Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti. Italo Svevo

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Italo Svevo: Opere Complete - Romanzi, Racconti e Frammenti - Italo  Svevo

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lo aveva trattato con affettato disprezzo. Mai bella, nell’ultimo tempo era divenuta più piacente; avendo passato l’epoca dello sviluppo, la sua bocca appariva più piccola e il volto quindi più regolare, le manine erano belle, i piedi piccoli sempre elegantemente calzati. Qualche zerbinotto al Corso le aveva fatto dei complimenti, i quali la facevano risentirsi più fortemente dell’indifferenza di Alfonso. Quando le dissero, la madre non seppe tacere neppure con essa, che Alfonso era innamorato, ella divenne con lui più mite perché quest’amore le parve scusasse il suo contegno.

      Gustavo fu il più franco. Andò diritto da Alfonso e gli raccomandò, per il caso che diventasse genero di Maller, di procurargli un posto di fante alla banca ove sospettava si stesse molto comodi. Costui era ancora l’unica persona della famiglia Lanucci che ad Alfonso non dispiacesse. Preferiva anzitutto la sua franchezza alla falsità degli altri, a quelle allusioni che pure per una o per altra ragione non erano disinteressate. Il carattere di Gustavo gli piaceva. Da lungo tempo il giovane Lanucci aveva cessato di lottare contro la propria poltroneria e per risparmiarsi i rimorsi l’aveva elevata a teoria. Così era divenuto tranquillo tanto, che a parlare con lui, vedendolo sempre quieto, contento di sé, senza dubbi, anche Alfonso trovava pace. Nei suoi lunghi riposi, Gustavo aveva fantasticato molto e il bisogno di denaro gli aveva dato delle idee originali e comiche. Il suo buon umore era inalterabile e non cedeva né alle sgridate dei cari genitori (non ometteva mai l’aggettivo), né ai rimproveri degli eventuali principali cui egli sempre attribuiva dei caratteri bizzarramente infelici: — Non sanno vivere! — diceva veramente sorpreso quando li vedeva adirarsi per un disordine in carte che avevano affidato alle sue cure oppure per qualche sua impertinenza. — Uomini che moriranno giovini — oppure: — Ecco un uomo che io non sposerei.

      Macario rimase assente per tutto il mese di marzo e Alfonso fece le sue passeggiate alla mattina con Gustavo il quale era mattiniero, unica buona abitudine a cui si fosse riusciti di costringerlo. Erano passeggiate brevi a un colle situato circa mezz’ora di cammino lontano dalla città. Giuntivi, Alfonso cercava l’ombra e si sedeva, mentre Gustavo si sdraiava al sole come un gatto, e per certe sue teorie igieniche apriva la bocca per farvi entrare luce e calore. Stava zitto per delle ore come Alfonso sebbene per tutt’altre ragioni. Teneva gli occhi chiusi e si addormentava definitivamente, o cadeva in una specie di nirvana in cui nulla comprendeva pur ancora balbettando delle parole senza senso. Quando aveva denari, e per pochi che fossero, non abbandonava la città, perché preferiva di dormire in qualche bottega di caffè o stare a guardare per delle intere giornate a giuocare a bigliardo. Non giuocava perché non amava agitarsi, e non si ubriacava che di rado perché dopo una sbornia rimaneva indisposto per molto tempo. Aveva amici sobri, lavoratori, operai delle diverse officine per le quali era passato. Lo amavano molto perché buffone e più anche perché non aveva giammai gareggiato con nessuno.

      Nell’ozio gli venne la buona idea di addossarsi volontario un lavoro che da prima non gli parve né difficile né faticoso: si propose di trovare il marito per la sorella. Diceva che l’età di Lucia domandava il matrimonio e ch’era certo che se nessuno se ne curasse lo sposatore non si sarebbe trovato giammai. Chiese ai genitori il permesso di poter condurre in casa dei giovanotti suoi amici. Il padre glielo diede pronto, perché per lui il matrimonio di Lucia avrebbe significato l’eliminazione di una bocca dalla casa. La madre invece si oppose ma era a magro di argomenti non avendo il coraggio di dire delle sue speranze su Alfonso. Si rosicchiava le unghie. Aveva parlato con disprezzo degli operai amici di Gustavo.

      — Non vuoi accordarla a un operaio? — chiese il vecchio sorpreso. — E a chi poi? Attendi qualche principe?

      Da molti anni padre e figlio non s’erano trovati tanto d’accordo e marciavano uniti contro la povera donna che in cuor suo, mentre si difendeva alla meglio, malediceva Alfonso che ancora non aveva voluto innamorarsi dell’unica giovanetta del suo stato ch’egli avvicinasse. Finì col fare una buona proposta. In luogo degli amici di Gustavo, operai o peggio, bisognava trarre in casa gli amici di Alfonso, agenti di banca e scritturali.

      — Anche quelli! — disse il vecchio approvando, — ma però quelli e questi perché così siamo più sicuri di arrivare al nostro scopo.

      Diede formalmente a Gustavo l’incarico di condurre in casa i suoi amici, i più ricchi, possibilmente.

      Intanto la Lanucci aveva ora l’occasione di parlare in argomento con Alfonso e non sperava poco da questo colloquio. Se il disgraziato, così ella lo chiamava, avesse tradito dubbi, dispiacere o la menoma esitazione, ella avrebbe trovato il modo di salvare Lucia dagli amici di Gustavo.

      Egli aveva preso l’abitudine di ritirarsi nella sua stanza anche dopo pranzato per non essere obbligato ad assistere al vuoto chiacchierio dei Lanucci durante la mezz’ora di tempo che aveva prima di andare all’ufficio. Un giorno ella ve lo seguì. Vedendola, Alfonso che s’era già messo al tavolo, si alzò e stettero uno di fronte all’altra fra il tavolo e il letto.

      Affettuosa come non era stata da lungo tempo con lui, gli disse ch’essendo già abituata a considerarlo quale figliuolo gli chiedeva un favore di quelli che non si chiedono solitamente che ai propri intimi.

      — Dica! dica! — la incoraggiò Alfonso con gentilezza.

      — Così presto non si può dire, bisogna che le spieghi parecchie cose.

      Amava di parlare e mentre Alfonso con fatica si costringeva ad ascoltarla, ella cominciò a raccontare la storia della sua famiglia, alla quale, ella asseriva, competeva tutt’altra posizione di quella che occupava. Era impoverita per alcuni errori di suo padre, catastrofe ch’ella ingrossò descrivendo il loro stato anteriore come più elevato di quanto fosse stato in realtà.

      — Quindi, — il discorso era stato preparato e aveva capo e coda, — non possiamo rassegnarci a vivere in questa posizione mentre se acconsentiamo di maritare Lucia ad un operaio o altra simile gente, — col suo disprezzo le pareva di fondare meglio il suo diritto a superiorità, — è un atto che definitivamente c’inchioda qui. — Continuò con un altro “quindi” mentre Alfonso aveva pur finito coll’interessarsi alla questione perché temeva di vedersi improvvisamente aggredito con un’offerta di matrimonio. Ella indovinò la sua paura al suo aspetto imbarazzato, ma per quanto avesse anche compreso ch’era veramente paura e non speranza, la prova non le parve sufficiente. Dal tinello giungevano i suoni poco aggradevoli di una disputa fra Gustavo e Lucia ed ella fece un passo verso la porta per correre fra due litiganti, ma si fermò non volendo lasciare Alfonso nel sospetto che lo si volesse pigliare per il collo. Lo pregò di condurre in casa dei giovani, magari poveri, ma appartenenti alla classe intelligente. Poi, troppo attenta ad osservare il contegno di Alfonso, non sentì neppure il suono di uno schiaffo caduto certamente sulla guancia di Lucia, perché fu costei che ne accusò ricevuta piangendo e gridando.

      — Desidera dunque ch’io conduca degli amici in casa? — chiese lieto Alfonso. — Ma le occorreva prendere una via sì lunga per chiedermi cosa tanto semplice? Non sono, come lo disse lei stessa, di famiglia e non devo, per quanto posso, aiutare ognuno di voi a raggiungere un poco di felicità? Non appena potrò le condurrò quanti amici vorrà.

      Non pensava concretamente a nessuno dei suoi amici, ma l’offerta era fatta con spontaneità, e la signora Lanucci dovette ringraziare per quanto la prontezza di Alfonso l’addolorasse. Volontieri lo avrebbe ora esonerato da quell’ufficio, ma decentemente non lo poteva. Volle almeno diminuire il suo zelo:

      — Non occorre premura. Abbiamo tutto il tempo necessario per fare le cose con calma.

      In tale modo anche la vecchia fu indotta ad acconsentire ai piani di Gustavo ed anzi, nell’ira, le parve che il suo assenso bastasse per portare subito a compimento il matrimonio di Lucia.

      — Adesso tocca a te di agire — disse a Gustavo, — e al più presto. Forse

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