Storia dei musulmani di Sicilia, vol. I. Amari Michele

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vivere e soddisfare quel tributo.

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Mawerdi, Ahkâm Sultânîia, lib. XVIII, ediz. Enger, p. 345 seg. Ibn-el-Athîr, MS. C, tom. II, fol. 93, seg., sotto l'anno 15. Ibn-Khaldûn, Parte II, MS. di Parigi, Suppl. Arabe, 742 quinquies, tom. II, fol. 171 recto. Ho seguíto a preferenza Mawerdi, antico e rinomato scrittore di dritto pubblico. Le cifre son date con qualche divario da Ibn-el-Athîr e dagli altri compilatori moderni. Ma si ricava da tutti: 1º Che fossero scritti nei divani anche i fanciulli, le donne e gli schiavi; 2º Che vi fosse un minimum come noi diremmo, al quale avea dritto ogni persona di qualunque sesso, età e condizione. Perciò le pensioni più grosse debbono riguardarsi in parte come retribuzione militare, o riconoscenza di meriti particolari, e in parte come quota dei guadagni comuni, appartenente ad ogni associato nella fraternità musulmana.

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Omar-ibn-Madî-Karib, interrogato dal califo Omar su la virtù delle varie maniere d'armi, rispondea così per le saette; per la lancia dicea: or è tuo fratello, or ti tradisce, ec. Egli si piccava sopratutto di maneggiar la spada e l'espresse con una parolaccia alla quale il califfo rispose con lo staffile. Ibn-Abd-Rabbih, Kitâb-el-I'kd, MS., tom. I, fol. 50 verso.

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Ibn-Abd-Rabbih, op. cit., tom. I, fol. 26 verso. Tacito avea scritto: Velocitas juxta formidinem; contatio propior constantiæ est. De Mor. Germ. Ciò che dico delle armi e tattica dei Musulmani nei primi secoli dell'islamismo si ricava anche dai varii racconti di lor guerre, non meno che dai trattati di Leone il filosofo, Leonis imperatoris Tactica, cap. 18, edizione di Meursius, p. 810, seg., e di Costantino Porfirogenito, Constantini Tactica, ibid., p. 1398, seg.

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Gli Arabi non han preso mai il nome di Saraceni, nè altro simile; nè avvi nei loro ricordi alcuna gente così chiamata. Questa vocabolo, scritto dai Latini Sarraceni e da' Greci Σαρακηνοὶ, presso Plinio il vecchio, Tolomeo e Stefano Bizantino, denota alcune tribù e picciole popolazioni; Ammiano Marcellino e Procopio l'usano in significato più vasto; e gli scrittori occidentali dopo l'islamismo gli danno la estensione che io ho accennato. Indi si vede come successivamente si allargasse quella denominazione tra il primo e 'l quarto e poi di nuovo tra il sesto e il settimo secolo dell'era volgare. L'etimologia è incerta, ancorchè gli eruditi si siano tanto sforzati a trovarla, cominciando da San Geronimo che facea derivare il nome dei figli di Agar da Sara; e scendendo ai moderni, i quali han creduto raffigurar certi vocaboli arabi che suonerebbero uomini del deserto, ladroncelli e simili baie. Secondo una opinione più plausibile, Saraceni, sarebbe trascrizione della voce arabica sciarkiun, al genitivo (sul quale per lo più si costruiscono i derivati in tutte le lingue) sciarkiin che significa orientali; la qual voce i Greci e i Romani non poteano trascrivere nè pronunziare altrimenti che sarkin o sarakin, mancando nell'alfabeto loro la lettera scin che risponde alla ch francese e sh inglese. Veggansi Gibbon, Decline and Fall, Cap. L, nota 30, con l'annotazione di Milman; Saint-Martin, note a Le Beau, Histoire du Bas-Empire, lib. LVI, § 24; Reinaud, Invasions des Sarrazins en France, p. 229, 231.

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Evagrius, Historia Ecclesiastica, lib. VI, cap. 2; Nicephorus Callistius, Ecclesiasticæ Historiæ lib. XVIII, cap. 10; Caussin, Essai sur l'histoire des Arabes, tom. II, pag. 133. I due scrittori greci, portando il nome del principe arabo con l'articolo, scrivonlo Alamondar.

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Anastasius Bibliothecarius, presso Muratori R. I., tom. III, pag. 140.

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Processo di papa Martino a Costantinopoli, presso Labbe, Sacros. Concilia, tom. VI, pag. 63, 68, 69.

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All'accusa di connivenza con Olimpio il papa rispose che non avrebbe avuto forze da opporsi; e recriminò contro uno degli accusatori il quale s'era trovato in condizioni simili.

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Beladori, presso Reinaud, Fragments Arabes etc. relatifs à l'Inde, p. 182. I due luoghi di Ibn-Khaldûn, riferiti nella nota seguente, mi inducono a tradurre in questo modo il passo analogo del Beladori.

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Ibn-Khaldûn, Prolegomeni, nel British Museum, MS. 9547, fol. 143 verso; e Storia, sezione 2ª, MS. di Parigi, Suppl. arabe, 742 quinquies, vol. II, fol. 180 verso. In questi due luoghi si legge in due modi alquanto diversi il motto riferito da Beladori e citato di sopra; se non che è attribuito ad A'mr-ibn-A'si, il quale, interrogato da Omar che fosse il Mediterraneo, rispondeva: “Una sterminata pianura su la quale cavalcano uomini di poco cervello, piantati come vermi in un pezzo di legno.” Nei Prolegomeni lo storico arabo aggiugne riflessioni generali su le armate dei Musulmani. Nell'altro luogo citato, che contiene la storia dei primi califi, narra che Mo'âwia proponesse ad Omar l'impresa di Cipro; che quegli domandasse ragguagli ad A'mr-ibn-A'si capitano d'Egitto, e che, avutane quella risposta, vietasse l'impresa nei termini ch'io ho riferito. Il citato squarcio dei Prolegomeni si legge in inglese, con interpretazione che non risponde del tutto alla mia, nell'opera del Gayangos, The history of the Mohammedan Dynasties in Spain by Al-Makkari, tom. I, p. XXXIV.

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Le indulgenze che guadagnano i Musulmani combattendo per mare sono annoverate nel Mesciâri'-el-Asciwâk, p. 49, seg. Le opinioni contrarie leggonsi presso M. Reinaud, Extraits etc. relatifs aux Croisades, p. 370 e 476; e Invasions des Sarrazins en France, p. 64 e 67. Tra le altre v'ha che i legisti teneano come stolto, e indi incapace a far testimonianza in giudizio, chiunque avesse navigato due o più volte per cagion di mercatura.

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Ibn-Khaldûn, Storia, sezione 2ª, MS. di Parigi, Suppl. arabe, 742 quinquies, vol. II, fog. 180 verso.

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Ibid., fog. 181 recto.

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Gli annalisti musulmani son dubbii su queste date. Le pongo secondo i bizantini citati da Le Beau, Histoire du Bas-Empire, lib. LIX, § 35, 36.

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Presso Labbe, Sacrosancta Concilia, tom. VI, p. 63, 68, 69. Il papa si discolpava dell'accusa d'aver mandato lettere e danari ai Saraceni, allegando non aver fatto che qualche picciola limosina a servi di Dio andati nel paese che occupavano gli Infedeli: senza dubbio la Sicilia. Gli apponevano inoltre i magistrati bizantini il favore dato all'esarco Olimpio che praticava contro l'imperatore, come pare, quando, rappacificatosi col papa, passò in Sicilia.

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Tom. I, p. 532, sotto l'anno del mondo 6155, secondo il conto suo, che, ridotto all'era volgare, risponderebbe al 662. Il passo di Teofane, rettamente interpretato (e posso dirlo con certezza dopo averlo messo sotto gli occhi di M. Hase), è del tenor seguente: “Quest'anno fu occupata parte della Sicilia, e (i prigioni), a scelta loro, furon fatti stanziare in Damasco.” La inesatta versione latina del testo stampato ha portato alcuni compilatori moderni a sognare un volontario esilio di Siciliani a Damasco.

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Presso Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, tom. III, p. 140; e Labbe, Sacrosancta Concilia, tom. VI, p. 3, che dà più corretto questo luogo del testo. Parlando d'Olimpio, Anastasio dice: Qui, facta pace cum sancta Dei Ecclesia, colligens exercitum, profectus est Siciliam adversus gentem Sarracenorum, qui ibidem habitabant. Et, peccato faciente, major interitus in exercitu romano pervenit, et post hoc idem exarchus morbo interiit. Secondo le correzioni del Pagi al Baronio (anno 649 e seguenti), la passata d'Olimpio in Sicilia si dee riferire al 652; la qual data è determinata con certezza dai noti casi di papa Martino, che succedettero dopo la morte d'Olimpio. Veggasi anche lo stesso Anastasio Bibliotecario, Historia Ecclesiastica, anno 22 di Costante.

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Beladori, MS. di Leyde, p. 275: “Dicono che abbia osteggiato la Sicilia Mo'âwia-ibn-Hodeig della tribù di Kinda, ai giorni di Mo'âwia-ibn-abi-Sofiân. Egli il primo portò la guerra in quest'isola; nè posò d'allora in poi l'infestagione, finchè gli Aghlabiti vi occuparono oltre una ventina di

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