Terre spettrali. Софи Лав

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Terre spettrali - Софи Лав Un Casper a quattro zampe

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lì impalata per qualche secondo, fissando la porta d'ingresso e cercando di calmarsi. Proprio mentre si allontanava dal banco della reception per tornare nella sala da pranzo e concentrarsi nuovamente sull’assaggio dei dolci di Posey, sentì un rumore di passi, rapidi e pesanti, provenire dal piano di sopra.

      Pensò immediatamente ai fantasmi, ma questi passi erano molto più presenti. Più reali. Sentì che si avvicinavano alle scale, per poi iniziare a scenderle. Marie scacciò infine ogni ipotesi paranormale: era soltanto Benjamin. Solo che sembrava un po' spaventato e confuso.

      “Dov'è il tuo ospite?” domandò.

      “L'ho cacciato via. Tutto bene, Benjamin?”

      “Sì. Ma… Credo che di sopra ci sia qualcosa che devi vedere.”

      Marie fremeva ancora dalla rabbia per l'incontro avuto con Avery Decker, ma dovette reprimerla con ancora più decisione, per evitare di innervosirsi con Benjamin. Le sfuggì, invece, un commento passivo-aggressivo: “Ancora qualcosa per cui mi toccherà mettere mano al portafoglio?”

      “No, niente del genere. Solo… vieni a vedere.”

      Benjamin si diresse verso le scale e Marie lo seguì, senza sapere cosa aspettarsi. Di solito Benjamin la scomodava con le sue domande e i suoi aggiornamenti solo quando si trattava di questioni davvero importanti. Marie gli aveva chiarito sin dal principio che non era il caso di interpellarla per qualsiasi decisione di poco conto, che si fidava del suo giudizio e della sua esperienza.

      Benjamin la condusse nell'ultima camera del corridoio del piano di sopra, dove stava cambiando la vecchia e malridotta moquette nel ripostiglio. Quando entrarono, Marie notò che la porta dello stanzino era aperta. Per quel che poteva vedere, Benjamin non aveva ancora iniziato.

      “Dunque, di che si tratta?” chiese.

      “Ero dentro lo sgabuzzino, e stavo iniziando a togliere la vecchia moquette quando ho notato qualcosa di molto strano sulla parete. Guarda tu stessa.”

      Marie notò che Benjamin si teneva a debita distanza dal ripostiglio. Non sembrava spaventato, ma decisamente confuso per qualche oscuro motivo. Marie era un po' scocciata e non capiva perché Benjamin non le dicesse semplicemente quale fosse il problema, ma c'era anche un certo eccitante alone di mistero in quella faccenda.

      Entrò nel ripostiglio. Era di dimensioni modeste, un po' più grande di un tipico armadio a muro, ma non così spazioso da poterci distendere completamente le braccia. Guardò per terra e vide che Benjamin aveva iniziato a rimuovere la moquette nell'angolo in fondo. Subito notò la stranezza a cui aveva accennato.

      A circa sette centimetri dall'angolo, c'era una riga dritta incisa nel muro. Si inginocchiò per osservarla meglio e vide che non si trattava di un'incisione, ma piuttosto di una fessura. Continuava per circa quindici centimetri poi spariva. Per come scompariva all'improvviso, si accorse che la parete non era pitturata, ma ricoperta da carta da parati. Come aveva fatto a non rendersene conto fino ad allora?

      “Sapevi che c'era della carta da parati qua?” domandò a Benjamin.

      “No,” rispose lui, tenendosi sempre a debita distanza.

      “Di cosa pensi si tratti?”

      “Credo che sia una porta. Ma non volevo strappare la carta da parati senza il tuo permesso.”

      Marie non ci pensò nemmeno un secondo. Allungò la mano e strappò la carta. Venne via più facilmente di quanto si aspettasse. L'operazione richiese diversi passaggi, ma fu completata rapidamente. E più tirava via la carta da parati, più il sospetto di Benjamin si dimostrò fondato.

      Quando la carta da parati fu del tutto rimossa, si materializzò, in effetti, una porta. Era rimasta nascosta per chissà quanti anni, e attendeva soltanto di essere aperta.

      CAPITOLO SEI

      La porta era sottile e piuttosto leggera, fatta di semplice legno grezzo. I cardini sembravano essere stati montati frettolosamente. Anziché un pomello, c'era una maniglia ad anello che ricordò a Marie quella di un castello o di una segreta sotterranea.

      I sentimenti di Marie oscillavano tra l’eccitazione e il terrore. Chiaramente, qualcuno aveva voluto nascondere quella stanza. Certo, era stata camuffata in modo piuttosto sciatto, con della semplice carta da parati, ma comunque… era stata nascosta. Si prese un momento per decidere se dovesse aprirla oppure no.

      “La vuoi aprire?” domandò Benjamin, sbirciando dalla soglia dello stanzino.

      “Credo che dobbiamo,” disse Marie, prendendo finalmente una decisione. “Cioè… è una stanza nascosta nella casa della mia prozia.”

      Afferrò la maniglia, sollevò l'anello, e tirò.

      La porta cigolò ma si aprì con facilità. Prima ancora che si spalancasse del tutto, ne uscì un olezzo di muffa e polvere. A Marie venne immediatamente da starnutire. Quando poi la porta fu completamente aperta, Marie si ritrovò a osservare una stanza minuscola, grande circa un quarto della camera in cui si trovava. Doveva essere all'incirca tre metri per due metri e mezzo. Non c'erano finestre e, da quel che poteva vedere, nessuna luce. La stanza era stata rifinita grossolanamente; le pareti non erano altro che tavole inchiodate alla struttura della casa mentre il pavimento sembrava fatto da alcuni grossi fogli di compensato imbullonati l'uno sull'altro e inchiodati a terra.

      Al centro della stanza c'era un tavolino verniciato costruito con del legname di scarto. Sembrava molto vecchio, così come la sedia che lo accompagnava. Sul tavolino era appoggiato un libro e, giusto accanto, si trovava una candela in parte bruciata dentro un portacandele d'ottone. Sia il libro che la candela erano ricoperti da uno spesso strato di polvere.

      Marie entrò nella stanza e avanzò verso il tavolo. Fu sul punto di prendere il libro ma anche solo pensare di volergli cambiare posizione le sembrò inappropriato, così all'ultimo momento ritrasse la mano. Il libro era un po' più grande rispetto a un moderno libro cartonato e il testo sulle pagine era disposto in due colonne. Si avvicinò, gli occhi immediatamente attratti dalle pagine polverose.

      Un grido proveniente dal piano di sotto la fece sobbalzare: si allontanò dal tavolo con un salto all'indietro, trattenendo a stento un grido di spavento.

      “Ehi, Marie!” Era la voce di Posey. E anche se aveva il tono allegro di sempre, aveva comunque iniettato una bella dose di paura in Marie, specie dal momento che si trovava in quella stanza segreta, gli occhi concentrati su un libro misterioso. Voleva iniziare a leggerlo per scoprire di cosa trattasse, ma sapeva che se avesse posato gli occhi sul volume sarebbe poi stato impossibile staccarsene. Decise dunque di voltarsi e di prestare attenzione a Posey.

      “Sì?” rispose, uscendo lentamente dalla stanza.

      “Qualcuno ha appena parcheggiato. Forse un cliente. Sembra il tipo di persona che attirava qui Brendan.”

      Portare avanti quella conversazione urlando da una parte all'altra della casa le stava facendo venire l'emicrania. E sebbene quella stanza l'affascinasse tanto che non avrebbe voluto allontanarsene, sapeva anche che doveva trattare ogni singolo ospite come se fosse speciale. Era una regola a cui sperava di riuscire ad attenersi sempre, ma era specialmente valida adesso che era sull'orlo di un tracollo finanziario.

      Si costrinse dunque a uscire definitivamente dalla stanza. Mentre andava via, Benjamin chiese: “Cosa devo fare ora? Devo sempre sostituire la tappezzeria?”

      “Non adesso,” rispose Marie. “Per il

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