Vivere La Vita. Lionel C

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Vivere La Vita - Lionel C

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il cielo di fine estate, il colletto bianco con una forma buffa ma divertente e d'avanti quella grande farfalla rossa di setta quasi trasparente, con appesa a tracollo quella borsetta marrone molto chiaro, ero pronto per cominciare l'asilo.

      Ho capito che protestare non serviva.

      Il secondo giorno, con mia mamma per mano, dopo aver indossato di nuovo tutto e dopo che nella borsetta mi aveva messo del cibo ed un bicchiere di plastica per poter bere, siamo usciti di casa e siamo andati in una direzione dove non ero mai stato prima.

      Dopo aver fatto non tanta strada, siamo passati attraverso un grosso cancello di ferro, oltre una recinzione in cemento che non lasciava vedere nulla da l'altra parte.

      Appena entrati, mi sono sentito investito in pieno dalla testa ai piedi da un forte boato.

      Era come se mi avesse investito un muro fatto da voci di bambini.

      Erano così tanti che mi stavo chiedendo se si erano radunati, i bambini di tutto il mondo.

      Di tutte le misure.

      I maschietti, quasi tutti, erano vestiti come mio fratello.

      Le femminucce, erano ancora più belle di loro.

      Ho visto subito che ero della misura più piccola.

      In un attimo, siamo andati oltre quel grande gruppo di bambini, nel' angolo più lontano di quel grosso cortile. Li c'era un gruppo molto, molto più piccolo di quello dei bambini più grandi, ma immenso nei confronti di quello dei miei amici, in campagna dai nonni.

      Quando le mamme erano ancora con noi, ci hanno divisi in gruppi più piccoli e poi hanno fatto entrare ogni gruppo con la sua maestra, nella sua aula.

      Le sedie ed i tavolini erano a nostra misura, come quelle in campagna nella grande casa. Poi, quando tutti insieme, prima le femminucce e poi i maschietti, siamo andati in bagno, ho visto che anche li, era tutto fatto a nostra misura.

      Tutto molto bello.

      Ho subito visto, fatto ed imparato cose nuove, ma erano tutte meno interessanti di quelle viste, fatte ed imparate a casa dei nonni.

      Questo mi piaceva meno.

      Tutte le mattine sarei rimasto a casa, perché dovevo andare e rimanere lì dentro per tanto tempo, troppo tempo. Fare tante volte gli stessi giochi che avevo imparato subito e che non mi divertivano più. Stare sempre nello stesso posto, con vicino a me sempre gli stessi due bambini, non potermi alzare ed andare da un amico, o un’amica per dire loro ciò che volevo, quando volevo, non mi piaceva.

      Tutte quelle cose nuove, chiamate regole, mi facevano vivere in una sofferenza continua.

      Come mai prima.

      Stavo un po' meglio soltanto quando ci portavano nel cortile e ci lasciavano liberi, tutti insieme, con i nostri giochi, oppure quando dentro l'aula, ci dicevano che stavamo per fare del lavoro manovale ed ogni volta imparavo qualcosa di nuovo. Soprattutto, quando ci davano carta e matite per disegnare bastoncini, linee ed altre cose tutte in riga, una dietro l'altra sullo stesso foglio.

      Stavo ancora meglio, quando mentre mangiavamo, scambiavo il mio cibo con quello del mio amico di fianco, oppure quando buttavo via qualcosa che non mi piaceva, senza che la maestra riusciva a vedere e capire nulla.

      Era sempre una grande vittoria.

      In tutto quel tempo, l'unico momento di vero sollievo è stato quando ho sentito che era arrivata la vacanza grande.

      Quella estiva.

      Mi sono sentito ancora più sollevato quando attorno a me, hanno cominciato a dire che dovevamo andare al negozio per comprarmi la roba per la scuola e poco tempo dopo, come l'anno prima, siamo entrati nello stesso cortile pieno di bambini.

      Questa volta ci siamo fermati con quelli un pochino più grandi.

      Era tutto bellissimo.

      Il sole luminoso e caldo, le voci dei bambini, stare insieme a loro, i vestiti.

      Tutto.

      Poi, quando e venuta una bellissima maestra, con un bel vestito rosa a prendere il gruppo dove mi avevano messo, la prima cosa che ho sentito nel cuore è stata quella di mandare via mia mamma, perché stavo così bene, da sentirmi come a casa.

      Entrati nella nostra classe ho visto che anche lì, i mobili erano della nostra misura, ma una misura più grande di quella dell'asilo.

      Dopo averci fatto sedere in coppie nei banchi, la maestra ci ha spiegato che eravamo tutti lì per la prima volta.

      Noi, perché al primo giorno di scuola nella vita.

      Lei, al primo giorno di lavoro come maestra.

      Avremmo imparato tutti insieme a camminare, ognuno per la sua strada, facendo tante cose nuove, belle ed interessanti nel viaggio lungo quattro anni, che avremo fatto insieme.

      Dopo, ci ha spiegato che i due libri nuovi sul banco, d'avanti ad ognuno di noi, ci avrebbero aiutato in quel anno di scuola per imparare a leggere, scrivere e fare i primi conti. Poi, che la bellissima rosa bianca appoggiata con tanta cura sopra i due libri, era il benvenuto che la scuola, ormai nostra, dava ad ognuno di noi.

      Pulcini del primo anno.

      Dal primo attimo, mi sono innamorato di tutto, e qualsiasi cosa facevamo, mi piaceva come nessuna mai prima.

      Ogni giorno quando andavo via da scuola, non vedevo l'ora di arrivare a casa per fare di nuovo scuola.

      I compiti.

      Appena finiti, sarei partito per ritornare a scuola e farli vedere alla mia maestra, con il desiderio di andare subito oltre ed imparare un'altra cosa nuova.

      Giocavo anche fuori casa tutti i giorni con i miei amici di sempre, ma quelle cose nuove, mi piacevano molto di più.

      Vedevo che anche i più grandi intorno a me, in casa erano molto sereni, contenti, e mi lasciavano fare da solo tutte quelle mie cose nuove.

      Mi sentivo libero.

      Per la prima volta sentivo che stavo facendo qualcosa di importante, e nello stesso momento, sentivo un piacere unico nel fare tutto quello che stavo facendo.

      Un piacere mai provato prima.

      Purtroppo, è passato tutto molto in fretta.

      Mi è sembrato un attimo, dal primo giorno in qui ero entrato nel cortile della scuola, a quando la nostra maestra ci detto che eravamo arrivati all'ultimo giorno di scuola ed alle premiazioni.

      Non sapevo cosa significava "le premiazioni", ma a casa, la sera prima, ho visto la mia mamma darsi un gran da fare a preparare la divisa del mio fratello e la mia in un modo più attento, con ancora più cura del solito.

      La mattina dopo, siamo partiti tutti insieme e già quella, era una cosa nuova, perché non era mai accaduto di andare a scuola, insieme al mio fratello.

      Noi piccoli andavamo

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