Obiettivo Zero . Джек Марс

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Obiettivo Zero  - Джек Марс Uno spy thriller della serie Agente Zero

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“No, figlio mio. Tu lo sei. Tu sei benedetto. Lo riesco a vedere chiaramente quanto vedo il tuo volto.”

      Io sono benedetto. Nella cucina del loro appartamento a Marsiglia, Adrian premette le labbra sulla fronte di Claudette. Aveva ragione; avevano fatto una promessa a Khalil e dovevano mantenerla. Prese la scatola d’acciaio per il trasporto dei campioni biologici dal ripiano e la portò agli arabi in attesa. Aprì il coperchio e sollevò la parte superiore del cubo di gomma per mostrare loro la piccola fialetta ermeticamente chiusa all’interno.

      Sembrava che non ci fosse nulla nel vetro, ma ciò era caratteristico di una delle sostanze più letali al mondo.

      “Tesoro,” disse Adrian risistemando la gomma e richiudendo il coperchio. “Ho bisogno che tu spieghi loro, senza mezzi termini, che in nessuna circostanza devono toccare la fialetta. Deve essere gestita con la massima cura.”

      Claudette ripeté il messaggio in arabo. All’improvviso l’uomo siriano che aveva la scatola in mano apparve molto meno a suo agio di un momento prima. L’altro uomo annuì in segno di ringraziamento verso Adrian e mormorò una frase in arabo, una che lui capì: “Che Allah e la Sua pace siano con te,” e senza un’altra parola, i due uscirono dall’appartamento.

      Non appena se ne furono andati, Claudette chiuse la serratura e rimise la catena, poi si voltò verso il suo amante con un’espressione sognante e soddisfatta sul volto.

      Adrian, tuttavia, rimase fermo dov’era, la sua espressione severa.

      “Amore mio?” disse lei con cautela.

      “Che cosa ho appena fatto?” bisbigliò. Conosceva già la risposta; aveva messo un virus mortale non nelle mani dell’Imam Khalil, ma di due sconosciuti. “E se non glielo dovessero portare? E se lo facessero cadere, o lo aprissero, o…”

      “Amore mio.” Claudette gli strinse le braccia attorno alla vita e gli premette il capo al petto. “Sono seguaci dell’Imam. Faranno attenzione e lo porteranno dove deve andare. Abbi fede. Hai compiuto il primo passo verso un nuovo e migliore mondo. Tu sei il Mahdi. Non dimenticarlo.”

      “Sì,” rispose piano “Ma certo. Hai ragione, come sempre. E devo finire.” Se la sua mutazione non avesse funzionato come doveva, o se non ne avesse prodotto una partita completa, senza alcun dubbio sarebbe stato un fallimento non solo agli occhi di Khalil, ma anche a quelli di Claudette. Senza di lei sarebbe crollato. Aveva bisogno di quella donna quanto aveva bisogno dell’aria, del cibo e della luce del sole.

      E nonostante tutto, non poteva evitare di chiedersi che cosa avrebbero fatto con il campione, e se l’Imam Khalil lo avrebbe testato privatamente, in un luogo lontano da tutto, o se sarebbe stato liberato in mezzo alla gente.

      Ma lo avrebbe scoperto presto.

      CAPITOLO SEI

      “Papà, non sei costretto ad accompagnarci fino alla porta ogni volta,” si lamentò Maya mentre attraversavano Dahlgren Quad verso Healy Hall, nel campus della Georgetown.

      “Lo so che non sono costretto,” disse Reid. “Voglio farlo. Che c’è, ti vergogni di farti vedere con il tuo papà?”

      “Non è così,” borbottò Maya. Il viaggio era stato silenzioso, Maya aveva guardato fuori dal finestrino con aria pensierosa mentre Reid aveva cercato inutilmente un argomento di cui parlare.

      La figlia maggiore stava arrivando alla fine del suo terzo anno di liceo, ma aveva già scelto le sue classi del college e aveva iniziato qualche corso nel campus della Georgetown. Era un buon modo per cominciare a guadagnare i crediti del college e l’avrebbe aiutata nella domanda di iscrizioni all’università, specialmente dato la sua prima scelta era proprio la Georgetown. Reid aveva insistito per accompagnarla al college, persino fino alla sua classe.

      La notte prima, quando Maria era stata costretta a interrompere il loro appuntamento, Reid era tornato in fretta a casa dalle sue ragazze. Era stato sconvolto dalla notizia della fuga di Rais—le sue dita avevano tremato sul volante dell’auto—ma si era costretto a rimanere calmo e aveva cercato di riflettere lucidamente. La CIA era già all’inseguimento e probabilmente anche l’Interpol. Conosceva il protocollo; avrebbero tenuto d’occhio ogni aeroporto, e sarebbero stati posti blocchi stradali in tutte le arterie principali di Sion. E Rais non aveva più nessun alleato a cui chiedere aiuto.

      Oltretutto, l’assassino era scappato in Svizzera, a più di quattromila miglia di distanza. Metà del continente e un intero oceano lo separavano da Kent Steele.

      Nonostante tutto, sapeva che si sarebbe sentito molto meglio quando avesse ricevuto l’informazione che Rais era stato ricatturato. Si fidava delle capacità di Maria, ma si pentiva di non aver avuto la lungimiranza di chiederle di tenerlo aggiornato il più possibile.

      Lui e Maya raggiunsero l’ingresso di Healy Hall e Reid si soffermò qualche istante. “Va bene, immagino che ti rivedrò dopo la lezione?”

      La figlia lo guardò sospettosa. “Non mi accompagni dentro?”

      “Non oggi.” Aveva la sensazione di sapere per quale motivo Maya fosse così silenziosa quel mattino. La sera prima le aveva concesso un briciolo di indipendenza, ma quel mattino era tornato alla normalità. Doveva ricordarsi che non era più una ragazzina. “Senti, so che ultimamente sono stato un po’ opprimente…”

      “Un po’?” sbuffò Maya.

      “… e mi dispiace per questo. Tu sei una giovane donna capace, intelligente e piena di risorse. E vuoi solo la tua indipendenza. Lo capisco. La mia natura iperprotettiva è un mio problema, non tuo. Non è colpa tua.”

      Maya cercò di nascondere un sogghigno. “Hai appena usato la frase: ‘non sei tu, sono io’?”

      Lui annuì. “L’ho fatto, perché è vero. Non potrei perdonarmi se ti succedesse qualcosa e io non fossi presente.”

      “Ma non potrai essere sempre insieme a me,” replicò la figlia, “non importa quanto ci provi. E io devo essere in grado di occuparmi da sola dei miei problemi.”

      “Hai ragione. Farò del mio meglio per lasciarti un po’ di spazio.”

      Maya inarcò un sopracciglio. “Me lo prometti?”

      “Prometto.”

      “Okay.” La ragazza si alzò in punta di piedi e gli baciò una guancia. “Ci vediamo dopo la scuola.” Si diresse verso la porta, ma poi le venne in mente qualcos’altro. “Lo sai, magari dovrei imparare a sparare, giusto per sicurezza…”

      Lui le puntò severamente contro un dito. “Non esagerare.”

      Maya sorrise e svanì nell’edificio. Reid rimase fermo fuori per un paio di minuti. Dio, le sue ragazze stavano crescendo troppo in fretta. In due brevi anni Maya sarebbe stata legalmente adulta. Presto sarebbero arrivate le macchine, le rate del college, e… prima o poi sarebbero arrivati anche i ragazzi. Per fortuna non era ancora successo.

      Si distrasse ammirando l’architettura del campus, mentre si dirigeva verso Copley Hall. Non credeva che si sarebbe mai stancato di aggirarsi per l’università, godendosi la vista degli edifici del diciottesimo e diciannovesimo secolo, costruiti in gran parte nello stile romanico fiammingo che andava tanto nel medioevo europeo. Di certo era d’aiuto che la metà di marzo in Virginia fosse il punto di svolta della stagione; il tempo stava migliorando e la temperatura raggiungeva i venti gradi durante le giornate più assolate.

      Il

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