Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele
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La più autorevole ancorchè più recente è il
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Dopo i lavori dell'Hamaker e d'altri orientalisti, è nota la falsità del libro del conquisto di Siria attribuito a Wâkidi; sul quale Okley in gran parte compilò la sua storia de' Saraceni, e trasse nel proprio errore Gibbon e parecchi altri. Questo libro e quei dello stesso conio su i conquisti di Egitto etc., contengono insieme tradizioni genuine e fittizie, e son opere di uno o parecchi compilatori. Or tra i molti MSS. del falso Wâkidi che v'hanno nelle collezioni europee, se ne trova uno al British Museum (Bibl. Rich. 7361. Nº CCLXXXVII del catalogo stampato) che contiene lunghe appendici su i conquisti di Cipro, Rodi, Affrica, Sicilia ed Arado. Su queste appendici è da notare in primo luogo che le non sian date, come il rimanente del MS., a nome or del Wâkidi ed ora del
Passando alla critica dei fatti, basta a percorrere le appendici per accorgersi di quel miscuglio di vero e di falso che si trova in tutte le opere dello pseudo-Wâkidi; ma è notevole che la sconfitta navale e la uccisione di Costante, e poi il conquisto dell'Affrica, siano raccontati con circostanze più vicine al vero, e in generale senza le novellette che Ibn-el-Athîr e altri rinomati scrittori accettarono come fatti storici. Che se parrebbe sospetta a prima vista la mancanza del nome di chi capitanò questa impresa di Sicilia, ciò può provare al contrario la diligenza del compilatore, poichè i ricordi antichi erano divisi su tal punto, e chi dava l'onore a Mo'âwia-ibn-Hodeig, chi ad Abd-Allah-ibn-Kais. Del rimanente sarà agevole, a creder mio, a scevrare le finzioni dai fatti che il compilatore tolse da autori antichi, forse dal genuino Wâkidi. Perciò non ho avuto scrupolo ad ammettere questi ultimi nella mia narrazione. E perchè il lettore possa rivedere il giudizio mio, gli porrò sotto gli occhi la somma della detta appendice che è questa:
I Musulmani, levata una taglia in Affrica e ritrattisi da quella provincia, volgon la mente al conquisto di Sicilia, una delle antiche sedi dei re romani, vasta isola e ferace. Mo'âwia ne scrive al califo Othman, che assente. Gli Affricani, risapendo questo, ne danno avviso in Sicilia. Il principe della quale isola s'adira del disegno, senza prestarvi molta fede. Scioglie dalla costiera (di Siria) l'armata musulmana, di trecento legni, e improvvisa piomba sull'isola, ove il principe dall'alto del suo palagio la vede venire adorna di bandiere e gonfaloni e piena di guerrieri bene armati. Il principe di Cesarea che s'era rifuggito in Sicilia, quando il cacciarono gli Arabi, consiglia a quel di Sicilia di comporre per danaro. Quei spregia l'avviso, dicendo aver tali forze da far testa agli Arabi in cento scontri e resister loro per un anno intero. Nondimeno, surta che fu all'áncora l'armata musulmana, ei mandava a parlamentare. Viene a lui un oratore musulmano che per via d'interpreti gli propone l'islamismo, il tributo, o la guerra: lungo discorso seguíto da una lunga e sdegnosa risposta del principe di Sicilia. Infine un patrizio domanda all'oratore se alcun arabo voglia misurarsi con lui. “Sì lo faranno gli infimi dell'esercito musulmano;” risponde l'oratore. Descrizione del duello, in cui il patrizio è ucciso. Sbigottito il principe a tal esempio, si chiude in fortezza; e i Musulmani danno il guasto a varii luoghi ed espugnano con lor macchine varie castella. Infine si viene a giornata. Il principe rompe l'ala sinistra de' Musulmani; ma la destra tien fermo, e la battaglia dura in fino a sera. A notte avanzata, i Musulmani lasciano il campo, e rimontati su l'armata vanno ad infestare altre parti dell'isola. Il principe siciliano scrive ai Romani (d'Italia) chiedendo rinforzi; ma essi nè anco gli rispondono. Allora il principe di Cesarea gli suggerisce di tenere a bada il capitan musulmano con simulate proposizioni di pace e mandare per aiuto al principe di Costantinopoli: a che il Siciliano replica: “Mai noi farò quando anche dovessi perdere l'isola.” Così i Musulmani continuano a depredare il paese, finchè il principe di Costantinopoli mandavi secento navi ben munite di guerrieri. Avutone avviso, i Musulmani deliberano di partire immediatamente. Lascian l'isola nottetempo; e, dopo parecchi giorni di navigazione, giungono alla costiera di Siria; dove sbarcato il bottino e i prigioni, li arrecano a Damasco a Mo'âwia-ibn-abi-Sofiân. Levatone la quinta, Mo'âwia la manda ad Othman, ragguagliandolo del fatto di Sicilia, e che i Musulmani ne fossero usciti sani e salvi. Dopo ciò, i Musulmani combattono l'isola di Arado, che fu l'ultima vittoria loro sotto il califato di Othman, e seguì lo stesso anno della uccisione di lui.
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Ibn-Scebbâtt, MS., pag. 50, dice: “Sikillia è anche nome di una
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Dsehebi, MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 746, tom. 1, anni 37 e 38.
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Ibn-Abd-el-Hakem, MS. di Parigi, Ancien Fonds 655, p. 430.
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Ibid., p. 253. Quest'impresa seguì l'anno 31 (651-52); e come altri due guerrieri di nome riportarono la stessa ferita di Ibn-Hodeig,