La plebe, parte II. Bersezio Vittorio

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La plebe, parte II - Bersezio Vittorio

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sorrise.

      – Vorresti esserci stata anche tu, eh?

      – Vorrei di meglio: soggiunse la ragazza ridendo. Esserci stata è tempo passato, e quello che è passato è passato: vorrei andarci in avvenire.

      Crollò le spalle, diede un'abboccata alla neve che teneva in mano e riprese con tutta filosofia:

      – Ma la mamma dice che le ragazze non ci devono andare a quei balli, e che ci vanno soltanto le maritate, le quali mi pare dovrebbero rimanere a casa a far le madri di famiglia… E aspetto adunque d'essere maritata ancor io per andarci.

      E si mise di bel nuovo a saltellare in mezzo alla neve, e i cani di conserva con lei.

      – Che matta! Esclamò col medesimo tono giulivo il padre; ma poi tosto con accento più serio: – Oh basta ora. Maria, che ti vuoi render fradicia? Vieni qui subito.

      La fanciulla ubbidì senza mostrare troppo rincrescimento, e fu a lato del padre. Questi le aggiustò alcune ciocche di bellissimi capelli che, saltate fuori del cappuccio, le cascavano sul volto animato dai più vivaci colori della gioventù e della salute, e soggiunse:

      – Sarai tu sempre bambina quel medesimo? Parli di maritarti, e pare che non abbia più di dodici anni!

      – Oh oh ne ho sedici suonati; disse la giovanetta con tono d'importanza, tirandosi su della persona.

      In quella compariva ad una finestra della casa la buona faccia della signora Teresa. Essa aveva aperto le invetrate e si sporgeva in fuori, chiamando suo marito e sua figlia.

      – Venite, diceva con voce riguardosa e contenuta: il caffè è pronto.

      Maria si cacciava a correre verso la casa, gridando a gola spiegata colla sua voce fresca ed armoniosa:

      – Ah cattiva d'una mamma, me l'hai fatta anche questa volta! – E non mi hai dato tempo di prepararlo io il caffè… Aspetta aspetta che vado a castigartene io con tanti baci da stordirti.

      La madre colla mano e colla voce accennò alla figliuola non facesse tanto chiasso.

      – Vuoi azzittire? Tu sveglierai Cecchino che dorme e che ha bisogno di dormire.

      La giovane ammortò i passi e l'allegro suono della voce, ma non cessò di correre verso la stanza della madre, dove fu in un battibaleno e dove, gettate le braccia al collo della signora Teresa, mantenne ad esuberanza la promessa fattale poc'anzi di darle tanti baci da stordirla.

      Giacomo sopravvenne un istante di poi, quando la mamma sorridente sotto quella grandine di carezze figliali, diceva a Maria con ischerzosa minaccia:

      – Vuoi star ferma, diavoletto che sei?.. Finiscila o t'aggiusto io.

      – È bella e finita: disse la frugola ragazza, aggiustando in capo alla madre la cuffia che le aveva mandato di traverso: e poi con tutta serietà s'appressò al piccolo tavoliere su cui stava preparato il vassoio colle chicchere e mescette il caffè.

      Era abitudine costante di quella buona famiglia il radunarsi la mattina, appena alzati, tutti insieme a prendere il caffè nella stanza della mamma. Il padre sedeva sopra il seggiolone più presso al camino (quello in cui poche ore prima di questo momento abbiam visto Teresa far adagiare il figliuolo), la madre si assettava sovra una bassa seggiolina innanzi al marito, e frammezzo a loro due solevano mettersi Francesco e Maria, quello allato alla mamma, questa al papà. A questa radunanza non ci mancava mai nessuno, fuorchè il giovane avvocato, quando avea passata la notte, come ora era il caso, in qualche festa: e l'abitudine di esser tutti insieme era tale che quelle volte riusciva sempre spiacevole agli amorosi genitori il veder fra lor due la seggiola vuota, e sul vassoio una chicchera che non si riempiva.

      – È rientrato tardi Francesco stanotte? Domandò Giacomo fra un sorso e l'altro di caffè.

      – Poco più dopo le tre; rispose la madre.

      – Tu già, secondo il solito, sei stata aspettandolo!

      Teresa fece un piccol moto del capo che voleva dire: – È naturale.

      – E questa mattina, continuò il padre, sor Francesco dormirà di sicuro fino a mezzogiorno.

      – Ne ha bisogno: disse vivamente la madre. Quando è rientrato stanotte non si sentiva bene gran che…

      Giacomo levò vivamente la testa, interrompendosi nel sorbire il caffè.

      – Non si sentiva bene? Esclamò con vivo interesse.

      – Ma non mi parve cosa d'importanza: s'affrettò a soggiungere la madre. Disse che il troppo caldo gli aveva fatto venire mal di capo. Figurati che per prendere aria, egli volle venire di Piazza San Carlo fin qua a piedi.

      – Che imprudente!.. A rischio di pigliarsi una malattia ed a rischio altresì di cascar nelle mani di qualcheduno di quei birbanti che pur troppo tengono il campo la notte, e che formano quella banda che chiamasi la cocca.

      – È vero! Esclamò la madre spaventata ora da un pericolo a cui non aveva pensato dapprima. E noi siamo così isolati e così lontani su questo viale!

      – Lo ammonirò io ben bene perchè ciò non gli capiti più: disse il padre. E intanto chi sa ora come sta?

      – Dorme tranquillamente, e spero che ciò gli vorrà far bene più d'ogni altra cosa.

      – Dorme? Ripetè Giacomo, il quale pareva esitante intorno al pensiero di andarsene a chiarire coi proprii occhi.

      Teresa che sospettò questo proposito nel marito, sapendo come per quanta cautela egli usasse, il suo passo pesante, avrebbe svegliato il figliuolo ove Giacomo fossegli venuto in camera, s'affrettò a soggiungere:

      – Sono già andata più volte ad origliare alla sua porta; ho anche dischiuso pian piano l'uscio e non l'ho udito a muovere menomamente.

      – Non l'hai visto in faccia?

      – No, perchè la stanza è tutto scura e non volevo accostarmi al letto per timore di destarlo.

      – Hai ragione: disse il marito che capì come quello indirettamente era un avviso a lui di non volerci andare. Lasciamolo dormire.

      In quella s'udì un legger picchio all'uscio della stanza.

      – Avanti: gridò Giacomo; e un domestico aprì il battente e mise dentro la testa.

      – C'è una povera donna che domanda di parlare a Madama.

      – A me? Disse Teresa. Una povera donna? Non ha detto chi sia?

      – No; rispose il domestico, ma io l'ho riconosciuta.

      – E chi è dessa dunque? Domandò a sua volta Giacomo volgendo la testa alla porta.

      – Gli è quella poveretta che già venne parecchie volte a domandare l'elemosina; la moglie di quell'operaio che lavorava qui nell'officina e che si fece mandar via perchè era sempre ubbriaco.

      Giacomo scosse la testa.

      – Eh! questa non è un'indicazione precisa. Pur troppo sono parecchi gli operai che debbono avere tal sorte.

      – Quella

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