La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

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La plebe, parte II - Bersezio Vittorio

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figliuola dell'industriale, ne baciò con affetto quasi protettore la fronte.

      Il dolore e lo sgomento comuni avevano in quel punto distrutta ogni distanza che gli ordini o, per dir meglio, i pregiudizi sociali ponevano fra quelle due anime pietose ed elette.

      Nel partire affrettata, Maria si fermò pur tuttavia innanzi al giaciglio di Paolina.

      – Non vi dimenticherò nulla meno: diss'ella: e voi pregate per noi, pregate per Francesco…

      Un singhiozzo le ruppe la parola.

      – Ah madamigella! esclamò Paolina: con quanto fervore noi pregheremo per tutti loro!.. E non tema di male, no… Essi sono misericordiosi verso la povera gente, e il buon Gesù sarà misericordioso verso di loro.

      – Dio vi ascolti! disse Maria asciugandosi gli occhi, e fatto un ultimo cenno di saluto a Virginia, sparì fuor della porta, seguìta da Bastiano.

      Volò letteralmente giù delle scale, e salita in fretta nella carrozza che aspettava alla porta di strada, raccomandò a Bastiano con tronche parole che facesse dal cocchiere affrettare la corsa dei cavalli.

      In dieci minuti la carrozza giungeva all'officina, e Maria correndo sopra nell'appartamento, trovava già la povera signora Teresa piena l'anima di sgomenti e di paure.

      CAPITOLO VI

      Più volte la signora Teresa era andata all'uscio della camera di suo figlio ad origliare; e poichè niun rumore le veniva fatto d'udire, pensando sempre ch'egli chetamente dormisse, erasi sempre allontanata senz'altro con ogni cura per ammorzare il suono dei suoi passi.

      Ma la mattinata s'inoltrava e nella stanza di Francesco era sempre la medesima immobilità, il medesimo silenzio. Una qualche inquietudine incominciò ad entrare nell'animo della madre. Che il malessere onde Francesco s'era lamentato fosse cresciuto e fosse la causa di quel sì prolungato manco d'ogni segno di vita? che quello non fosse sonno, ma torpore o fors'anche svenimento? Ad un punto ella ebbe un bisogno insuperabile di vedere suo figlio. S'accostò di nuovo pian piano all'uscio della Camera di lui, e ne aprì con ogni cautela un battente. Nulla udì muoversi colà dentro. Guardò, ma le imposte delle finestre erano chiuse sopra le invetriate e la pallida luce di quel giorno invernale non poteva menomamente penetrare nella stanza. Teresa rimase un poco lì sulla soglia, l'animo ed il passo sospeso, ascoltando attentamente, e poichè nulla nulla non le venne fatto d'udire, nemmanco il suono del rifiato del giacente, chiamò con voce contenuta il figliuolo per nome. Nessuna risposta; ella ripetè la chiama e poi, continuando il medesimo silenzio, si inoltrò cautamente, colle mani tese innanzi, a tastone.

      Giunse così presso il letto e ci pose sopra le mani. Sentì che era vuoto, che fredde n'erano le coltri nè anco disordinate dall'esservi giaciuto qualcheduno, e sotto la sua destra il contatto d'un'arma. Era la pistola, con cui Francesco s'era mirato nello specchio, e ch'egli aveva poi gettata sopra il letto.

      Teresa mandò un grido, corse all'una, poi all'altra delle finestre, ne spalancò le imposte, e si volse a guardare. Il letto ancora rifatto mostrava che Francesco non s'era coricato; il lume sulla scrivania, alcuni fogli di carta disordinati lì presso, un bastone di cera lacca a metà consumato, di cui alcune goccie erano colate sul candeliere e sul tappeto verde, mostravano che Francesco aveva scritto; gli abiti gettati qua e là in un disordine che non gli era abituale, indicavano all'occhio chiaroveggente della madre un certo turbamento nell'animo del giovane: ma quella pistola sopratutto attraeva lo sguardo spaventato della signora Teresa, come un indizio manifesto di pericolo e di sventura.

      La povera donna corse tutto sgomenta da suo marito e con affollate e confuse parole espresse il suo timore. Il signor Giacomo non trovò che quelli fossero indizi sufficienti per allarmarsi; volle recarsi ad esaminare la camera del figlio e trovò mille ragioni onde spiegare la sparizione di Francesco; ma in verità non credeva egli stesso a siffatte ragioni e si sentiva profondamente inquieto egli pure.

      In quella ecco sopraggiungere Maria. La sua faccia pallida e sconvolta, i suoi occhi rossi e ancora pieni di lagrime dicevano troppo chiaro com'ella venisse annunziatrice di qualche trista novella. Teresa le fu incontro con impetuosa sollecitudine.

      – Tu sai qualche cosa!.. Francesco?.. Che gli avvenne?.. Che fu?.. Dov'è?.. Parla, parla in nome di Dio.

      La giovinetta sconcertata, posseduta dal maggiore sgomento ancor essa, non seppe rispondere altro che la verità da lei appresa poco prima.

      Il colpo fu tremendo per quella povera madre. Divenne bianca come un cadavere, si premette con una mano il cuore, vacillò, si tenne ad un mobile per non cadere, parve le mancasse un momento il respiro sotto le strette dell'angoscia che le oppresse il cuore e la gola; ma non mandò un grido, non diede una lagrima.

      – Disgraziato! Esclamò il padre, percotendosi coi pugni chiusi la fronte. Di questi dispiaceri ha da dare ai suoi genitori!

      Teresa si rassettò con atto meccanico e colle mani febbrilmente agitate i panni che aveva indosso, come fa chi s'appresta ad uscire.

      – Lesti, lesti: diss'ella. I cavalli sono bene ancora attaccati alla carrozza? Non si stacchino… Non bisogna perdere un momento… O Dio! Ogni minuto che passa può essere mortale per Francesco… Corriamo, corriamo.

      E strinse nervosamente il braccio del marito per sollecitarlo a muoversi.

      – E dove abbiamo da andare? Disse questi con ruvidezza dettata dal dolore. Chi sa mai dove si trovano quegli sciagurati!.. Se avessimo qualche indizio!..

      Maria disse che Bastiano aveva visto ad uscire Francesco, e Bastiano fu fatto venire, e interrogato su tutti i particolari ch'egli conosceva. Le sue risposte non valsero a dare la menoma luce. Soltanto i genitori ne appresero che a prendere Francesco erano venuti due giovani, di cui uno era Giovanni Selva, ch'essi sapevano amicissimo del loro figliuolo.

      Il signor Giacomo si disponeva a correre in casa di Selva per cercare di apprendere colà qualche cosa di positivo, quando una carrozza con un solo cavallo spinto al galoppo, giungeva alla fabbrica, ed entrava coll'impeto di un turbine sotto il portone della dimora dei Benda.

      Giacomo, Teresa e Maria si precipitarono verso il vestibolo, e videro da quella carrozza uscire solleciti e venire alla lor volta due giovani di cui riconobbero Giovanni Selva che camminava primo.

      Francesco non c'era.

      La madre si gettò contro Giovanni con impeto che si sarebbe potuto chiamare quasi feroce.

      – Mio figlio! Esclamò essa con voce arrangolata e convulsa. Mio figlio! Che avete fatto di mio figlio?..

      Le forze le mancarono e piegandosi sulle ginocchia, sarebbe ella caduta, se Giovanni non fosse stato lesto a sostenerla. Non isvenne però, e mentre le labbra pallide come di morta non avevano più la capacità di pronunciare la parola, i suoi occhi ardenti, fissi sul volto del giovane che la sosteneva, seguitavano ad esprimere con ansia indicibile quella domanda.

      – Si tranquilli: disse affrettatamente Giovanni. Suo figlio è sano e salvo, e sta bene… Glie lo giuro! soggiunse con forza, vedendo l'incredulità dipingersi sul volto di Teresa.

      – Si è battuto? Domandò Giacomo con voce, di cui voleva sforzarsi ma non riesciva a dissimulare il tremito.

      – No signore, non si è battuto.

      – Dov'è? Perchè non è qui? Domandò la madre che aveva ritrovato le forze per parlare e per reggersi sulle proprie gambe.

      – Tutto ciò: rispose affrettato Selva, glie

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