Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele

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Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I - Amari Michele

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una tempesta che affondava tutte le navi, fuorchè quella di Costante; la quale scampò, trasportandola i venti in Sicilia. Dove interrogato dalla gente e narrati i casi suoi: “Hai svergognato la Cristianità,” replicarongli i Siciliani, “ed hai fatto perire i suoi campioni. Or se ci assaltino gli Arabi, dove troveremo chi ne difenda?” E Costante rispondea: “Quando salpammo, l'armata era forte: che volete se ci scoppiò addosso la tempesta?” Ma i Siciliani, fatto scaldare un bagno vel ficcano per forza, gridando egli invano: “Sciagurati! che il mare inghiottì i vostri prodi, e voi ora ammazzate il re vostro.” “Facciam conto che sia annegato con gli altri,” replicarono; e spacciaronlo: ma lasciarono andare quanti eran venuti con lui su la nave.” Nel quale racconto ognun può scoprire non solamente uno squarcio del vero, ancorchè vestito alla foggia degli Arabi di quei tempi; ma anco un vago cenno d'assalto sopra la Sicilia. E notabil è a tal proposito lo stesso errore d'alcuni cronisti musulmani, che affrettando di quattordici anni la morte di Costante, la pongono l'anno trentuno dell'egira, il quale in parte risponde al secentocinquantadue, data della prima impresa di Sicilia.177

      Nè andò guari che i Musulmani riassaltarono l'isola. Parmi priva di fondamento la supposizione moderna che ve li abbia chiamato Mizize, perchè gli Arabi in quel tempo non potean sembrare valido aiuto in un'isola sì lontana dalle provincia loro; nè quivi si vedea cagione di tôrsi in casa il nemico, poichè il nerbo delle armi bizantine stanziava nell'isola, e questa parea sicura al tutto dagli assalti di Costantinopoli. Ma quivi la corte, e gli officiali civili e militari, temendo non rimanesse la sede dell'Impero in Sicilia, arsero di zelo per lo giovinetto Costantino figliuolo di Costante. Dondechè con maravigliosa prestezza e precisione ragunarono tanti brani di forze terrestri e navali di Ravenna, Campania, Sardegna e Affrica; ed ebbero tanto séguito nello esercito di Sicilia, che appresentatosi Costantino a Siracusa in primavera del secentosessantanove, Mizize fu abbandonato da tutti, riconosciuto legittimo imperatore Costantino, e chiamossi ribellione il colpo di Stato fallito. Costantino a capo di pochi mesi tornossene all'antica capitale.178 Probabil è ch'egli sguernisse di soldati la Sicilia, per tor la voglia di crear qualche altro imperatore; e che i Musulmani i quali tenean gli occhi aperti su la nuova sede dell'Impero nemico, cogliessero questa occasione di spogliarla.

      Vennero d'Alessandria su dugento navi, condotti da Abd-Allah-ibn-Kais della tribù di Fezâra, arrisicatissimo condottiero che afflisse i Cristiani del Mediterraneo in cinquanta scorrerie navali; e alfine fu ucciso in luogo detto Marca, probabilmente in Italia.179 Abd-Allah irruppe in Siracusa con molta strage; se non che i cittadini rifuggivansi nelle montagne e nelle più munite rôcche dell'isola. Dopo un mese, fatto gran cumulo di preda, prese varie terre o piuttosto battuto il paese qua e là coi cavalli, i Musulmani si rimbarcarono. Portaron via, dicono gli scrittori cristiani, i tesori delle chiese e i bronzi rubati da Costante a Roma. Dicono i Musulmani, come s'è visto sopra nel testo di Beladori, che si trovò nel bottino gran copia d'idoli fabbricati di preziosi metalli e di gemme: e che il califo Mo'âwia li mandò ai mercati degli idolatri d'India, sperando che ne conoscessero e pagassero il pregio. Ma l'universale dei Musulmani fieramente scandalizzossi di un pontefice che rivendeva i lavorii di Satan.180

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      1

      Veggansi: Bartolomeo de Neocastro, cap. LXXXIV; l'Anonymi Chronicon Siculum, cap. I a V, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo I, p. 115, e tomo II, p. 121, seg.; e la Lettera di Fra Corrado, presso Caruso, Bibliotheca Historica regni Siciliæ, tomo I, p. 47.

      2

      Historia Sicula, deca II, lib. VI.

      3

      Tomo II, Palermo Sacro (1650), p. 627, seg.

      4

      Veggasi la Tavola Analitica, parte II, nº VII.

      5

      Syntagmata Linguarum Orientalium, Romæ 1643, in-fog. La più estesa è la grammatica georgiana, a scriver la quale il Maggio fu il primo, o tra i primi, in Europa. La turca e l'arabica, accompagnate dai riscontri in caratteri siriaci ed ebraici, mostrano anche buoni studii e molta pratica.

      6

      Veggasi la Tavola Analitica, parte II, nº XX.

      7

      Veggansi: Scinà, Prospetto della Storia Letteraria di Sicilia nel secolo XVIII, tomo III, p. 296 a 383; Lettera di Italinski, nella raccolta Mines d'Orient, tomo I, p. 236; e gli opuscoli tedeschi citati da Wenrich, Commentarii, § XXVIII a XXXII, p. 36, seg.

      8

      Codice diplomatico di Sicilia sotto il governo degli Arabi, pubblicato per opera di Alfonso Airoldi ec. Tomi 3 in-4, Palermo, 1789-90-92.

      9

      De supputandis apud Arabes Siculos temporibus, Palermo, 1786, in-4.

      10

      Nel Catalogo dei diplomi… della Cattedrale di Palermo, ec., Palermo, 1842, in-8.

      11

      Opere di Vincenzo Mortillaro, marchese di Villarena, tomo III. Nel tomo IV si trova la illustrazione di un bell'astrolabio, del quale mi occorrerà far parola in questa Introduzione.

      12

      Due nella Biblioteca Sacra, tomo II, Palermo 1834, p. 40, seg.; e un altro nel Tabularium Capellæ Collegiatæ Divi Petri in regio Panormitano Palatio, compilato dal Garofalo, p. 28, seg.

      13

      Monete cufiche battute da principi longobardi, normanni e svevi nel regno delle Due Sicilie, interpretate e illustrate dal principe di San Giorgio Domenico Spinelli, e pubblicate per cura di Michele Tafuri, Napoli, 1844, 1 vol. i

1

Veggansi: Bartolomeo de Neocastro, cap. LXXXIV; l'Anonymi Chronicon Siculum, cap. I a V, presso Di Gregorio,

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<p>177</p>

Ibn-Abd-el-Hakem, MSS. di Parigi, Ancien Fonds 655, p. 258, e Ancien Fonds 785, fog. 120 recto. Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. II, fog. 186 verso, e 228 verso, narrando il fatto due volte sotto due anni diversi, 31 e 35, nota il disparere dei cronisti intorno la data, e cita il Tabari come colui che ponea la morte di Costante nel 35. Veggasi anche Ibn-Khaldûn, MSS. di Parigi, Suppl. Arabe, 742 quinquies, tom. II, fog. 180 verso. Ibn-Abd-el-Hakem, al par che Ibn-el-Athîr, dà a Costante il nome di Costantino e lo dice figliuolo di Eraclio.

<p>178</p>

Theophanes, Chronographia, tom. I, 558, seg. Veggasi anche Le Beau, Histoire du Bas Empire, lib. LXI, § 1, con le note del Saint-Martin, che crede si debba pronunziare Megegi il luogo di Mizize.

<p>179</p>

Ibn-Khaldûn, MSS. di Parigi, Suppl. Ar., 742 quinquies, tomo II, fog. 181 recto, fa menzione di coteste scorrerie e della morte di Abd-Allah “nella costiera di Marka, terra di Rûm;” cioè Italia o Grecia. Ancorchè quelle che or chiamiamo le Marche non fossero intese allora sotto questo nome, il vocabolo Marca appartiene piuttosto all'Italia che alla Grecia.

<p>180</p>

Paulus Diaconus, lib. V, cap. 13, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tom. I, parte I, p. 481; Anastasius Bibliothecarius, presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tom. III, p. 141; Johannes Diaconus, Chronicon, etc., presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tom. I, parte II, p. 305. La seconda impresa dei Musulmani, in Affrica è raccontata da Paolo dopo questa di Sicilia nel lib. VI, cap. 10. Da coteste autorità cristiane, o per dir meglio dall'unica tradizione che ripetono questi e altri cronisti, si sa che l'armata musulmana venisse d'Alessandria, dopo la partenza di Costantino Pogonato da Siracusa, che tornerebbe alla state o autunno del 669.

Le autorità musulmane sono citate di sopra (p. 84, nota 4, e p. 85, nota 1). Tra quelle il solo Baiân assegna una data a questa scorreria, e la fa supporre mossa d'Affrica, per comando di Mo'âwia-ibn-Hodeig che guerreggiasse in quella provincia. La data è del 46 (666-7), nè si deve esitare a correggerla secondo i Cristiani; poichè que' preziosi simulacri ci fan fede della identità della impresa. Replico che il diligentissimo Ibn-el-Athîr non fa molto di que' primi assalti sopra la Sicilia. Trovo soltanto ne' suoi annali, MS. C, tom. III, fog. 42 verso, sotto l'anno 49 (8 febb. 669, a 27 gennaio 670): “Quest'anno seguì la fazione marittima d'inverno alla quale andò O'kba-ibn-Nafi' con la gente d'Egitto.”

Debbo qui avvertire che il Rampoldi, Annali musulmani, tom. III, sotto il 668 porta la impresa di Abd-Allah-ibn-Kais, citando Nowairi, e aggiugnendo di capo suo che i Musulmani sbarcassero al capo Pachino. Poi sotto il 673, e come per lo più gli avviene senza citare alcuna autorità, narra il saccheggio delle campagne di Siracusa “per una divisione della gran flotta di Mohammed Ibn Abdallah,” ch'ei nell'anno precedente avea detto uscita “di Siria e d'Egitto” a far preda sul mare Egeo. Suppongo che il Rampoldi abbia veduto questo fatto in qualche moderna compilazione, come credo, persiana, chè non suole egli attingere ad altre sorgenti che a queste o a libri stampati in Europa; e forte sospetto che si tratti della medesima scorreria del 669, portata quattr'anni appresso per errore di cronologia. Han seguíto il Rampoldi, Martorana, Notizie storiche ec., tom. I, p. 29, citandolo, e Wenrich, Commentarii etc., lib. I, cap. 2, § 42, senza citare nè l'uno nè l'altro; e peggio, mettendo insieme questa impresa con una seguíta mezzo secolo appresso, e gittandole entrambe su le spalle del Nowairi, che parla soltanto della seconda.