Fiore di leggende. Anonymous
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Читать онлайн книгу Fiore di leggende - Anonymous страница 11
Messer Galvano presto ha cavalcato immantinente con que' cavalieri; quindici giorni lui stette celato; come donzelle vestí quei guerrieri, ed al castel con lor si fu inviato. La guarda lungi 'l conobbe manieri. Tosto alla fata Morgana favella; disse:—Madonna, e' vien vostra sorella.—
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Allor Morgana tosto comandava che le porte s'aprisson di presente; e molto presto ciaschedun ne andava, perché tutti vedeanla allegramente. La guardia aperse, e a Morgana parlava la cameriera, che sa il convenente. Disse:—Madonna, voi sète ingannata: questa è altra gente: siatene avvisata.—
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Allor Morgana molto fu adirata, e tosto corse e si prese a gridare che la porta in presente sia serrata; suoi gridi poco li have a giovare. Messer Galvano dentro fa l'entrata, e sua bandiera qui fece fermare; ma, avanti che spezzasson l'altra porta, tutta suo' gente quivi si fu morta.
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Ma pur alfine la porta spezzava; messer Galvano dentro ne fu entrato; piccoli e grandi, quanti ne trovava, a tutti quanti lui la morte ha dato. E la fata Morgana poi trovava, quale di morte l'have minacciato. Galvan li disse:—O tu, malvagia e ria, menami alla prigion della tua fia.—
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Morgana per paura lo menava alla prigion dov'era incarcerata. Messer Galvano fuor sí la cavava, ch'ella era come pesce diventata. Messer Galvano allor sí l'abbracciava, e d'allegrezza in terra è strangosciata. Quando rinvenne, prese a sospirare, e d'allegrezza aveva a lagrimare.
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Messer Galvan li disse:—Anima mia, che morte alla tua madre vuoi far fare?— Ed ella disse:—O dolce speme mia, questa prigion fatela mò provare. I' voglio che in prigione lei si stia, che la figliuola sua fatto ha stentare.— Galvano di presente l'ha menata alla prigione ed ebbela serrata.
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Messer Galvan con lei senza fallanza similemente in prigione ha serrata la cameriera ch'io dissi in certanza che al castello la guardia aveva fatta, onde cavato avia la sua amanza. Con lei a Camellotto fe' tornata; ma 'l primo luogo che lui dismontòe si fu il castello che prima arrivòe.
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Della Pulzella Gaia era 'l castello, e la dama sua cara cameriera. E quel castello era cotanto bello, dove Galvan cavalcò alla primiera. Grande allegrezza fu fatta per ello e la Pulzella, la qual scampata era. Sí grande fue l'allegrezza e lo canto, che mai non si potria dire cotanto.
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Messer Galvan si ritornò alla corte, con seco lui menando la Pulzella. Gran allegrezza fêr le genti accorte, quando sí inteson cotale novella. Tutti li cavalier sí preson forte ad armeggiar per la cittade in quella. Piú dí duròne ivi la gran festa: al vostro onor compiuta ho questa inchiesta.
III
LIOMBRUNO
CANTARE PRIMO
1
Onnipotente Dio che nel ciel stai, Padre celeste, Salvator beato, che tutt'il mondo con tua man fatt'hai, e regge il tuo saper in ogni lato, e re di ciascun re chiamar ti fai, tanto favor da te mi sia donato che possa dire un bel cantar per rima ch'a ciascun piaccia, dal piede alla cima.
2
Signori, intendo che per povertade molti nel mondo son mal arrivati, hanno perduto la lor libertade, la povertá sí forte gli ha cacciati; ed io vi conterò con veritade d'un pover'uomo gli anni mal menati, come per povertá venne in periglio, convenne dar al diavolo un suo figlio.
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Il pover'uom si era pescatore, ed ogni giorno n'andava a pescare, per sua disavventura a tutte l'ore, che poco pesce gli venía pigliare. Terra né vigna non avea di fuore; ben tre figliuoli aveva a nutricare. La donna sua, fresca come rosa, viveva del pescar, non d'altra cosa.
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Una mattina il buon uom si levòe, con la barchetta a pescar ne fu andato, niente di pesce il giorno non pigliòe, onde l'uom si fu forte corrucciato. A un'isoletta del mare arrivòe e quivi un grande diavolo ha trovato. E' sí gli disse:—Che mi vuo' tu dare, se ti dono del pesce da mangiare?—
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Ed ei rispose:—Da poi che tu puoi, a me comanda ciò che posso fare.— Parlò il demonio co' sembianti suoi e sí gli disse:—Se mi vuoi menare su l'isoletta un de' figliuoli tuoi, e mi prometti di non m'ingannare, io ti darò del pesce per ristoro, moneta assai e con argento ed oro.—
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E quel buon uomo n'ebbe gran dolore; per povertá convien che lo prometta. Cosí gli disse:—Io ti darò il minore e menerollo su questa isoletta.— E 'l mal diavol non fece altro romore; pigliò del pesce ed empiè la barchetta, moneta gli die' assai, se lo portasse, e disse:—Io t'annegherei, se m'ingannasse!
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E quel buon uomo gli rispose ardito: —E' certamente non t'inganneròe— e poi inverso casa ne fu gito; con tutto il pesce assai dinar portòe e di buon vestimenti fu vestito. La madre ed i figliuo' ben addobòe, di vettovaglia la casa ha fornita; ma del figliuol aveva gran ferita.
8
E poi chiamò il suo figliuol minore nella barchetta e con seco il menòe; dentro del cuor n'aveva gran dolore, e, navigando, a l'isola arrivòe, della barchetta si lo trasse fuore, dicendo:—Aspetta sin ch'io torneròe.— Cosí lasciò il figliuol con tale inganno, che non avea passato l'ottavo anno.
9
Quel buon uomo di quivi fu partito, ché del figliuol non vuol veder la morte. Il grande diavol quivi parse, ardito, e via lo vuol portar per cotal sorte. E quel fanciullo forte fu smarrito, ché non avea nessuno che 'l conforte; ma per virtú di Cristo si facia il segno della croce, e quel fuggia.
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Rimase quel fanciul con gran paura, solo soletto su quella isoletta. Guarda e vi vide sopra nell'altura una donna, ch'è in forma di donzella, e un'aquila pareva in sua figura. Ed al fanciullo se ne venne quella e sí gli disse:—Non ti dubitare, ché di questa isoletta ti vo' trare.—
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Disse il fanciullo:—Non mi vo' partire, perché mio padre qui debbo aspettare.— L'aquila allora sí gli prese a dire: —Dov'è tuo padre, ti vuo' ben portare.— E prese quel fanciul, senza mentire, sopra nell'aria cominciò a volare, e tanto in alto l'aquila il portòe, sí che e' capegli al fanciullo abbruciòe.
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Poi gli mostrò il paese soprano e 'l suo castello, ch'era in lunghe parte: quattrocento giornate era lontano e piú ancor, fanno