L'Angelo Dalle Ali Nere. Amy Blankenship
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Il suo sguardo meditabondo scrutò il viso di Kyoko mentre sorrideva e capì che non aveva paura di loro, li frequentava come se fossero suoi simili. Che cosa avrebbe dato per ricevere quello stesso sorriso... come se fosse un uomo e non un mostro.
Sentì il petto stringersi, ma scrollò le spalle mentre riportava l’attenzione sui due poliziotti che stavano entrando nella casa stregata improvvisata.
Poteva percepire l’attività demoniaca all’interno ma era più interessato alla sua fonte. Il padrone che controllava le pedine era il suo vero obiettivo. Distruggi il padrone e distruggi i suoi servi. Era un concetto semplice che molti sottovalutavano... finché non affrontavano effettivamente un maestro in combattimento. Solo allora non sembrava più così semplice.
Per prima cosa, doveva trovare i demoni maestri e ucciderli. I Guardiani si sarebbero occupati degli altri parassiti... i bersagli facili. Girò lentamente la testa e guardò verso il cimitero prima di sparire.
Kamui bevve rumorosamente il suo frullato al mirtillo, poi rosicchiò la cannuccia per un po’. Vide sparire l’uomo che stava seguendo Kyoko da quando lei e Toya erano arrivati, e sorrise. Voltandosi verso un altro computer, osservò il fermo immagine di Darious.
“Finalmente ci hai trovati.” pensò, assicurandosi di tenere quel particolare pensiero al sicuro da Amni e Yuuhi. Si era chiesto spesso se l’angelo nero fosse ancora in giro da qualche parte.
Ingrandì l’immagine e il suo sorriso si spense quando notò la solitudine che tormentava lo sguardo di Darious.
*****
Kotaro e Yohji si avvicinarono alla donna in piedi all’ingresso della Casa degli Orrori e fecero per entrare. Notarono subito un cartello con cui si vietava l’ingresso ai minori di 18 anni, quindi significava che venivano controllati i documenti.
«Perché c’è il limite di età? Ci sono zombi nudi o cose del genere?» scherzò Yohji, anche se sperava segretamente di avere ragione.
«Scusate.» disse la donna «Per l’ingresso sono dieci dollari.»
Yohji borbottò: «Venti dollari in due? È una rapina.»
Kotaro le mostrò il distintivo e sorrise. «Lei non vuole la nostra quota ed è arrivata l’ora di fare una pausa.»
Il distintivo attirò l’attenzione della donna, incapace di distogliere lo sguardo dalla luce blu.
«Non voglio la vostra quota.» ripeté lei con aria confusa.
Kotaro guardò Yohji, «Andiamo.»
Entrarono mentre la donna scuoteva la testa confusa, poi guardò l’orologio e decise che era ora di andare a mangiare qualcosa.
La porta principale si chiuse dietro di loro mentre si guardavano attorno. L’ingresso era a forma di esagono, con piccoli tavoli rotondi disposti in ogni angolo. Al centro c’era una tavola rotonda più grande con fiori appassiti e una ciotola di frutta marcia finta, il tutto ricoperto di segatura e ragnatele finte.
Si destarono quando notarono il cartello con la parola “Entrata” scarabocchiata in lettere contorte, accanto a una porta coperta da una tenda e senza nessuna guida. La musica raccapricciante di un organo a canne risuonava dagli altoparlanti, dando alla stanza quella che doveva essere una certa atmosfera, ma era solo cattivo gusto.
«Sembra un’agenzia di pompe funebri.» mormorò Yohji, «C’è persino una bara.»
Si avvicinò e, in preda alla curiosità, sollevò il coperchio. Una decisione di cui si pentì all’istante per il cattivo odore.
«Kotaro... dimmi che è tutto finto e sarò tuo amico per sempre.» lo implorò mentre si raggomitolava.
Kotaro era già diretto verso la porta coperta. Indietreggiò per guardare dentro la bara e si allontanò di colpo. Un umano dilaniato giaceva sul raso insanguinato, grottescamente contorto in modo che le due metà del suo corpo fossero rivolte in due direzioni diverse, anzi, tre se si contava l’inclinazione della testa.
Era un innocente che probabilmente si era offerto volontario per una notte di divertimento, fingendo di alzarsi dalla bara per spaventare gli avventurosi che entravano nella stanza. Ma ora non si sarebbe più rialzato... o almeno così sperava Kotaro.
Chiuse la bara, non c’era più niente che potessero fare per lui.
«Immagino che questo risponda alla domanda sul perché non ci sia una guida.» disse Yohji mentre si allontanava dalla bara, guardando con nostalgia la porta da cui erano entrati.
«Fa parte del tuo lavoro, Yohji.» dichiarò Kotaro «Lo sapevi quando Kyou te l’ha offerto. L’unica cosa che possiamo fare è assicurarci che non vengano uccisi altri innocenti come questo povero ragazzo.»
Si portò una mano all’auricolare, sapendo che gli altri erano in ascolto: «Abbiamo già una vittima.»
«Così inizia la notte dei demoni.» disse Kamui.
Kotaro abbassò la testa, sperando che l’aldilà fosse clemente con quel ragazzo, ma qualcosa sul pavimento accanto alla bara attirò la sua attenzione... impronte insanguinate.
«Ehi, Yohji.» disse piano, allontanandosi lentamente, «Guarda qua.» aggiunse, indicando il tappeto.
Yohji fissò quelle che sembravano impronte insanguinate, che attraversavano il tappeto e scomparivano dietro la porta coperta... non erano umane. Da quello che vedeva, avevano le dita più lunghe del normale e delle unghie ancora più lunghe.
Kotaro gli fece cenno di stare in silenzio e Yohji annuì, estraendo la sua PPK dalla fondina, poi lo seguì nella stanza oltre il sipario.
Percorsero diverse stanze tra luci stroboscopiche e grida fasulle, e iniziarono a rilassarsi pensando che il resto della casa fosse vuoto. Entrarono nella stanza successiva e si bloccarono quando videro un piccolo gruppo di visitatori che saltellavano e strillavano, alcuni ridendo.
Oltre la corda di velluto rosso era in atto la scena della motosega di un film famoso... uno dei preferiti di Kotaro. L’unico problema era che il tipo che stava torturando il corpo sul tavolo non era umano. Mentre la persona distesa era più che reale... ed era ancora viva. La donna era legata e urlava chiedendo aiuto, ma i visitatori credevano che facesse parte dello spettacolo.
Kotaro avvertì un senso di nausea e lanciò un’occhiataccia al mostro che indossava la maschera di pelle umana. Un altro povero essere che era caduto vittima del “gul”.
«Perché non abbiamo sentito le urla finora?» sussurrò Yohji terrorizzato.
Kotaro si mosse quando la motosega si avvicinò alla gamba insanguinata della donna. Proprio mentre le luci tremolanti si spegnevano per un istante, saltò oltre la corda e squarciò il soffitto, facendo scoppiare un tubo che inondò di acqua fredda i visitatori.
«Assicurati che escano tutti dalla porta principale.» sibilò verso Yohji mentre estraeva la sua Berretta. «Qui ci penso io.»
Yohji annuì e scortò il gruppo fuori dalla stanza fino al salotto. Chiuse la porta e sistemò il catenaccio in modo che nessuno potesse entrare. Aveva l’impressione che un sacco di gente avrebbe chiesto il rimborso del biglietto, ma meglio essere