La Spia. Juan Moisés De La Serna

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La Spia - Juan Moisés De La Serna

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nebbia del mattino, e con loro tante e tante esperienze.

      Qualcuno mi ha suggerito di scrivere un libro, come se fosse facile alla mia età! Mi hanno persino proposto di fare un documentario sulla mia vita ma non sono d’accordo.

      Potrei dire tante cose, ma non mi sento abbastanza forte da ricordare tutto, specialmente davanti a una telecamera e con degli sconosciuti che ascoltano.

      Ogni volta che ricordo un fatto mi eccito, perché lo vivo come se stesse accadendo in quel momento, ma poi, quando finisce, provo una profonda tristezza, rendendomi conto che è solo un ricordo, qualcosa del passato che è stato relegato nel tempo, quasi dimenticato.

      Non so perché, ma i miei ricordi di gioventù e infanzia sono sempre più nitidi, riesco a malapena a ricordare cosa ho mangiato ieri, ma riesco a ricordare le avventure che ho vissuto quando ero piccolo, o i momenti salienti che mi sono capitati durante il liceo.

      Tutte le persone con cui ho parlato e che ho incontrato, coloro che ho amato e mi hanno amato, famiglia, amici e conoscenti, tutto quell’amore e quell’emozione condivisa, e non so più dove siano.

      Sicuramente hanno vissuto la loro vita, e si stanno godendo i loro figli e anche i loro nipoti ovunque siano, ma a volte avrei tanto bisogno di non sentirmi solo!

      La parte peggiore sono le notti, a volte quando cerco di dormire mi tornano in mente un sacco di ricordi, di esperienze accadute in casa, le esperienze di un vecchio si potrebbe dire, ma è tutta una vita, giorno dopo giorno, quante cose vissute! E inizio a pensare, e un pensiero tira l’altro, e un altro, e a volte le ore passano e non riesco a dormire, finché la stanchezza e lo sfinimento non hanno la meglio.

      Altre volte sono i miei acciacchi che mi impediscono di addormentarmi, quando non è una cosa è un’altra; se resto troppo tempo in una posizione, si lamenta il ginocchio oppure la schiena e così via ogni notte, finché non riesco ad addormentarmi.

      Questo sì, la sveglia mi chiama ogni giorno alle sei del mattino, come ha fatto da quando ho iniziato a lavorare quando ero giovane.

      Una “mia mania” come diceva la mia cara moglie, che non ho mai abbandonato anche quando invecchiando ho smesso di avere obblighi, ma mi è sempre piaciuto approfittare del tempo, e non lasciare che il sole si levasse prima di me.

      Forse era la forza dell’abitudine, o forse mi sentivo a mio agio sapendo che cosa dovevo fare ogni mattina, qualunque cosa fosse, e per quanto lei abbia cercato di convincermi, mi svegliavo sempre a quell’ora che il sole fosse sorto o no.

      Ogni giorno, appena mi alzavo, cercavo uno spazio aperto e facevo i miei esercizi, qualche stiramento per avere un po’ di elasticità, abbastanza per darmi una scossa prima di lavarmi il viso con acqua fredda.

      “Il segreto della mia pelle liscia è l’acqua fredda al mattino!”, aveva sentito dire da un attore famoso, che si vantava di una cute liscia nonostante i suoi molti anni.

      Alla mia età, non lo faccio per l’estetica, o per la pelle, solo per schiarirmi le idee ma, mentre è stato necessario per molto tempo e mi preparava ad andare al lavoro e iniziare la giornata, ora… molte volte mi trovo davanti allo specchio del bagno chiedendomi: “E adesso?”

      Mi lavo di nuovo la faccia, nella speranza di poter pensare a qualcosa da fare durante il giorno, e niente… Guardo lo specchio, e mi restituisce un volto che difficilmente riconosco, le rughe che non c’erano prima, ora ricoprono tutto il viso e non solo, guardo anche le mani…

      Non so come si sentano gli altri quando invecchiano, ma nel mio caso, non è stata una cosa piacevole, visto che a poco a poco tutti i miei sogni e le mie illusioni hanno cominciato a diluirsi nel tempo.

      È molto quello che ho ottenuto, ma per cosa? Chi si ricorderà di me, del mio lavoro e dei miei sforzi? A chi importerà delle migliaia di ore che vi ho dedicato?

      Sicuramente qualcuno ad un certo punto, si ricorderà che un giorno mi ha incontrato, ma al di là degli amici e della famiglia, a nessuno è importato di ciò che ho fatto e realizzato.

      So che non posso lamentarmi, ho avuto una vita relativamente buona, mi sono sempre dedicato a ciò che volevo di più, ma nonostante questo, ora… sono rimasti solo i ricordi, e in molte occasioni, neanche quelli.

      A volte andavo in ufficio, dove conservo tante cartelle di lavoro che ho accumulato anni fa, mi sedevo e ne aprivo alcune e le riesaminavo, guardando e ricordando il lavoro realizzato.

      Tante note sottolineate con evidente emozione, pensando che questo avrebbe “fatto la differenza” come dicono i giovani di oggi ma il tempo ha lasciato tutto questo nell’oblio.

      Gli anni sono passati e quello che un tempo ricordavo con orgoglio, è diventato quasi uno strano sentimento di curiosità, vedevo quelle pile e non sapevo cosa contenessero, le aprivo per sapere cosa fossero e il disagio mi sopraffaceva, sicuramente tutto ciò era mio, ma non mi ricordavo di averlo scritto, né quando era successo.

      Ero sicuro che fosse la mia calligrafia almeno su questo non avevo dubbi, era in ognuna delle centinaia di quaderni e rapporti sparsi qui e lì ma ero a mala pena in grado di rendermi conto del tempo profuso in quel lavoro.

      Fu in quei momenti che mi resi conto di quello che mi stava succedendo, stavo perdendo la memoria, quella che era sempre stata ottima, adesso non ero nemmeno in grado di riconoscere ciò che avevo scritto io.

      I miei incartamenti avevano cessato di essere miei, erano documenti di uno sconosciuto con la mia calligrafia ed ero incapace di vedere alcun tipo di ordine tra così tante cartelle.

      In più di un’occasione, ero così infuriato che le gettai sul pavimento, e …non so… speravo che non fosse così… Ma era tutto inutile, e la sensazione di disperazione mi pervadeva facendomi credere che la vita non fosse servita a niente.

      Dopo un po’, quando riuscivo a rassicurarmi, raccoglievo carta dopo carta, e senza sapere come, le riponevo dove pensavo fosse il loro posto, senza nemmeno riuscire a ricordare cosa contenessero non mi rimaneva che classificarli in base alla data che compariva in ognuno di quei manoscritti in alto a destra, anche se a volte era un compito faticoso, non smettevo finché non avevo ricomposto quel puzzle, anche se non riuscivo a rispettare l’ordine cronologico di tutti, almeno potevo avere i documenti di ogni anno riuniti.

      È passato molto tempo dall’ultima volta che ci sono stato, mi fa venire rabbia! Così tante ore di lavoro tra quelle quattro mura, tra quei documenti che non so nemmeno più cosa siano, e neppure se sono di qualche utilità.

      Di tanto in tanto mi siedo davanti alla televisione, a volte anche spenta, e cerco di ricordare alcuni momenti passati, occasioni in cui eventi gravi sono stati nascosti al pubblico per non diffondere il panico, e immagino come sia stata la loro vita, ignari del pericolo che avevano corso.

      Hanno vissuto una vita così intensa, che a malapena si rendevano conto del lavoro che c’era dietro per assicurargli quel benessere.

      Ricordo ancora la prima volta che ne sentii parlare. La mia abilità per i numeri mi aveva messo in luce tra i miei compagni durante il servizio militare, cosa che sarebbe passata inosservata a chiunque ma non al mio capitano che, quando se ne rese conto, volle promuovermi.

      Una decisione di cui sarò sempre grato, perché mi diede l’opportunità di fare un grande servizio per il mio paese, e di salvare così tante persone da quella che sarebbe stata sicuramente una morte dolorosa.

      – Hai

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