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style="font-size:15px;">      “Che fortuna – essere picchiato per essere salvato da una infermiera. Parla un italiano molto buono – come mai?”

      “Vivo in Baviera. Abbiamo molti contatti con gli italiani – siamo piuttosto vicini al confine austriaco e spesso scio sulle Alpi in Italia. Mio padre era un insegnante di lettere classiche e ci ha portati a Roma e in altri luoghi quando eravamo piccoli. Amava anche l'opera e il suo compositore preferito era Verdi.”

      “Non Wagner?”

      “No, lo riteneva prolisso e ampolloso, ma Verdi, Rossini, Donizetti – sono così pieni di vita e divertimento. In ogni caso, per questo motivo sono riuscita ad apprendere un po' di italiano e lui mi ha incoraggiata a venire qui a studiare. Era solito dire che lui era più un Romano che un Unno! Aspetti un attimo, cantò: ‘Studente son – e povero’. Gualtier Maldé – giusto?”

      Giuseppe rise – e questo gli fece di nuovo dolere il volto. “Non si preoccupi, non sono un Conte, se è questo che sta pensando – suo padre, invece, è un gobbo?”

      “No, lui non è Rigoletto e io non sono Gilda. Conosce le opere?”

      Maria – quello era il suo nome – lo aiutò a levarsi la giacca e la camicia – entrambe lacere e insanguinate – e poi cercò di aiutarlo a togliersi la canottiera ma lui si ritrasse. “Oh, per favore, sono un'infermiera, ho già visto di tutto. Devo vedere quando gravemente è ferito.”

      Con riluttanza e sentendosi sorprendentemente timido, lasciò che lei gli sollevasse la canottiera sopra la testa. Lei emise un rumore di disgusto quando vide le ammaccature che gli avevano procurato i suoi aggressori. Con gentilezza gli controllò le costole e lui trasalì quando lo toccò. “Mi dispiace. Credo che lei possa avere una costola incrinata. Non c'è molto che io possa fare al riguardo – deve solo essere paziente fino a quando guarirà.”

      Lo convinse a togliersi i pantaloni e guardò i tagli e le ammaccature sulle gambe provocategli dai calci che aveva ricevuto. Gli toccò un livido e lui si ritrasse. “Mi dispiace. Le fa male?”

      “No, è solo che non sono mai stato toccato lì prima – è strano.”

      Dopo che lo ebbe esaminato completamente disse “Non credo che ci sia nulla di rotto, a parte le costole. Ora la metto a letto e andrò a prendere del linimento per quei tagli.”

      Lo accompagnò con attenzione verso il letto, prese il suo pigiama da sotto il cuscino e, dopo avergli levato il resto dei suoi vestiti, lo aiutò a indossarlo e poi lo fece distendere. “Ha una chiave per poter entrare da sola?”

      “Si sta già trasferendo qui?”

      Lei arrossì. “No, certo che no, non intendevo… solo che non voglio che lei si alzi per farmi entrare, tutto qui.” Arrossì di nuovo e si affrettò a rimettersi il cappotto e a prendere la borsa che aveva lasciato sul tavolo. Prese la chiave dalla tasca rovinata dei pantaloni di Giuseppe e se ne andò.

      Lui si riaddormentò di nuovo ma si svegliò quando sentì aprirsi la porta. Era piuttosto buio ma lei entrò nell'appartamento in punta di piedi senza accendere la luce. Aveva portato una borsa della spesa che mise sul tavolo e cominciò a rovistarci dentro. Lui fece rumore. “Mi dispiace di averla svegliata, ho portato alcune cose per lei.”

      “Va tutto bene, non ero veramente addormentato.” Cercò di alzarsi e la staffilata di dolore proveniente dalla sua costola incrinata gli ricordò prontamente le sue ferite. Si lamentò e lasciò che lei mettesse il suo braccio attorno alle sue spalle e lo rimettesse in una posizione comoda.

      Lei divenne molto professionale, aprendogli il pigiama, pulendo e applicando un linimento giallo sulle sue ferite e le sue ammaccature. Poi si assicurò che stesse bene dandogli un'aspirina per calmare il dolore. “Ho della pasta, ce la fa ad alzarsi?”

      Sembrò essersi presa automaticamente la responsabilità di lui. Cucinò la pasta e gliela servì a letto, poi, dopo essersi assicurata che Giuseppe stesse bene si alzò per andarsene.

      “Se ne sta già andando?” chiese.

      “Sì, certo” disse lei.

      “Non può restare? Potrei aver bisogno di lei di notte. Posso dormire sul divano se vuole.”

      “Non so. Non è proprio corretto. Ci conosciamo a malapena.”

      “Io so che lei sale in autobus ogni mattina e scende ogni sera. L'ho osservata per settimane.”

      Lei sembrò leggermente scioccata. “Cosa? Mi ha osservata? Perché?”

      “Oh, non lo so. Lei è diversa, ecco tutto. Si nota.”

      “Straniera, intende” si stava trattenendo e cominciò ad alzarsi per andarsene.

      “No, per favore, non se ne vada. Sinceramente l'ho notata perché pensavo fosse bella. Differente. E lei lo è, no? Non intendo straniera – intendo solo, lo sa, attraente.” Ora era lui che stava arrossendo.

      Lei però lo stava guardando con affetto. “Lei è un po' strano, vero? Quello che ha detto è stato molto dolce. Ne sono commossa. E fare quello che ha fatto per me è stato veramente eroico.” Si abbassò e gli diede un bacio gentile sulle labbra. Lui cercò di evitare di saltare quando il suo labbro ferito gli fece male al contatto. “Mi dispiace, mi dispiace. Non avrei dovuto farlo. Non stavo pensando. Ora vado ma passerò domani mattina a controllare che lei stia bene.”

      Nel corso dei giorni successivi lei venne ogni giorno nel suo piccolo appartamento prima di andare a lezione e ritornò ogni sera per preparare la cena. Si occupò delle sue ferite mentre guarivano e, mentre preparava la cena, tenne l'appartamento pulito.

      Quando la sua salute migliorò, Giuseppe fu in grado di fare più cose da solo. Durante il giorno zoppicava, andava nei negozi lì vicino a comprare il cibo e ritornava a casa a prepararlo in modo che quando lei arrivava di sera poteva sedersi e mangiare il pasto che aveva preparato per lei.

      “Sembra che tu non abbia più bisogno di me,” gli disse una sera.

      “Cosa? Certo che ho bisogno di te” disse lui. “Come posso farcela senza di te?”

      “Ce la facevi prima, no? Stai molto meglio e credo sia tempo che tu torni ai tuoi corsi.”

      “Sì, sto meglio ed è così. credo. Ma possiamo incontrarci più tardi?”

      “Perché no? So dove abiti e tu sai dove prendo l'autobus.”

      Quella sera andarono in un bar insieme e poi tornarono nel suo appartamento per mangiare insieme la cena che lei insistette di cucinare. “Domani tocca a me” disse lui.

      Nel corso delle settimane che seguirono si incontrarono quasi ogni giorno. Lui andava alla fermata dell'autobus per salutarla quando arrivava o, se le sue lezioni finivano tardi, lei lo aspettava in un bar vicino al suo appartamento. Lui le presentò alcuni dei suoi amici del suo corso ma continuarono a mantenere le loro vite separate.

      Quando il suo corso stava per arrivare al termine, con l'avvicinarsi degli esami finali, gli ultimi ripassi e la preparazione impedì loro di incontrarsi così spesso. Tuttavia, colsero tutte le opportunità possibili per incontrarsi. Condividevano una passione per l’opera e comprarono i biglietti in piedi più economici a teatro per vedere una delle vecchie opere da loro preferite di Verdi, Bellini o Rossini, o una delle opere più moderne del maestro Puccini.

      Il

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