La vita militare: bozzetti. Edmondo De Amicis

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La vita militare: bozzetti - Edmondo De Amicis

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quella seggiola dorata e accanto a quel parato ampio e signorile. Egli dormiva d'un sonno queto e pieno. Avea la fronte leggermente corrugata; forse sognava il cipiglio irato con che il suo capitano l'avrebbe accolto il domani; ma sulle labbra gli errava un lieve sorriso, e forse, intorno al capitano, gli pareva di vedere i suoi ospiti in atto di chieder grazia per lui.

      Dormi in pace, povero soldato; non ti saran messi i ferri domani, no; non fu tua colpa se mancasti,.... è stata una disgrazia; sì povero soldato; sì, dormi in pace.

      —Ebbene, che ve ne pare?—domandò il padrone di casa alla sorella dopo averle fatta una descrizione enfatica della scena accaduta poc'anzi. Essa si sforzò di sorridere e rispose:—Non c'è male.—Solamente?—Solamente. Che cosa volete ch'io vi dica di più?—

      Il padrone s'avviò alla sua camera da letto scrollando la testa in segno di compatimento. Essa restò un po' pensierosa e poi scrollò la testa anch'essa mormorando:—povero giovane!—E andò a dormire.

      L'indomani mattina, mentre il grand'orologio del salotto da pranzo scoccava le sette, il nostro soldato, vestito e armato di tutto punto, pigliava comiato da' suoi ospiti che gli stavan tutti attorno nella stanza d'ingresso.

      —Dunque....

      —Dunque, buon viaggio!—dissero ad una voce il padre e i figliuoli.

      —Buon viaggio! ripetè macchinalmente il soldato, sospirando.

      —E state sano; abbiate cura della vostra salute; e se ripasserete un giorno per di qua, veniteci a fare una visita, chè per noi sarà sempre un piacere. E se non ci ripasserete più.... allora, ricordatevi qualche volta di noi.

      —Se mi ricorderò!... Sempre mi ricorderò di loro!... Sempre....

      —E se per caso aveste bisogno di qualcosa, se noi potessimo riuscirvi utili in nulla, fate conto di noi come se fossimo la vostra famiglia, in qualunque caso e per qualunque motivo, senza riguardi, senza complimenti.—

      Il soldato stava a sentire colla faccia attonita e convulsa.

      —Avete inteso? Scrivete, quando vi occorra, o fateci scrivere un rigo....

      —Io un poco so scrivere—disse tutto contento il soldato.

      —Benissimo; mi fa piacere; c'intenderemo più facilmente. Anzi.... vedete che smemorato! Io mi dimenticava di domandarvi il nome.—E trasse di tasca un portafoglio.

      —Lo scrivo io! Lo scrivo io!—proruppe il soldato, lieto e orgoglioso di far vedere che sapeva scrivere. Posò il fucile in un canto, si frugò in tasca, ne trasse un piccolo portafoglio unto e sdrucito, e un pezzettino di lapis che appena si potea tenere fra le dita, appoggiò i gomiti sull'angolo d'un tavolino e si mise a scrivere in grossi caratteri il suo nome. Finito, staccò il foglio, e datogli un ultimo sguardo allungando il braccio, lo porse al padrone.

      —Benissimo, grazie,—questi rispose, e scrisse il nome suo e lo diede al soldato. Egli si ripose il biglietto in tasca coll'atto e il volto d'un divoto a cui si porga una reliquia di santo. E poi balbettò:

      —Adesso....

      Aveva qualcosa da dire; ma non se ne sentiva il coraggio.

      —Dite, dite; dite pure liberamente.

      —Io—sentano—loro che son tanto buoni mi scuseranno.... capisco anch'io che sono uno sfacciato a domandare.... dopo tutto quello che m'han fatto.... ma.... mi par quasi d'averne bisogno, che so io?... perchè....—E sorrideva e abbassava la testa e si stropicciava le dita e apriva la bocca per parlare e tosto la richiudeva, non soddisfatto della espressione che ne sarebbe uscita, e ne cercava un'altra, e non la trovava....

      —Non vi pigliate suggezione di noi, caro amico; non v'ho detto che ci dovete riguardare come vostra famiglia?

      —Ecco.... io vorrei domandarle un piacere (e guardò il padrone....) se me lo potesse fare.... un piacere che.... lei si metterà a ridere, e a ragione; ma pure, che cosa vuole?... non posso fare a meno di domandarglielo. Io non lo guasterei mica, sa! Lo metterei nello zaino in mezzo alla biancheria, lo terrei con tutte le cure, non lo mostrerei a nessuno, mi contenterei di guardarlo da me....

      —Ma che cosa?—

      Il soldato stese la mano verso il padrone, e ritraendola tosto dietro la schiena e abbassando la faccia come fanno i bambini quando domandano qualche balocco prezioso colla certezza che si dirà loro di no, mormorò rapidamente:

      —Il suo ritratto.

      —Oh subito! subito!—esclamò il padrone; volò di là; tornò col ritratto, e glie lo porse. Il povero soldato pareva fuor di sè; tutti gli altri lo guardavano inteneriti.

      S'accomiatò esclamando qualche parola rotta e senza senso, scese velocemente le scale, traversò il giardino, giunse al cancello, si fermò, si volse per dare un ultimo sguardo a quella casa benedetta, e vide.... Tutti i suoi ospiti affacciati alle finestre e appoggiati alla ringhiera del terrazzino lo guardavano e lo salutavano colla mano gridando:—Buon viaggio! A rivederci presto! Addio! Addio!—

      Egli restò un istante immobile, come stordito e sopraffatto dalla tenerezza; poi si riscosse, cercò un modo di rispondere a quell'ultimo e inatteso saluto, pensò, pensò....

      —Ah!—gridò poi con un trasporto di gioia; cacciò le mani in tasca, ne trasse il ritratto, lo mostrò, stendendo il braccio, al padrone, lo baciò tre volte e disparve.

      —Ebbene, sorella?—dimandò il padrone col sorriso sulle labbra, ma colla voce mal ferma.

      La sorella trasse di tasca il fazzoletto.

      —L'avrei giurato!—esclamò il vecchio percuotendosi col pugno la palma della mano.

       Indice

      Cominciava a farsi buio. Le vie della città formicolavano di gente. Quelle botteghe che di sera sogliono restar aperte erano in gran parte già chiuse, e l'altre si andavano a mano a mano chiudendo. Qua e là, sui crocicchi, nelle piazze, davanti ai caffè, sulle gradinate delle chiese, v'eran molti capannelli d'uomini e di ragazzi che parlavano fra loro a voce bassa e concitata, volgendosi di tratto in tratto a guardare intorno se nessuna faccia sospetta li stesse ad ascoltare. Era un continuo scendere di gente dalle case nella strada; sostavano un momento sulla soglia, guardavano a destra e a sinistra come incerti del dove dirigersi, e poi s'internavano nella folla. Era un insolito moto, un insolito brulichìo; ma pure nel bisbiglio della moltitudine, comunque più continuo e più forte del consueto, si sentiva un non so che di sommesso e quasi di peritoso. Di quando in quando, una frotta di persone attraversava la via a passo frettoloso, e dietro a loro un lungo codazzo di monelli che si facevano strada fra le gambe della gente a pugni e a spallate, mettendo gridi e sibili acuti. Ad ogni voce che s'udisse un po' distintamente tra il bisbiglio generale, molte persone si soffermavano e si voltavano indietro domandando che fosse. Era uno che avea detto una parola un po' più forte dell'altre, ecco tutto; dopo che la gente lo aveva un po' guardato ed egli aveva un po' guardato la gente, ognuno ripigliava la sua strada. Di lì a un momento s'udiva un gran colpo da una parte della via: tutti si voltavano da quella parte:—Chi è? cosa c'è? cos'è stato?—Era un bottegaio che aveva chiuso e sprangato la porta della bottega.

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