La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

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La plebe, parte II - Bersezio Vittorio

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più di quanto la loro generosità mi ha concesso. Una madre per cui si tratta della vita de' figli suoi – Ella deve capirlo signora Teresa – ha qualunque coraggio.

      – Che cos'è? Domandava Maria con tale un accento d'affetto e d'interesse che era il migliore incoraggiamento a parlare.

      E la poveretta riconfortata continuava:

      – Capiranno anche loro che, dopo toltici da queste disperate condizioni del momento, se non ci si presenta qualche modo di ricavarcela, non andrà gran tempo che ci troveremo di nuovo al punto medesimo.

      – Bisognerebbe che vostro marito si mettesse su strada migliore e lavorasse da buon operaio: disse Teresa.

      – Ecco appunto! Il mio Andrea par deciso… oh lo è assolutamente… questi ultimi nostri guai l'hanno scosso dal fondo… è deciso a cambiar vita e tornare quell'onesto, bravo e laborioso operaio che gli era un tempo. Ma per ciò vi occorre pure una cosa che non dipende da lui solamente: quella di trovar lavoro.

      Madre e figliuola, che compresero tosto la conclusione a cui voleva venirne Paolina, ricordando le parole dette poc'anzi da Giacomo, si guardarono sconcertate.

      – Egli ne ha già cercato da tutte parti, continuava Paolina; ma la mala ventura lo perseguita, e presso nessuno non ha potuto allogarsi… Io, sempre fiduciosa nell'inesauribile carità del loro cuore, ho accolto la speranza che grazie alla loro intromissione, il signor Benda avrebbe acconsentito ancora una volta a ricevere nei suoi laboratoi il mio uomo…

      Vide l'impaccio che appariva nel volto di Teresa e di Maria, e s'affrettò a soggiungere con infinito calore di preghiera:

      – Per carità non mi dicano di no… Mio marito è cambiato, glie lo assicuro, signora Teresa, vedrà… Facciano ancora questa prova ed avranno il merito innanzi a Dio d'averci salvati quanti siamo della povera nostra famiglia.

      Ed aggiunse tante supplicazioni, e dipinse così al vivo ciò che sarebbe avvenuto di loro se questa sua speranza rimanesse frustrata, che qualunque, il quale non avesse il cuore di Nariccia, ne sarebbe stato commosso.

      La signora Teresa, al primo enunciarsi della domanda di Paolina, era risoluta a non acconsentire di torsi l'incarico di parlar di ciò a suo marito; ma quando la misera donna ebbe dimostro con sì efficaci colori, come senza codesta grazia ogni altro soccorso per loro sarebbe nulla, la risoluzione della buona moglie di Giacomo era già molto scossa; finì poi per crollare del tutto, quando, secondo il solito, Maria colla sua graziosa petulanza si affrettò di esprimere ella prima, senz'altro, le impressioni e le volontà non solamente sue, ma anco della mamma.

      – È vero, è giusto: esclamò essa. Dove non si dia lavoro all'uomo c'è nulla di fatto… Ah! un uomo che cerca lavoro per mantenere la sua famiglia, qualunque sia stato il suo passato, dovrebbe sempre trovarne… Non è vero mamma? Oh andate là, Paolina, che noi vi comprendiamo. Avete avuto la migliore ispirazione del mondo a venirvi raccomandare alla mia buona mamma. Essa parlerà in vostro favore al babbo, e quando essa parla, papà non può a meno che darle ragione… Dunque io ritengo la cosa per bella e fatta.

      – Ah! Dio l'ascolti e la benedica! Esclamò la povera donna stringendo le mani ed illuminando il volto d'un raggio di gioia come da lungo tempo non era più comparso sui patiti lineamenti della sua mesta fisionomia.

      – Un momento, un momento: disse allora la madre di Maria, metà sorridendo, metà con aria di rampogna. Non corriamo per la posta. Tu pazzerella, soggiunse volgendosi alla figliuola, sei solita a vedere per cosa fatta quello che desideri, e colla tua testolina, vai, vai, che nessuno più ti può frenare…

      Maria mostrò a sua madre la faccia di Paolina che, a tali parole, spento quel lampo di gioia, erasi di nuovo rannuvolata tristissimamente.

      – Ah mamma: esclamò la giovanetta: vedi come s'è subito di nuovo abbattuta questa povera donna!

      E la signora Teresa, vivacemente:

      – Non dico già che non siavi di ciò nessuna speranza. Io ben volentieri mi prenderò l'incarico di parlare a mio marito.

      – Dunque la cosa è fatta: interruppe la fanciulla, battendo insieme le mani. Figurati se il papà vorrà dir di no ad una cosa che gli domandi tu!.. E ad una cosa simile!!

      – Mio marito: soggiunse con tono severo la madre: è il padrone, e nelle decisioni che ha da prendere, egli, meglio dei nostri cervelli, sa vedere quello che si debba.

      – Sì, sì, hai ragione, mamma. E gli è appunto per ciò ch'io sono sicura che il babbo s'affretterà a dire un bel sì grosso, appena tu gli abbia parlato.

      Teresa, sollecitata più che dalle parole, dagli sguardi della figliuola e della misera donna supplicante, si recò senz'altro indugio nello studiòlo di suo marito.

      Il signor Giacomo, all'udire entrare qualcheduno, alzò la testa, e visto sul volto della moglie un certo impaccio, una certa timidità con qualche sollecitudine, avvisò tosto che la veniva per domandargliene alcun che; onde, affine di incoraggiarla, prendendo un'aria ridente, disse:

      – Sei tu Teresa? Oh oh scommetto che tu hai bisogno di me per qualche cosa.

      – Bisogno, no: rispose la brava donna esitando. Sono venuta a pregarti d'un favore… d'un grosso favore… ma per altri.

      Giacomo respinse da sè il libro di conti che aveva dinanzi, e volgendosi di meglio col suo seggiolone verso la moglie, le disse con accento fra premuroso e fra scherzevole:

      – Parla, parla pure; ma che sì che indovino. Si tratta di qualche capriccietto di sor Francesco, il quale, non osando manifestarmelo egli stesso, ha incaricato te di venirmene a domandare…

      Teresa scosse la testa in segno negativo.

      – Oppure di quella pazzerella di Maria, eh?

      – Nemmeno. Trattasi di quella povera donna che è venuta adesso.

      Il signor Benda s'aspettava così poco questa risposta che la sua fisionomia ne mostrò un alto stupore.

      – Ah ah! Paolina vuol dire?

      – Appunto.

      – Ebbene? che cosa vuoi tu per essa? Ancora del denaro da darle?

      Teresa espose la supplicazione della moglie di Andrea e la confortò con tutte quelle ragioni che seppe. Giacomo aveva preso sulla scrivania un tagliacarte e se ne batteva le nocca delle dita, lasciando parlare la donna senza interromperla e senza dar segno alcuno dei suoi sentimenti. Quando Teresa ebbe finito, egli stette ancora alcun poco in silenzio, come se meditasse tuttavia sul partito da adottarsi, poi disse con tono di rincrescimento, ma insieme di irremovibile fermezza:

      – Duolmi assai non contentarti, poichè tu mostri desiderar codesto, mia buona Teresa; ma invero non lo posso e non lo debbo. Nelle officine non vi è assolutamente il posto per nessun nuovo operaio, e si presentasse anche il migliore di essi, in questo momento io non potrei accoglierlo se non mandandone via un altro per fargli luogo. Tu non mi vorresti già consigliare nel caso presente che io licenzii un buono e bravo lavoratore che mi serve bene per sostituirlo col tuo protetto, cui siamo già stati obbligati a scacciare tre volte per indisciplina, per mancanza ai suoi doveri, per pessima condotta? Tu mi dirai invece che, trattandosi di fare un atto di carità, si può bene prendere un operaio più del bisognevole; ma io, come uomo di affari, non sono di questo avviso. La carità è una cosa e l'esercizio di un'industria è un'altra. Chi volesse tener questo con tutte le nobili ispirazioni

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