Il Dono Della Battaglia . Морган Райс
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Читать онлайн книгу Il Dono Della Battaglia - Морган Райс страница 15
Thor rimase a guardare nel silenzio improvviso, confuso. Per un secondo pensò che forse si poteva essere ritirato, che l’avevano sconfitto, soprattutto vedendo il sangue della bestia addensarsi in superficie. Ma poi ebbe il brutto presentimento che tutto fosse andato troppo bene, troppo rapidamente.
Poi, troppo tardi, si rese conto di cosa il mostro stesse per fare.
“TENETEVI STRETTI!” gridò agli altri.
Aveva appena pronunciato quelle parole quando sentì la nave sollevarsi instabilmente dall’acqua, sempre più in alto, fino a trovarsi in aria tra i tentacoli della bestia. Thor abbassò lo sguardo e vide il mostro sotto di loro con i suoi tentacoli avvolti attorno allo scafo, da prua a poppa. Si preparò quindi allo schianto che stava per verificarsi.
La bestia scagliò la nave e questa volò come un giocattolo in aria mentre tutti cercavano di tenersi saldamente. Alla fine atterrò nell’oceano dondolando violentemente.
Thor e gli altri persero la presa e scivolarono lungo il ponte in ogni direzione andando a sbattere contro il legno mentre la barca veniva scossa e si girava. Thor scorse Angel che scivolava verso il corrimano apprestandosi ad essere sbalzata fuori. Riuscì ad allungarsi e ad afferrarle la manina tenendola stretta mentre lei lo guardava terrorizzata.
Alla fine la nave si raddrizzò e Thor saltò in piedi insieme agli altri preparandosi a un nuovo attacco. Subito vide la bestia nuotare verso di loro a piena velocità dimenando i tentacoli. Afferrò la nave da entrambe le parti facendo strisciare i tentacoli fino ai bordi, sul ponte, verso di loro.
Thor udì un grido e sollevò lo sguardo vedendo Selese con un tentacolo avvolto attorno a una caviglia, che scivolava lungo il ponte, trascinata quasi fuoribordo. Reece fece roteare la spada e tagliò il tentacolo ma con la stessa rapidità un altro tentacolo gli avvolse un braccio. Più tentacoli strisciarono sulla nave e mentre ne sentiva uno sul suo stesso polpaccio, si guardò attorno vedendo che tutti i suoi fratelli della Legione si stavano dimenando selvaggiamente mozzando tentacoli. Per ognuno che ne tagliavano ne apparivano due di nuovi.
Tutta la nave era ricoperta e Thor capì che se non avesse presto fatto qualcosa sarebbero stati tutti risucchiati. Udì uno stridio provenire dal cielo e sollevando lo sguardo vide una delle creature demoniache rilasciate dall’inferno volare sopra la sua testa e guardarli con espressione derisoria prima di andarsene.
Thor chiuse gli occhi, sapendo che quella era una delle prove, uno dei momenti grandiosi della sua vita. Cercò di escludere il mondo e di concentrarsi interiormente. Sul suo allenamento. Su Argon. Su sua madre. Sui suoi poteri. Lui era più forte dell’universo, questo lo sapeva. C’erano dei poteri dentro di lui, poteri che andavano oltre il mondo fisico. Quella creatura era in questo mondo, ma i poteri di Thor erano superiori. Lui poteva convocare i poteri della natura, gli stessi poteri che avevano creato quella bestia, e rimandarla all’inferno da cui era venuta.
Thor sentì il mondo che rallentava attorno a lui. Sentì il calore salirgli alle mani e diffondersi lungo le braccia, le spalle. Poi di nuovo un formicolio alla punta delle dita. Sentendosi invincibile Thor aprì gli occhi. Sentì un potere incredibile scorrergli dentro, il potere dell’universo.
Thor allungò un braccio e posò una mano su un tentacolo della bestia e subito lo scottò. La bestia ritirò il tentacolo immediatamente lasciando la presa, come se fosse stata bruciata.
Thor si mise in piedi, un uomo nuovo. Si voltò e vide la testa del mostro che si levava dal bordo della nave aprendo la mandibola e preparandosi ad ingoiarli tutti. Vide i suoi fratelli e sorelle della Legione scivolare, quasi trascinati oltre il bordo.
Thor lanciò un forte grido di battaglia e si buttò contro la bestia. Si tuffò su di essa prima che potesse raggiungere gli altri, rinfoderando la spada e allungando invece i palmi ardenti. Afferrò con forza la testa del mostro e vi mise sopra le mani sentendo che così gli bruciava il muso.
Thor tenne salda la bestia mentre questa strideva e si dimenava cercando di liberarsi dalla sua stretta. Lentamente, un tentacolo alla volta, la creatura iniziò ad allentare la presa attorno alla barca e Thor sentì i suoi poteri crescere dentro di sé. Tenne stretta la bestia e poi sollevò entrambe le mani sentendo il peso del mostro e sollevandolo sempre più su in aria. Presto la creatura si librò fra le sue mani mentre il potere di Thor lo faceva galleggiare in aria.
Poi, mentre la bestia si trovava a una buona decina di metri sopra la sua testa, Thor si voltò e spinse la mani in avanti.
La bestia volò in aria, al di sopra della nave, gridando e ruotando su se stessa. Sfrecciò in aria per una trentina di metri e alla fine si afflosciò. Cadde quindi in mare con un forte tonfo e affondò sotto la superficie.
Morta.
Thor rimase in silenzio, tutto il corpo ancora caldo. Lentamente, uno alla volta, gli altri si ripresero rimettendosi in piedi e raccogliendosi attorno a lui. Thor rimase fermo, con il fiatone, frastornato, guardando quel mare di sangue. Oltre, all’orizzonte, i suoi occhi si fissarono sul castello nero che troneggiava su quella terra. Il luogo che sapeva teneva rinchiuso suo figlio.
Era giunto il momento. Ora non c’era nulla a fermarlo ed era finalmente ora di andare a recuperare suo figlio.
CAPITOLO UNDICI
Volusia si trovava di fronte ai suoi molti consiglieri tra le strade della capitale dell’Impero, fissando lo specchio con orrore. Osservò il suo nuovo volto da ogni angolazione: metà era ancora bellissimo mentre l’altra metà era sfigurato, sciolto, e la cosa le faceva ribrezzo. Il fatto che metà della sua bellezza fosse ancora presente peggiorava soltanto le cose. Sarebbe stato tutto più facile, si rendeva conto, se tutto il viso fosse stato sfigurato. Almeno non avrebbe ricordato nulla del suo aspetto precedente.
Volusia ricordava il suo aspetto meraviglioso, la fonte del suo potere che l’aveva portata attraverso ogni evento della sua vita, che le aveva permesso di manipolare uomini e donne senza distinzioni, di far cadere gli uomini in ginocchio con un solo sguardo. Ora era tutto svanito. Ora era solo una ragazza di diciassette anni come tutte le altre, peggio ancora un mezzo mostro. Non poteva sopportare la vista del suo volto.
In un’esplosione di rabbia e disperazione Volusia gettò lo specchio a terra e lo guardò andare in frantumi sulla strada linda della capitale. Tutti i suoi consiglieri rimasero lì in silenzio distogliendo lo sguardo, sapendo che era meglio non parlare in quel momento. Fu chiaro anche a lei, guardando i loro volti, che nessuno voleva più guardarla, nessuno voleva vedere l’orrore che ora appariva sulla sua faccia.
Volusia si guardò attorno cercando i Voks, desiderosa di farli a brandelli, ma se n’erano già andati, erano scomparsi non appena avevano scagliato quell’orrendo incantesimo su di lei. Le avevano consigliato di non unirsi a loro e ora si rendeva conto che gli avvertimenti erano stati corretti. Aveva pagato un caro prezzo. Un prezzo che non le sarebbe mai stato restituito.
Volusia voleva sfogare la sua rabbia su qualcuno e i suoi occhi si posarono su Brin, il suo nuovo comandante, un guerriero statuario che aveva solo pochi anni più di lei e che le faceva la corte da lune. Giovane, alto e muscoloso, aveva un aspetto mozzafiato e le era corso dietro per tutto il tempo fin da quando l’aveva conosciuta. Eppure adesso, con sua rabbia, non voleva neanche incrociare il suo sguardo.
“Tu,” gli sibilò contro Volusia, capace a malapena di contenersi. “Adesso non mi guardi neppure?”
Volusia