Attacco Agli Dei. Stephen Goldin
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Scuotendo leggermente la testa, distolse lo sguardo. Sicuramente hanno messo in piedi uno spettacolo pazzesco, pensò—ma si guardò bene dall’esprimere questo pensiero ad alta voce.
***
Dev e Dunnis tornarono alla Foxfire utilizzando il piccolo carro che i nativi avevano dato loro. Il daryek che lo trainava era un animale vecchio e dall’aspetto malato, probabilmente l’unico che i locali potevano permettersi di prestare.
L’animale, per niente contento di essere obbligato a lavorare di notte, mostrava il suo risentimento arrancando a fatica con un passo che era appena più veloce di quello che gli umani avrebbero avuto a piedi. Il carro brontolava e avanzava a scatti attraverso i solchi sconnessi della strada, in un modo che sembrava fatto apposta per produrre i lividi peggiori al posteriore dei passeggeri. Eppure, Dev ricordava la camminata spiacevole lungo questa stessa strada per arrivare in città, e decise che queste scomodità erano assolutamente preferibili.
I due restarono in silenzio per metà del viaggio, pensando a quello che avevano visto. Infine, Dunnis emise un lungo sospiro. “È stato spaventoso,” disse. Tutti i segni di ubriachezza nella sua voce erano scomparsi; la morte di Zhurat lo aveva reso sobrio all’improvviso.
Dev sorrise debolmente. “Non posso dissentire.”
“Cosa pensi che sia successo là, comunque?”
“Gli dei hanno disintegrato Zhurat per la sua blasfemia ed un angelo è sceso sulla terra e ci ha detto di non peccare più.”
Dunnis le scoccò uno sguardo inquisitorio. “Credi davvero a questa storia senza capo né coda?”
“È quello che è sembrato anche a me. Sono aperta a spiegazioni migliori, se ne hai.”
“Pensavo che voi Eoani non credeste in niente a parte voi stessi.”
“Stai cercando di dirmi in cosa io credo?” Dev era molto cauta nel dirlo. Sarebbe stato troppo facile interpretare la sua affermazione come sarcasmo. Invece, si assicurò di incurvare gli angoli della bocca in un largo, caldo sorriso, affinché il tecnico potesse vedere che dietro la sua osservazione non si nascondeva nessuna difensiva ostile.
Il grande rosso alzò le mani. “Francamente Capitano, non so cosa pensare. Eri così sicura inchinandoti e dicendo tutti quegli amen ovunque di fronte a quel …. quel…”
“‘Angelo’ penso sarebbe il termine appropriato. E non mi sono inchinata una volta – anche se visto che tutti gli altri intorno a me lo facevano, avrei dovuto farlo anche io. Educazione e buone maniere ti faranno sempre acquistare dei punti, se saranno applicate nel modo giusto.”
“Ma ti sei arresa così facilmente a quella cosa, praticamente leccandogli i piedi e scusandoti”
“I miei genitori non mi hanno allevata per essere un parafulmine,” disse semplicemente Dev.
“Sì, ma ...beh, se ci sono gli dei, perché sono solo qui, su questo pianeta così fuorimano? Perché non sono nello spazio o su qualsiasi altro mondo?”
“Non posso rispondere. Semplicemente, non ho abbastanza informazioni. Sicuramente sembra che nello spazio non ci siano, e so che non sono su Eos. Se ci fossero, la popolazione sarebbe stata incenerita molto tempo fa. Ma mi dicono che gli dei lavorano in modi misteriosi. Questo è un universo grande e variegato; tutto è possibile.”
“Ma—”
“Ascolta, molto tempo fa, un poeta di nome Alexander Pope osservò una volta, ‘Una verità è chiara: qualsiasi cosa sia, è giusta.’ In sostanza, quello è ciò che io credo. Quello che è vero per il resto dell’universo qui non ha nessuna importanza; quello che è vero su Dascham è che ci sono degli dei che hanno dei poteri incredibili. Per tutto il tempo che resterò qui, intendo tenere ben presente questo fatto, prima di fare o dire qualsiasi cosa. Ti suggerirei di fare lo stesso – gli dei sanno tutto quello che si fa e possono udire tutto quello che viene detto su questo mondo”
“Ma stiamo parlando Galingua ora; di sicuro essi non possono capirlo.”
“Non sottovalutarli. Ho già perso un componente del mio equipaggio, non posso permettermi di perderne un altro.” E con ciò, smise di parlare. Dunnis, rendendosi conto che non intendeva dire altro, si sedette imbronciato di fianco a lei e cercò di osservare la strada davanti a loro, attraverso la pioggia e l’oscurità mentre il loro daryek arrancava faticosamente.
***
Fortunatamente, Dev aveva acceso alcune luci esterne prima di lasciare la nave, altrimenti sarebbero passati oltre, avventurandosi nei campi, al buio. La Foxfire era piccola per essere una navicella cargo – essendo solo un proiettile di trenta metri di altezza e dodici di diametro alla base — sebbene qui su Dascham sembrasse gigantesca. Ma, pur mastodontica com’era, paragonata agli edifici di piccole dimensioni di questo pianeta, avrebbe potuto essere completamente inghiottita dal buio totale della notte Daschamese.
Dev legò lo stanco daryek ad un’aletta stabilizzatrice della navicella nella remota possibilità che la patetica creatura potesse cercare di vagare, allontanandosi durante quello che rimaneva della notte. Poi, tenendo in mano la divisa spaziale fradicia che era tutto quello che rimaneva di Zhurat, seguì Dunnis salendo la scala ed entrò nella camera stagna. Una volta all’interno, continuò a salire fino a raggiungere la prua, facendo segno silenziosamente al tecnico di seguirla. Passarono le zone del soggiorno ed andarono invece nella sala dei comandi, dove Dev camminò in modo deciso verso la console del capitano e azionò un paio di interruttori. Sospirò leggermente e chiuse gli occhi. “Penso che staremo bene adesso.”
Dunnis l’aveva guardata con crescente curiosità. Con le sue azioni aveva acceso gli schermi deflettori intorno alla nave. “Temevi che le meteoriti potessero colpirci qui?” le chiese.
“No, ma il campo delle schermature dovrebbe essere sufficiente per disturbare le eventuali trasmissioni a bassa potenza che provengano dall’interno della nave. Possiamo parlare liberamente adesso.”
“Di cosa?”
“Degli dei. Avevi ragione a pensare che non credessi in nessun essere sovrannaturale. Ma la verità è che c’è qualcuno – o un gruppo di qualcuno – che gestisce lo spettacolo qui intorno, e questo qualcuno è davvero potente.”
“Ma gli schermi deflettori cosa …?”
“Cominciamo dal principio,” disse Dev. “Presumiamo che questi dei siano mortali come noi, e tecnologicamente avanzati rispetto ai nativi. Per una razza primitiva come i Daschamesi, le meraviglie della scienza sembrerebbero magia, e potrebbero essere sfruttate da chiunque desideroso di fare lo sforzo di farlo. Ad esempio, gli dei affermano di essere in grado di udire tutto quello che si dice in tutto il mondo. Tu sei un tecnico: come si potrebbe fare questo?”
“Microfoni e trasmettitori,” disse lentamente il gigante. “ci sono dei dispositivi di intercettazione così piccoli che