La Spia. Juan Moisés De La Serna

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La Spia - Juan Moisés De La Serna

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mie memorie! Quante volte mi hanno proposto di scriverle per registrare quello che avevo vissuto in modo che le nuove generazioni potessero imparare da questo, ma ovviamente non potevo! Mi era stato proibito di farlo, infatti, avevo firmato una moltitudine di contratti di riservatezza sul mio silenzio assoluto, come parte del mio lavoro.

      Se avessi rivelato i segreti militari che conoscevo, sarebbe stata la mia condanna a morte.

      Beh, detto così sembra molto drastico, ma era la verità. L’avevo già visto, fanatici che volevano alzare la voce e raccontare ai quattro venti i segreti del Governo su cui avevano lavorato e anche qualche giornalista che era disposto a raccontarlo in prima pagina, e tutti loro erano semplicemente scomparsi.

      Incidenti stradali o nella vasca da bagno di casa erano le ragioni ufficiali; in questo modo, un paio di giorni prima delle loro rivelazioni, le persone coinvolte semplicemente svanivano.

      È una cosa che ci hanno insegnato fin dal primo giorno, con il Governo non si gioca! Sanno tutto e non permettono fughe di notizie.

      Anche quando ci sono, sono loro che le creano, perché non permettono che un singolo dettaglio venga fuori senza la loro autorizzazione.

      Per molto tempo non ho potuto fare altro che chiudere la bocca e guardare dall’altra parte, agire come se tutto fosse normale, come se la società così come la conosciamo non avesse alternative, ma non è così.

      Ho cercato di tenere la mia documentazione personale di tutto quello che ho fatto, come fosse un registro di attività ma non è stato possibile, il giorno in cui ho lasciato l’esercito curiosamente tutte le mie cose sono state confiscate e mi hanno permesso solo di portar via dalla base una valigia con i miei vestiti.

      Io, che avevo accumulato così tante informazioni, che avevo apprezzato la mia casa dal giorno in cui ero entrato nell’esercito, mi ritrovai con una piccola valigia e il numero del conto di una banca dove avrei ricevuto la mia pensione per il resto dei miei giorni.

      Nei mesi seguenti mi chiusi nell’ufficio in casa nel tentativo di ricordare tutto, cercando dati e trascrivendoli per ricreare i miei file, un lavoro faticoso, che ha portato a un ufficio pieno di cartelle ovunque, e per cosa?

      Quando entravo in quel luogo ero orgoglioso del lavoro fatto e di essere stato in grado di raccogliere così tante informazioni, ordinarle, classificarle e dargli un senso, ma ora, riconosco appena il contenuto di quella montagna cartelle.

      Quando le guardo, e leggo il titolo, penso che sia importante, ma ho perso la curiosità per queste cose da molto tempo.

      Immagino che ora sia tutta carta vecchia, casi passati che non interessano a nessuno, segreti governativi che sono stati dimenticati.

      Così tante vite salvate che non sapranno mai di esserlo state, così tanto lavoro fatto per raggiungere lo scopo e il mondo continua a essere ignaro della realtà che stava per vivere.

      “Un cambiamento nel corso della storia”, ci disse il nostro comandante quando ci diede il nostro primo caso.

      Avevo finito la formazione dopo il duro addestramento. A differenza di quello che avevo immaginato, lì non dovevo fare attività fisica, quanto intellettuale; dal primo giorno mi fecero frequentare lezioni di ogni tipo soprattutto di lingue e matematica.

      Presto iniziarono a darmi lezioni private di una branca di cui non avevo mai sentito parlare fino ad ora, la crittografia.

      Questa è un’arte, per così dire, l’abilità di nascondere i messaggi in bella vista, cosa già utilizzata dagli antichi greci, e che consiste nel fare variazioni sul testo, sia nella posizione delle lettere o delle lettere stesse, per far pervenire il messaggio al destinatario senza che nessun altro sia in grado di capire senza la chiave di decifratura.

      La macchina Enigma era la prima e ultima cosa che vedevo durante le mie lezioni è stata come la summa dello sviluppo matematico per la codifica dei messaggi.

      All’inizio sembrava tutto un po’ confuso e complicato, ma quando me lo mostrarono come semplici processi matematici concatenati, tutto fu più facile da imparare.

      Non si tratta che di rendere difficile la lettura di un messaggio, almeno difficile per il nemico, perché deve essere semplice e inequivocabile per chi lo riceve.

      Ho letto così tanti messaggi in codice, che a volte sono arrivato a sognarli mentre li decifravo. I numeri, il segreto, chi avrebbe mai pensato che ci fosse una relazione così stretta tra i due?

      Quando iniziai, ero così entusiasta che ho persino osato proporre i miei metodi di codifica, ma naturalmente molti prima di me ci avevano provato e le mie chiavi venivano scoperte rapidamente e il mio metodo smascherato.

      Si trattava di realizzare una codifica impossibile da decifrare ad eccezione della persona che aveva la chiave di decrittazione.

      Ci chiedevano di essere in grado di inventare nuovi metodi, mentre ci mostravano i messaggi intercettati da decifrare.

      All’inizio erano semplici messaggi di prova, con contenuti semplici come, ” ben fatto!”, “Stai migliorando! “ma presto cambiarono, erano veri messaggi usati in tempi antichi per comunicare posizioni, nomi di basi o missioni.

      E poi iniziarono ad arrivare nelle nostre mani “messaggi dal nemico”, come li chiamavamo, anche se non sapevamo a chi appartenessero.

      Erano messaggi intercettati, che dovevamo decifrare e capire senza possibilità di errore quello che stavano dicendo.

      Da qui l’importanza di conoscere le lingue, perché questi, a differenza di quelli che avevamo visto finora, non erano in inglese e la prima cosa che dovevamo fare era identificare la lingua in cui erano scritti in modo da poter decifrare il messaggio.

      Alcuni erano semplici come il francese o il tedesco, perché hanno accenti molto caratteristici che li rendono facilmente identificabili, ma, al contrario, altri erano molto complicati per noi, come quelli dei paesi dell’Europa Orientale.

      Anche se era chiara l’origine, a causa dell’influenza del russo nei loro caratteri, identificare da quale dei molti paesi della cosiddetta “cortina di ferro” era arrivato rendeva quel compito più complicato.

      I nostri nemici, d’altra parte, sembravano avere lo stesso nostro compito, di complicare tutto e se fossimo riusciti a decifrare un codice, quello successivo sarebbe stato più complesso matematicamente.

      Ma tutto quello sforzo era valso la pena, eravamo riusciti a fermare spie, transazioni con informazioni sensibili rubate, e anche attacchi su piccola scala, ma questo non era nulla nel nostro record di successi.

      Man mano che progredivamo nel nostro lavoro, diventavamo sempre meno, essendo stati distribuiti in tutto il paese come specialisti di intelligence, per aiutare le varie agenzie governative.

      Anche se tra noi mantenevamo una corrispondenza regolare in modo da condividere i progressi che realizzavamo, il lavoro divenne gradualmente più solitario, più tecnologico, le macchine all’inizio e i computer dopo, cominciarono a giocare un ruolo notevole nel nostro lavoro.

      Non era più necessario fare grandi calcoli per trovare i valori di sostituzione, ora era sufficiente dare i parametri alla macchina, in modo che lavorasse per noi, ma naturalmente, era necessario dare loro i parametri giusti in modo che funzionasse correttamente.

      Questo era il più grande rischio

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