Il Fiume Di Gennaio. Enrico Tasca
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![Il Fiume Di Gennaio - Enrico Tasca Il Fiume Di Gennaio - Enrico Tasca](/cover_pre386167.jpg)
Quasi senza accorgersene si trovarono a passeggiare nella neve che stava cadendo abbondantemente, nella inutile speranza di trovare un taxi libero. La ragazza aveva un cappottino striminzito che copriva a malapena le sue grandi tette e una minigonna che le lasciava le gambe scoperte. Trascinava un borsone che aveva l'aria di essere piuttosto pesante e Davide, che si chiedeva come facesse la ragazza a non sentire freddo, si offrì di portarlo. Lui indossava un piumino termico ultra moderno e stava appena bene così.
Se Caren fosse stata più sobria e avesse ragionato con razionalità probabilmente non avrebbe accettato lâinvito di quellâitaliano sconosciuto. Le sembrava però una persona a posto, non certo un maniaco ed era da parecchio tempo che lei non aveva rapporti sessuali. Aveva divorziato un paio di anni prima, non aveva figli e aveva quindi concentrato tutte le sue energie sul lavoro. Una piccola pazzia non avrebbe certo cambiato la sua vita.
La prime cose che aveva notato dellâitaliano erano i capelli un poâ lunghi, neri, lisci e ben curati, lâeleganza e il suo modo di ridere: un ragazzo affascinante, ben diverso da quelli che conosceva nella sua città , che pensavano solo a ubriacarsi il sabato sera ed a parlare di sport.
Prima del previsto si ritrovarono in unâelegante stanza dâalbergo, piccola ma ben ristrutturata e con un bel letto matrimoniale. Infreddoliti e stanchi si buttarono sul piumone come due naufraghi sfuggiti a una tempesta e sbattuti dalle onde su una spiaggia tropicale. Si baciarono con avidità . Si tolsero i vestiti velocemente. Caren sembrava una statua di marmo, bianca come il latte e con due seni che il reggiseno, anchâesso bianco, sosteneva a stento. Quando se lo tolse Davide rimase come abbagliato. Pensava ai sogni erotici della sua adolescenza, e avrebbe voluto affondare il suo viso in quelle montagne di carne, tornare neonato e farsi allattare da questa balia dagli occhi azzurri. Caren percepì lâeccitazione del suo partner occasionale, ne intuì il desiderio e si chinò su di lui, che la assecondò felice.
Lui pose una mano tra le cosce di lei, che si stavano inumidendo, alla ricerca dell'origine della vita, della sorgente da cui sgorgano tutti i piaceri del mondo. Da perfetti sconosciuti, forse aiutati dalla capacità disinibente dellâalcol, si esplorarono a vicenda, si accarezzarono, si toccarono nelle zone più nascoste alla ricerca di un godimento quasi tragico. Si spalancarono le porte del castello magico dove tutto è permesso e tutto è possibile, senza inibizioni o timidezze di sorta. Cavalcarono insieme attraverso le praterie del desiderio fino allâestremo, finché la spossatezza non li fece crollare in un sonno liberatore, nel completo abbandono del corpo e della mente.
Alle prime luci dellâalba, Davide si svegliò cercando inutilmente Caren al suo fianco. Sul comodino c'era un biglietto: âà stato bello, grazie. Non lo dimenticherò. Devo prendere un treno e non voglio svegliarti. Bye.â Non aveva lasciato un numero di telefono, probabilmente era sposata - pensò Davide â e temeva che lui avrebbe tentato in seguito di contattarla. Comunque aveva ragione, era stato veramente bello e lâidea che non lâavrebbe più rivista lo rattristò. Ma era talmente stanco, dopo la notte d'amore e le abbondanti libagioni, che si riaddormentò come un sasso.
Sul voloTP0074 intanto la maggior parte dei passeggeri dormiva. A parte Estela che non aveva mai neppur cambiato posizione, anche Federico e Beatriz si erano finalmente appisolati. Lâaereo aveva raggiunto la quota massima di 10.700 metri e una velocità di quasi 900 km/h. I venti contrari avevano rallentato il volo per alcuni tratti e il comandante aveva previsto che sarebbero riusciti a recuperare il ritardo solo parzialmente.
Lâannuncio della colazione svegliò tutti. Qualche passeggero corse in bagno, qualcuno si alzò per sgranchirsi le gambe, qualcun altro si affacciò al finestrino nella speranza di riuscire a vedere qualcosa, ma lâAirbus stava sorvolando lâoceano atlantico e il cielo era ancora scuro.
Dei tre vicini di poltrona, Estela era indubbiamente quella più sveglia. Cominciò a parlare, un poâ in portoghese e un poâ in italiano. Prese di mira soprattutto Federico, le interessava anche dal punto di vista professionale, sperava magari di farsi fare un bel book fotografico, visto che il suo ormai era un poâ invecchiato. A mente fresca le era venuto in mente che effettivamente lâaveva conosciuto durante una campagna pubblicitaria per una ditta di abbigliamento, ma in quellâoccasione tra modelli e modelle erano una ventina e Federico non avrebbe potuto ricordare tutti. Si chiese se avesse un sito e si ripromise di controllarlo appena avesse avuto accesso a Internet. A parte le sue indubbie capacità professionali era comunque un tipo simpatico e le sarebbe piaciuto conoscerlo meglio. Avevano parlato poco, lei era troppo stanca, ma ora avrebbero fatto sosta a Lisbona e ne avrebbe approfittato per fare un poâ di conversazione. Sul volo Lisbona Malpensa avrebbero avuto sicuramente altri posti e poi non si sarebbero più visti.
Si decise quindi a chiedere al suo vicino se, una volta tornati a Milano, sarebbe stato disponibile a farle un book fotografico. La domanda colse Federico di sorpresa. In genere di queste cose si occupava la sua collaboratrice, Lorena, che curava anche il ritocco delle foto, oltre allâarchivio. Lui teneva i contatti diretti con le Agenzie di pubblicità , che erano poi quelle che gli permettevano di campare più che dignitosamente.
«Ne possiamo parlare a Lisbona» rispose «poi ti do il mio biglietto che ho lasciato nel trolley.»
«Ci terrei proprio» continuò Estela senza immaginare che la sua esuberanza poteva magari non essere apprezzata da tutti «e magari potresti fare qualche foto anche a Beatriz.»
La paulistana arrossì impercettibilmente. Se câera una cosa che detestava era quella di esporsi, di farsi notare. Figuriamoci se si sarebbe fatta fare delle foto! Anche se per Federico cominciava a provare una certa simpatia che sperava fosse reciproca, non si vedeva proprio a posare sotto i riflettori. Si sarebbe vergognata troppo. Fece quindi finta di niente e evitò di intervenire.
Anche Federico evitò di rispondere; intuendo lâimbarazzo della biondina cambiò discorso.
«Appena arrivati a Lisbona faremmo bene a informarci se lâaeroporto di Malpensa è funzionante. Ho un amico che lavora lì. Posso provare a rintracciarlo appena siamo a terra.»
«Finché non atterriamo non riusciamo a sapere niente, tanto vale metterci l'animo in pace» rispose Estela «io non ho problemi, posso anche fermarmi a Lisbona.»
Beatriz continuava a tacere. Federico aveva capito la sua preoccupazione e cercava di consolarla.
«Senti Beatriz» disse passando al tu «ci conosciamo appena, ma ti voglio aiutare comunque. Se Milano chiude per la neve c'è sempre Bergamo e se, come credo, fosse chiuso anche Bergamo, ci sono due possibilità , Genova o Nizza.
In entrambi i casi posso affittare una macchina e arrivare a Milano in un'ora o due. Non ti preoccupare, troveremo una soluzione.»
Beatriz avrebbe abbracciato Federico senza vergognarsi. L'idea che un estraneo, una persona conosciuta da poche ore, potesse occuparsi di lei, la faceva commuovere. Forse Federico le ricordava suo padre, ma no, il paragone non funzionava. Federico aveva un modo di fare molto giovanile e non doveva essere poi così vecchio. Difficile indovinarne l'età . Si riprometteva