati del molestatore, che intanto aveva seguitato a girarle attorno facendole pernacchie