La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

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La plebe, parte II - Bersezio Vittorio

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a dar pane, soltanto a quelli a cui ha da dar lavoro, e che quindi le sono utili efficacemente. Quest'obbligo di buona amministrazione non è soltanto il mio particolare interesse che me lo dà, ma quello altresì di coloro che mi si sono associati all'impresa, che hanno fiducia in me, nella mia attività, onestà e intelligenza per investire nella nostra impresa i loro capitali o il loro lavoro, ed ai quali io recherei una sottrazione di utili per far loro esercitare inconsciamente un atto di carità. È una cosa tanto da poco, mi dirai: ma io sono assoluto ne' miei principii e non ammetto eccezioni. Se si fa codesto favore per costui, perchè non dovrebbe farsi per tutti gli altri che si trovano nella medesima condizione, finchè ci sia un margine di guadagno da poter impiegare in paghe di operai non necessarii? E ne andiamo fino a quelle assurde teorie che proclamano alcuni matti in Francia, le quali sarebbero la rovina di tutti i capitali, val quanto dire la distruzione della proprietà e di ogni ricchezza privata e pubblica. Ma ti dirò di più, che nel caso concreto, ancorchè ci fosse veramente un posto nei laboratorii, non vorrei darlo a quell'Andrea, il quale non recherebbe fra i miei operai che cattivi consigli, tristi esempi e funeste tendenze… Si è corretto, tu vuoi dirmi. Sarà; voglio crederlo, ma siccome l'ho già sperimentato due volte, preferisco che altri faccia la terza prova… To', dà a quella povera donna questo napoleone d'oro; ma dille che per suo marito non c'è posto nessuno.

      All'espressione del volto della signora Teresa, quando tornò nella sua stanza dove l'aspettavano Maria e Paolina, quest'ultima tosto s'accorse che ogni speranza era perduta; ma quando la moglie di Giacomo ebbe manifestata la definitiva sentenza di suo marito, il dolore di Paolina fu tanto, che mandando appena un sospiro, svenne.

      Maria e sua madre le furono intorno con ogni argomento atto a farla risensare, e quando la poveretta fu tornata in sè, con ogni fatta buone parole l'assicurarono che esse non l'avrebbero abbandonata, che fino a quando suo marito avrebbe trovato lavoro avrebbero provveduto alla misera famiglia.

      Ma intanto l'infelice donna era così debole che a tornare a casa sua tanto lontano, le forze non le bastavano a nissun modo. Maria, coll'assenso della madre, fece attaccare i cavalli alla carrozza per condurvela e volle scortare ella stessa la povera donna recando seco un buon paniere con provvigioni di bocca e d'abiti e di biancherie, cui Bastiano il portinaio, che conosciamo, accompagnando la padroncina, avrebbe portato fin su nella soffitta di quella povera gente.

      I bambini piangevano domandando del pane, Andrea non sapeva più quali parole trovare di promessa di minaccia per acchetarli. Le provvigioni recate da Bastiano nel grosso paniere, giunsero opportune come la manna agli Ebrei nel deserto. Andrea, udendo la sentenza del signor Benda che lo escludeva dalle sue officine, pronunziò una brutta bestemmia, e curvando il capo con atto di disperazione, disse cupamente:

      – Ah! quando ad un uomo si chiude tutte le vie dell'onesto guadagno, bisogna bene allora, che egli…

      Ma Paolina lo interruppe:

      – Ne troverai di lavoro, cercandone indefessamente, e intanto la buona signora Maria ha promesso che non ci avrebbe abbandonati.

      – No: disse la giovane, a cui la vista di quella miseria stringeva dolorosamente il cuore. Mia madre ed io non vi abbandoneremo.

      – La ringrazio: disse il marito di Paolina con accento in cui più della riconoscenza avreste potuto notarvi il dubbio; la ringrazio Lei e la signora sua madre; ma dica pure a suo padre che ha fatto male a non concedermi questa grazia, ha fatto molto male.

      Paolina prontamente s'intromise.

      – Il signor Benda non ha potuto credere così di subito che tu fossi tornato l'Andrea d'una volta. Quando tu gli avrai provato che così è veramente, egli non ti respingerà più, egli che un tempo ti voleva bene.

      – Oh sì, sì: soggiunse Maria: sperate. Intanto Paolina, voi che siete alquanto indisposta, mettetevi a letto ed abbiatevi cura. Vedete come le vostre mani vi tremano ancora!.. Non avete che questo giaciglio per letto?.. Dio buono! Non c'è nemmanco da coprirvi! Manderò qui da Bastiano alcune coperte e lenzuoli; ma intanto coricatevi subito… Scommetto che ci avete la febbre. Non ci è alcun medico che venga a visitarvi?

      – No signora: rispose Andrea. Non abbiamo denari da pagarne veruno; e quello della parrocchia, è venuto due o tre volte, e poi ha detto che non c'era nulla da fare e non tornò più.

      – Ve ne farò venire uno io: riprese la pietosa giovane; manderò a cercare di quello della nostra famiglia.

      Si volse a Bastiano:

      – Avete inteso, Bastiano! Adesso ch'io discenda, riconducendomi a casa, farete passare la carrozza innanzi l'abitazione del dottore e salirete su a pregarlo a mio nome di venir qui.

      – Sì, signora Maria.

      Paolina avrebbe voluto ringraziare ancora per questo nuovo tratto di carità; ma non aveva più la forza di farlo, non aveva più la forza nemmeno di reggersi, onde abbandonatasi del tutto su quello strammazzo presso cui si trovava, giacque lunga e distesa e chiuse gli occhi che pareva di nuovo svenuta. Il marito ne racconciò il corpo sul giaciglio: Maria ordinò a Bastiano che mescesse in un bicchiere un dito di quel vino che avevano recato e lo fece bere a piccoli sorsi alla giacente che ne parve riconfortata; poi, siccome toccandone le guancie e le mani la generosa fanciulla sentì sempre più ghiaccie le carni di quella povera donna, per un moto quasi irriflessivo, ella si tolse il suo scialle di lana caldo e soffice e lo pose accuratamente sopra le membra della povera Paolina.

      Questa non ringraziò che con uno sguardo, poichè colla voce non lo poteva, ma quello sguardo era pieno di riconoscenza. In quella all'uscio della miserabile soffitta ecco suonare una voce di donna armoniosa e soavissima:

      – Si può entrare?

      – Avanti: disse la voce rauca ed aspra di Andrea.

      L'uscio si aprì e comparve nel vano della porta, spiccando in chiaro sopra lo scuro del corridoio la splendida bellezza della nobile signora damigella Virginia di Castelletto.

      Era vestita di scuro a le sue carni bianchissime e le sue chiome color d'oro parevano mandare attorno l'aureola d'una mitissima luce. Dietro di lei veniva una vecchia governante, e nell'ombra del corridoio vedevasi il cappello gallonato d'un domestico in piccola livrea. Stette ella un istante sulla soglia, guardando intorno co' suoi occhi splendidi, smaglianti, in cui avreste detto in quel momento esservi tutto il riflesso del più bel sereno di cielo in un purissimo lago, mentre un sorriso pietoso e pieno di dignità appariva sulle labbra con fiera eleganza disegnate; poi s'inoltrò con passo leggiero e spedito, che pareva sorvolare sullo spazzo con mossa di persona di naturalissima leggiadria, e si accostò alla donna giacente. Maria si tirò indietro d'alcuni passi per lasciarle luogo, e Virginia, entrandole innanzi le fece col capo un saluto cortesissimo, però senza mostrare che ella l'avesse altrimenti riconosciuta. Andrea stava colà dritto, quasi attonito, senza sapere che fare nè che dirsi; e i bambini medesimi tenevano aperto tanto di bocca e tanto d'occhi a guardare meravigliati quella giovanile ed elegante bellezza che attraversava come una splendida visione la squallida atmosfera della loro miseria.

      Quando fu presso alla inferma, la nobile visitatrice, fece suonare quella sua voce piena di soavissimo incanto.

      – Povera Paolina! Voi state poco bene?

      La moglie d'Andrea, confusa e commossa balbettò:

      – Oh signora marchesina… Lei qui… in questo miserabile buco… Lei venire fino quassù… Che degnazione!

      E volle fare uno sforzo per levarsi su colla persona a seder sul giaciglio.

      Ma Virginia le pose amorevolmente la sua piccola mano inguantata sopra una spalla e la impedì di muoversi.

      – State

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