Lo assedio di Roma. Francesco Domenico Guerrazzi
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Vedrai lettore questa Chiesa, che cristiana avversò con indefesso studio il paganesimo, fatta cattolica redarne le spoglie, e mentre conserva la rete di San Pietro per pescare pesci, adopera poi la rete di Vulcano per agguantare uccelli. – Ti fie manifesto altresì come Roma clericale ora della libertà dei popoli si armasse contro la tirannide dei re, e più spesso della tirannide dei re contro la libertà dei popoli, poi li pestasse ambedue. – Conoscerai come con parole avvampate di sacro furore il vescovo di Roma maledicesse in altrui quello, che per pigliare a suo benefizio non dubitò mandare sossopra la unità della Chiesa cristiana.
Casi peculiari ometteremo, o riporteremo pochi, e dei fatti generali solo quelli, che varranno a chiarire vero il nostro concetto. Questa grave materia gli scrittori partirono in diverse maniere secondochè meglio si adattava ai fini delle ricerche, che essi si proponevano: al mio assunto giova dividerla in quattro grandi sezioni, le quali sono:
Chiesa di Gesù Cristo, e suo costume, finchè per tre secoli seguitava le santissime orme di lui.
Chiesa romana, che s’industria prevalere sopra le Chiese sorelle, e vi arriva col danno dello scisma di oriente: di tanto non paga la Chiesa, volta alla terra ogni sua cura, acquista soldati, sbirri, carnefici, tribunali, e prigiona uomini da sfruttare, campagne dove mietere senza lavorare, città da mettere sotto il torchio col nome di governo; insomma acquista luogo nel sinedrio degli oppressori a modo e a verso come ogni altro tiranno. La Chiesa assetata per colpa del liquore che beve, male sopportando anzi aborrendo durare pari co’ potenti delira oltrepotere su tutti: e poichè dopo Samuele apparvero i re, ci stieno; a patto però che servano di pavimento ai piedi del sacerdote; e il mondo parve salvato dal diluvio universale dell’acqua piovana perchè sommergesse dentro un’altro diluvio di acqua benedetta.
Poichè il superbo intento andò in pezzi rotto dallo schiaffo sopra la guancia di Bonifazio VIII entra il periodo dove vediamo nel Papa mantenersi, ed anco crescere la libidine di dominare popoli e re sopra la terra; ma ogni giorno scema di potenza, quantunque qualche volta gli dieno ad intendere il contrario anco quelli che ci credono meno, a fine di mettere Dio complice nel misfatto commesso immaginando consacrare la usurpazione col depositarla sopra la tomba di San Pietro; il prete ora si rileva, ora casca, e diverso da Anteo ad ogni caduta perde di forza. Quello, che portò a Roma il flutto della barbarie, la civiltà ritoglie; la libertà riscatta quanto il prete ghermì alla scure del Franco; la lampada sdegnosa di essere tenuta sotto il moggio ad ardere pel prete, appiccato il fuoco al carcere illumina tutti i figli di Adamo; non anco è sorto il sole della verità nella pienezza dei suoi raggi, ma le tenebre dello errore si diradano ogni momento di più. La Chiesa di Roma oggi presenta lo spettacolo miserabile dell’uomo decrepito, che combatte con l’agonia; intorno al letto le fanno corona servi interessati, ed intrusi stranieri per involare parte del suo retaggio ai legittimi eredi. Anco quando presume operare bene ella fa male, e mentre a sè non giova, altrui danneggia, però che levando la voce a maledire il tiranno russo noi rammentiamo come altre volte la levasse a maledire l’oppresso Pollacco; e da voi altri sacerdoti non si veda, che cosa, secondo il vostro giudizio, rimarrebbe da fare ai Pollacchi quando vituperando l’enormezze russe rifuggite da lodare la virtù pollacca. La voce del sacerdote non suona amica, e franca; nella ribellione dell’oppresso il rappresentante della Giustizia eterna non ravvisando la sacra ira che la Provvidenza dette anco al verme mi scappa fuori con la dottrina infelice di San Paolo che comanda, o finge comandare ai cristiani tremanti sotto Nerone: «obbediscano sempre, e poi sempre ai principi comunque iniqui.» In questa voce, che emise il prete come se avesse la gola presa dal raffreddore tu senti che qualche cosa manca… sì certo, ci manca il prezzo pagato dal Moabita a Balam; se Alessandro moscovita donava a Pio IX un Cristo di oro co’ chiodi di rubini come praticava Niccolò suo padre con Gregorio XVI, costui avrebbe spaventato il mondo con una seconda edizione riveduta e corretta della scellerata enciclica del 1832.
Di due cose ha sete il tempo, o piuttosto di tre: di libertà, di probità, e di religione; prima, che muti il secolo queste tre cose sgorgheranno pari alle acque dell’Oreb dai capi del prete, e del despoto spezzati.
Ecco le parole di Cristo, chi le sa le rilegga, chi le ignora le apprenda e giudichi poi se il prete di Roma possa vantarsi vicario di lui: «Non vogliate possedere oro, nè argento, nè danaro nelle vostre borse, nè bisaccia in viaggio, nè due vesti, nè calzari, nè bastone. Paga il tributo delle due dramme a Cesare – Se vuoi essere perfetto va, vendi ogni tua sostanza, donane il prezzo ai poveri, ed avrai un tesoro nei cieli, quindi vieni, e seguimi. Io vi assicuro difficile, che un ricco entri nel regno dei cieli, anzi vi ripeto: è più facile, che un camelo passi per la cruna di un’ago di quello, che un dovizioso entri nel regno dei cieli. Ognuno, che perderà la casa, o i fratelli, o le sorelle, o il padre, o la madre, o la moglie, o i figli, o le possessioni per cagione mia riceverà centuplo il guiderdone, e possederà la vita eterna. Voi sapete, che i principi fra gli uomini li dominano, ed i magnati esercitano potere sopra di loro: tra voi ciò non abbia luogo, ma qualunque presumesse primeggiare fra voi sia il vostro ministro; chi vorrà parere primo diventi servo. Gesù pertanto avendo compreso, che sarebbero andati a lui per impadronirsene, e proclamarlo re, di bel nuovo tutto solo si ritrasse sul monte.»
Questa la dottrina di Cristo, la quale potremmo di leggieri confermare con altre sentenze ricavate dalle labbra di lui o da quelle dei primi Padri della Chiesa.
Il prete di Roma, che nel commentare si dimostra sì arguto per guisa, che sostiene Cristo avere comandato, non già che camminino scalzi i suoi sacerdoti, ma solo che non posseggano due paia di scarpe, però che il divieto di non tenere in serbo due vesti si ha da intendere esteso anco alla quantità delle scarpe: quasi la nudità dei piedi fosse la medesima cosa, che la intera nudità del corpo, o quasi i prelati di Roma per osservare il precetto di Cristo dalle scarpe, che portano in piedi non ne possedessero altre!
I preti di Roma intorno al divieto pronunziato da Cristo di primeggiare sopra i fratelli, e circa l’aborrimento di avere titolo e potestà di re tacciono o armeggiano. – Certo, i preti dichiarano, il regno di Cristo stà nei cieli, egli lo ha detto e non ci ha da ripetere; ma spieghiamoci a dovere, cotesto è il fine del viaggio, epperò nulla osta che per arrivarci meglio noi possiamo trapassare per un regno terrestre; il regno dei preti quaggiù gli è come la scala sognata da Giacob provvisoria e di legno per arrivare nel paradiso perenne. Cristo (parla sempre il prete) a me commise bandire la sua fede alle genti, ora, insegnatemi un po’ voi, come potrei obbedirgli con profitto senza un danaro al mondo, senza bauli, e senza scarpe? Si valicano i mari con tra le gambe un bastone? – Le amministrazioni dei vapori ci dicono, che quando daranno loro il carbone come a noi preti è data la grazia, cioè gratis, ci condurranno in America magari per nulla. – Possiamo noi presentarci al re del Congo vestiti come il giglio della valle, e il cedro del Libano? E tu rispondi: la dottrina che predicaste, e predicate ella è veramente dottrina di Cristo? Si conosce Cristo con gli orrori di cui empiste l’America, e traverso le idolatrie di cui spargete il seme nell’Asia? Bandite Cristo voi, o i vostri santi Ignazio da Loyola, Luigi Gonzaga, e Stanislao Kotska? Perchè tanto studio vi punge per la