Il Dono Della Battaglia . Морган Райс

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Il Dono Della Battaglia  - Морган Райс L’Anello Dello Stregone

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bestie più grandi che mai, capì che non c’era modo che lui e suo padre potessero vincere. Si voltò e vide suo padre lì in piedi, senza paura, che non arretrava ma guardava stoicamente in faccia la morte. Questo gli diede forza.

      “Non possiamo vincere, padre,” disse Dario dando voce a ciò che era ovvio mentre gli elefanti iniziavano il loro attacco.

      “L’abbiamo già fatto, figlio mio,” disse suo padre. “Trovandoci qui e affrontandoli, senza voltarci e scappare, li abbiamo già sconfitti. I nostri corpi potranno anche morire oggi, ma la nostra memoria vivrà, e sarà una memoria di valore!”

      Senza dire una parola di più suo padre lanciò un grido e iniziò la carica. Dario, ispirato, gridò a sua volta e attaccò accanto a lui. Entrambi corsero incontro agli elefanti più veloci che potevano, senza esitare di fronte alla morte.

      Il momento dell’impatto non fu ciò che Dario si era aspettato. Schivò una lancia mentre un soldati, in cima a un elefante, la lanciava contro di lui. Quindi sollevò la spada e colpì il piede della bestia che gli stava per andare addosso. Dario non sapeva come colpire un elefante, né se un colpo l’avrebbe in qualche modo ferito.

      Non lo fece. Il colpo di Dario gli graffiò appena la pelle. La gigantesca bestia, infuriata, abbassò le zanne e ruotò di lato colpendo Dario alle costole.

      Dario fece un volo di dieci metri in aria sentendo l’aria mancargli dai polmoni e atterrando di schiena per poi rotolare nella polvere. Continuò a rotolare cercando di riprendere fiato quando udì il sommesso grido della folla.

      Si voltò e cercò di scorgere suo padre, preoccupato per lui. Con la coda dell’occhio lo vide scagliare la sua lancia in aria, contro il grande occhio di uno degli elefanti, poi rotolare da parte mentre la bestia si lanciava verso di lui.

      Fu un colpo perfetto e la lancia si conficcò saldamente nell’occhio dell’animale. L’elefante gemette e barrì mentre le ginocchia vacillavano e cedevano facendolo cadere a terra e rotolare, colpendo anche l’altro elefante e sollevando un’enorme nuvola di polvere.

      Dario si tirò in piedi, ispirato e determinato, e posò gli occhi su uno dei soldati dell’Impero che era caduto a sua volta e stava rotolando a terra. Il soldato si mise in ginocchio, si voltò e, sempre stringendo la sua lancia, mirò alla schiena del padre di Dario. L’uomo stava lì, ignaro. E Dario capì che in un attimo sarebbe stato morto.

      Scattò in azione. Si avventò sul soldato, sollevò la spada e colpì la lancia levandogliela di mano. Poi ruotò e lo decapitò.

      La folla gridò.

      Ma Dario ebbe poco tempo per godere del proprio trionfo: udì un boato e voltandosi vide l’altro elefante che si era rimesso in piedi – con il proprio cavaliere in sella – e si stava ora lanciando contro di lui. Senza tempo per scappare da alcuna parte, Dario rimase sdraiato sulla schiena, prese la lancia e la tenne tesa in alto mentre il piede dell’elefante gli piombava addosso. Attese fino all’ultimo momento, poi rotolò di lato proprio quando la bestia stava per pestarlo e schiacciarlo a terra.

      Dario sentì una forte folata mentre il piede dell’elefante gli piombava vicino mancandolo di pochi centimetri, poi udì un grido e il rumore di una lancia che si conficcava nella carne. Quindi si voltò e vide l’elefante che metteva un piede sulla lancia che stava dritta e gli trafisse completamente la zampa da una parte all’altra.

      L’elefante ondeggiò e si lamentò correndo in cerchio mentre il soldato che gli stava sopra perdeva l’equilibrio e cadeva facendo un volo di una quindicina di metri gridando e morendo, ucciso dalla caduta.

      L’elefante, ancora folle di rabbia, girò dalla parte opposta e colpì Dario con una zanna facendolo volare un’altra volta e rotolare dall’altra parte. Dario ebbe la sensazione che tutte le costole gli si spezzassero.

      Mentre si metteva carponi cercando di riprendere fiato, sollevò lo sguardo vedendo suo padre che combatteva valorosamente contro diversi soldati dell’Impero che erano stati fatti uscire dai cancelli per assistere gli altri. Si voltava e colpiva con il suo bastone abbattendone diversi da ogni parte.

      Il primo elefante che era caduto, con la lancia ancora nell’occhio, si rimise in piedi spronato da un altro soldato dell’Impero che gli era saltato sul dorso. Sotto la sua guida l’elefante barcollò ma poi si lanciò diretto contro il padre di Dario che, ignaro, stava continuando a combattere contro i soldati.

      Dario vide ciò che stava accadendo e rimase fermo, inerme, suo padre troppo lontano per poterlo raggiungere in tempo. Il tempo rallentò e Dario vide l’elefante girarsi contro di lui.

      “NO!” gridò.

      Dario guardò con orrore mentre l’elefante correva in avanti, dritto contro suo padre che non si aspettava nulla. Dario attraversò di corsa il campo di battaglia affrettandosi a salvarlo in tempo. Ma sapeva che sebbene corresse era tutto inutile. Era come guardare il mondo che gli cadeva addosso e si sbriciolava a rallentatore.

      L’elefante abbassò le zanne, si lanciò e trafisse il padre di Dario alla schiena.

      L’uomo gridò con il sangue che gli usciva dalla bocca mentre l’elefante lo sollevava in aria.

      Dario si sentì strozzare il cuore mentre suo padre, il più coraggioso guerriero che mai avesse visto, veniva sollevato in aria, trafitto da una zanna, lottando per liberarsi anche se stava morendo.

      “PADRE!” gridò Dario.

      CAPITOLO DIECI

      Thorgrin si trovava alla prua della sua nave con la mano stretta sull’elsa della spada e guardava con shock e orrore l’enorme mostro che era emerso dalla profondità del mare. Aveva lo stesso colore del sangue dell’acqua sotto di lui e mentre si ergeva sempre più alto gettava ombra sulla poca luce che c’era in quella Terra del Sangue. Aprì la sua enorme mandibola mostrando decine di file di zanne e allungò i tentacoli in ogni direzione. Alcuni erano addirittura più lunghi della nave e sembrava che la creatura dal profondo dell’inferno si stesse allungando per abbracciarli.

      Poi si tuffò contro la nave, pronta a divorarla tutta intera.

      Accanto a Thorgrin, Reece, Selese, O’Connor, Mati, Elden ed Angel brandivano le loro armi e stavano fermi e senza paura, pronti ad affrontare quel mostro. Thor si fece più risoluto sentendo la Spada della Morte che vibrava nella sua mano e capendo che doveva agire. Doveva proteggere Angel e gli altri e sapeva che non poteva aspettare che la bestia li raggiungesse.

      Thorgrin balzò in avanti per affrontarla mettendosi in piedi sul corrimano e sollevando la spada sopra la propria testa. Quando uno dei tentacoli si allungò per avvolgerlo di lato, lui fece ruotare la spada e lo mozzò. L’enorme tentacolo, tagliato, cadde sulla barca con un tonfo vuoto scuotendo il ponte, poi scivolò dall’altra parte e andò a sbattere contro il corrimano opposto.

      Neppure gli altri esitarono. O’Connor scoccò una raffica di frecce contro gli occhi della bestia mentre Reece tagliava un altro tentacolo che stava per colpire Selese. Indra scagliò la sua lancia colpendo il mostro al petto, Mati fece roteare il mazzafrusto mozzando un altro tentacolo ed Elden usò l’ascia per eliminarne due in un colpo solo. Tutti insieme i compagni della Legione si avventarono sul mostro attaccandolo come una macchina perfettamente sincronizzata.

      La bestia ringhiò per la rabbia dopo aver perso diversi tentacoli, colpita da frecce e lance, chiaramente presa alla sprovvista da quell’attacco

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